La concezione del tempo nel mondo greco e latino: riassunto
Riassunto sulla concezione del tempo nel mondo greco e latino: riferimenti a Platone, Esiodo, Anassimandro, Aristotele, Virgilio, Seneca e Orazio
Indice
Concezione del tempo nel mondo greco e latino
Il termine “tempo” deriva dal greco temneim che significa dividere, separare, scandire ogni momento della giornata e dell’intera vita. I greci erano soliti definire il tempo utilizzando due aggettivi: kronos per indicare la sua natura quantitativa dello scorrere incessante dei minuti e kairos per indicarne quella qualitativa e quindi soggettiva, indeterminata e indefinita.
Da subito i greci furono convinti sostenitori dell’idea, di origine orientale, che identificava nello scorrere del tempo una ripetizione costante degli eventi e che arricchiva il termine “tempo” con l’aggettivo “ciclico”. Platone, infatti, nella la leggenda della fine di Atlantide scrive: “innumerevoli volte, per innumerevoli ragioni, il genere umano è stato già sterminato. Altre innumerevoli volte sarà nel futuro sterminato”.
I filosofi greci
Ciò che è nato sarà destinato a morire e a rinascere ancora un incessante susseguirsi di medesimi eventi. Anche in Esiodo, ad esempio, troviamo la stessa idea di fasi storiche che si succedono, formando un ciclo completo che, una volta compiuto, inizia nuovamente nello stesso ordine o in quello inverso.
Nel poema Opere e giorni egli descrive le condizioni di vita che caratterizzano le diverse età (dell’oro, dell’argento, del bronzo, degli eroi, del ferro) mostrando elementi comuni nella successione degli avvenimenti e affermando in questo modo la teoria dell’esistenza di un tempo ciclico. Grazie ad Anassimandro vi è una ripresa del termine apeiron per indicare questa ripetizione costante delle epoche, che Eraclito fa suo elaborando una personalissima teoria secondo cui tutto ha avuto origine dal fuoco e tutto per causa del fuoco verrà distrutto.
Virgilio e Lucrezio
Una forza creatrice che quindi diventerà una forza distruttrice, ma sarà la distruzione del Cosmo che darà inizio alla sua rinascita. Il pensiero greco pian piano matura e con Aristotele tocca uno degli apici più elevati. Il filosofo pur guardando il mondo con gli occhi di uno scienziato arriva alla conclusione che anche l’uomo razionale è orientato verso un fine ma, a differenza degli altri animali, egli è capace di decidere se avvicinarsi o allontanarsene.
Da ciò che Virgilio scrive nella quarta egloga, è facile notare come Roma sia stata facilmente influenzata dal mondo greco che stava conquistando e dal quale era rimasta affascinata. Virgilio profetizza l’inizio di un nuovo ciclo temporale che vedrà la ricomparsa di una nuova età dell’oro (in cui pace e prosperità regnano) e la nascita di un puer un uomo definito come il salvatore del mondo. Tuttavia questa idea entra subito in crisi e viene ben presto sostituita dalla concezione lineare del tempo. Uno dei primi filosofi ad affrontare questa nuova visione fu Lucrezio, secondo cui le tre fasi del tempo (presente, passato e futuro) esistono in funzione ai luoghi e ai personaggi che essendo in continuo mutamento non possono ripresentarsi, non ripetendosi luoghi e personaggi neanche il tempo può quindi ripetersi ed è destinato dunque a morire per sempre.
Seneca e Orazio
Al problema del tempo uno dei più grandi scrittori latini, Seneca, dedica un intero libro: De brevitate vitae. Nell’opera vi è spiegato il rapporto dell’uomo con le tre fasi del tempo. Egli afferma che il passato, rispetto all’incerto futuro e al fuggevole presente, costituisce qualcosa di definitivo ed immutabile. Tuttavia, Seneca, osserva come solo il saggio può dominare le tre fasi del tempo, mentre gli occupati ovvero gli uomini affaccendati nel perseguimento di azioni futili ed insensate non riescono a dominare neanche il presente. Seneca attacca gli sciocchi che si lamentano della brevità dell’esistenza, affermando che non importa vivere a lungo, ma vivere bene alla ricerca costante del sommo bene.
Seneca scrive vita, si uti scias, longa est (la vita, se sai farne buon uso, è lunga). Tutt’oggi la filosofia di Seneca risulta sempre estremamente moderna, come d’altronde la celebre frese di Orazio “carpe diem”. Questi pensieri simili tra loro hanno fondamenta diverse: mentre Orazio esorta l’uomo a vivere ogni giorno intensamente abbandonandosi ai piccoli piaceri terrestri perché la vita risulta totalmente imprevedibile, Seneca ha come fine quello di smuovere gli animi umani affinché si dedichino alla ricerca del sommo bene. Entrambi, come è ben evidente però, credono che ben più importante sia la qualità della nostra esistenza e non la sua durata, un pensiero che credo debba essere adottato da qualsiasi uomo.
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