La commedia
Indice
1La commedia: caratteristiche del genere teatrale
La commedia è un genere teatrale caratterizzato da un argomento comico – ricco di peripezie, colpi di scena, equivoci e imbrogli – e dalla presenza del lieto fine.
Le storie messe in scena sono spesso attinte alla quotidianità, e di conseguenza prive di tutti quei risvolti eroici e solenni tipici della tragedia. Il tono, quindi, è più leggero e divertente, e mira a suscitare il sorriso e il divertimento nel pubblico.
I personaggi sono comuni, appartengono solitamente al popolo e, almeno in origine, rappresentano dei tipi, ovvero hanno delle caratteristiche specifiche che rimangono costanti all’interno della messa in scena. Appartenendo essi a un ceto non elevato, i personaggi della commedia si esprimono con una lingua colloquiale, spesso facendo ricorso anche a termini volgari.
A livello strutturale, la commedia era almeno in origine divisa in cinque episodi, ed era costituita da tre momenti che scandivano lo sviluppo della vicenda:
- La formulazione del desiderio
- La rimozione degli ostacoli
- La soddisfazione del desiderio
Da questa scansione si può ben comprendere come la commedia, quindi, non porti in scena dei profondi drammi interiori, ma dei personaggi il cui fine è quello di soddisfare i loro desideri, servendosi dell’aiuto di altri personaggi o, più semplicemente, del fato.
2La storia della commedia
Come la tragedia, anche la commedia nacque in Grecia verso il VI secolo a.C., affondando le proprie radici in cerimonie religiose in cui si celebrava la fertilità e in rappresentazioni dal carattere buffonesco in cui i partecipanti, spesso travestiti da animali, cantavano e danzavano.
2.1La commedia nell’antica Grecia
Come tutti i generi del teatro occidentale anche la commedia ebbe quindi origine in Grecia. I filologi di età ellenistica (III secolo a.C.) suddivisero in tre momenti l’evoluzione del teatro comico greco:
- La commedia antica (archàia), sviluppatasi nel periodo che va dalle origini fino al IV secolo a.C. e il cui massimo esponente fu Aristofane (445-385 a.C. circa). Di questo autore possediamo oggi 11 commedie, in cui sono trattati argomenti della politica del tempo, con riferimenti espliciti a personaggi pubblici della vita sociale culturale di Atene. Il tono è quello della satira, volta a colpire i potenti, con la loro corruzione, e la decadenza di costumi.
- La commedia di mezzo (mése), sviluppatasi tra il V e il IV secolo a.C. e, quindi, fino all’Ellenismo (323 a.C.). Fu in questo periodo che la commedia cominciò a perdere le sue caratteristiche legate alla satira politica, sociale e culturale, avvicinandosi a un intento di puro divertimento. Tra i rappresentanti più importanti di questa fase vi furono Eubulo, Alessi, Antifane e Anassandride.
- La commedia nuova (nèa), che coincise con l’età ellenistica e il cui esponente principale fu Menandro (342-291 a.C. circa). Egli distolse l’attenzione dalle vicende pubbliche del suo tempo per concentrarsi su temi di vita quotidiana, in particolar modo legati a questioni familiari e a storie d’amore, spesso tormentate.
2.2La struttura della commedia antica
Esattamente come la tragedia, anche la commedia antica poteva essere suddivisa in episodi e, sebbene non fosse sottoposta a uno schema particolarmente rigido, era così strutturata:
- Prologo: era la scena con cui si apriva lo spettacolo, spesso un recitato da uno dei personaggi dell’opera, e che precedeva l’azione vera. In esso venivano presentati i personaggi principali ed esposta la situazione iniziale. Aveva una funzione esplicativa introduttiva: in esso venivano presentati i personaggi principali ed esposta la situazione iniziale.
- Parodo: era così chiamato il canto eseguito dal coro al suo primo ingresso nell’orchestra.
- Agone: era il momento in cui si scontravano i diversi protagonisti, ciascuno portatore della propria opinione. Ad arbitrare questo momento vi era il corifeo.
- Parabasi: un intermezzo, nel pieno della rappresentazione della vicenda, in cui il coro deponeva la propria maschera, rompeva l’illusione scenica e iniziava a dialogare direttamente con il pubblico di problemi politici, sociali, culturali, letterari. Il coro si faceva qui portavoce del pensiero dell’autore.
A partire dalla commedia di mezzo, il coro cominciò a perdere il suo ruolo centrale all’interno dell’opera, limitandosi a suonare, cantare e ballare gli intermezzi tra un atto e l’altro. Fu con la commedia nuova che si persero le sezioni che abbiamo illustrato (prologo, parodo, agone e parabasi); essa era semplicemente divisa in atti, in un numero massimo di cinque.
2.3Il teatro comico latino
Il teatro latino dimostrò fin dalle origini una netta predilezione per la commedia rispetto alla tragedia. Esattamente come quasi tutti i generi letterari praticati nell’antica Roma, anche il teatro latino si ispirò a quello greco, subendone l’influenza, ma trovò diversi modelli anche in alcune rappresentazioni tipicamente italiche, come le Fabulae Atellanae.
Nonostante ciò, il punto di riferimento più importante fu quello della commedia nuova greca, che influenzò i maggiori autori di teatro comico della storia della letteratura latina. Ci riferiamo, in particolare, a Tito Maccio Plauto (254 circa-184 a.C.) e a Publio Terenzio Afro (190 circa-159 a.C.).
Plauto fu il primo grande commediografo dell’antica Roma, che ebbe il grande merito di portare all’interno della commedia di origine greca la vita e i costumi dei romani. Di questo autore possediamo oggi 21 commedie, in cui sono ricorrenti i temi della beffa e degli equivoci.
Terenzio, invece, si dedicò all’approfondimento psicologico dei suoi personaggi, con una attenzione al tema dei rapporti familiari, in particolar modo a quelli tra genitori e figli, e alle relazioni umane tutte.
2.4La commedia nel Rinascimento
Se nel Medioevo l’attività teatrale venne progressivamente abbandonata, fu a partire dal Rinascimento che conobbe un nuovo splendore grazie a un rinnovato interesse per la cultura antica.
Per quanto riguarda il genere della commedia, la prima opera scritta in lingua italiana fu la Cassaria di Ludovico Ariosto (1474-1533), che venne rappresentata per la prima volta alla corte di Ferrara il 5 marzo 1508. La vicenda, ambientata nella città greca di Metellino e alimentata dalla presenza di equivoci, vede il suo grande modello in Plauto.
Per quanto riguarda la commedia del Rinascimento, non possiamo infine non segnalare una delle più importanti opere comiche del Cinquecento. Stiamo parlando della Mandragola di Niccolò Machiavelli (1469-1527) in cui, ispirandosi ai modelli classici, e in particolar modo a Plauto, riportò in auge i personaggi del servo astuto e del senex, trasportandoli però nella Firenze rinascimentale.
2.5La Commedia dell’Arte
A partire dalla seconda metà del XVI secolo, iniziò a diffondersi in Italia un nuovo tipo di commedia, meno elitaria e più popolare rispetto a quella rinascimentale. Stiamo parlando della Commedia dell’Arte, messa in atto da compagnie di attori che giravano nelle diverse piazze d’Italia per portare i propri spettacoli con il fine di intrattenere il pubblico.
Gli attori della Commedia dell’Arte erano dei professionisti (il termine arte era impiegato proprio con il significato di lavoro) che vivevano del proprio mestiere. Ogni compagnia era formata da circa una dozzina di attori che erano in grado di recitare, di ballare, di cantare e, soprattutto, di improvvisare.
La grande caratteristica di questo tipo di teatro comico era, infatti, quella di non recitare un testo scritto ma di improvvisare battute e dialoghi seguendo un semplice canovaccio, una scaletta in cui era descritta a grandi linee la trama dello spettacolo e la successione delle scene.
I personaggi della Commedia e dell’Arte erano fissi, stilizzati, resi spesso riconoscibili dall’uso di una maschera che permetteva al pubblico di individuare immediatamente i diversi personaggi e capire quale sarebbe stato il loro ruolo all’interno della vicenda messa in scena.
Questi personaggi potevano essere suddivisi in tre diverse categorie:
- Gli anziani; tra questi non possiamo non menzionare la maschera veneziana di Pantalone.
- I servi (chiamati anche, in dialetto veneto, "zanni"); appartengono a questa categoria personaggi come Pulcinella e Arlecchino.
- Gli innamorati. Era questa l’unica categoria di personaggi che, nella Commedia dell’Arte, non indossava la maschera e recitava quindi a volto scoperto.
2.6La commedia tra Seicento e Settecento
Il massimo splendore del genere comico fu però raggiunto solo tra il Seicento e il Settecento in particolar modo grazie a due autori: il francese Molière (1622-1673) e l’italiano Carlo Goldoni (1707-1793).
Molière, pseudonimo di Jean-Baptiste Poquelin, fu probabilmente il più grande commediografo della storia della letteratura francese. Egli scrisse durante il regno di Luigi XIV, il cosiddetto "Re Sole", e attinse sia alla Commedia dell’Arte che al teatro classico. I personaggi delle sue commedie, però, si ispiravano agli uomini che all’epoca circolavano negli ambienti di corte e di cui l’autore seppe cogliere vizi e corruzione. Una delle sue opere più famose è L’Avaro, che si ispira a una ben nota commedia di Plauto, la Aulularia.
Carlo Goldoni, invece, originariamente autore teatrale per la compagnia di Girolamo Medebach al teatro Sant’Angelo di Venezia, intraprese una radicale riforma della commedia, per staccarsi definitivamente dalla Commedia dell’Arte che ormai era divenuta ripetitiva e di scarso valore artistico.
Goldoni tentò di restituire dignità al testo scritto, sostituendo il canovaccio con un copione che gli attori dovevano imparare a memoria e rispettare fedelmente, senza concedersi il lusso dell’improvvisazione. Anche le maschere della Commedia dell’Arte vennero accantonate e sostituite da caratteri, ovvero da personaggi verosimili, psicologicamente più ricchi e complessi e che, nel corso della storia, potevano cambiare ed evolversi. Tra le commedie più note di Carlo Goldoni vi è sicuramente la Locandiera.
A partire dall’Ottocento, infine, il confine tra tragedie e commedia si fece sempre più labile, dando vita a un nuovo genere intermedio.