Nascita della Repubblica e la fine dell’unità antifascista: l'Italia dal 1943 al 1948
Indice
1Introduzione
Per descrivere il modo in cui si è arrivati alla nascita della Repubblica Italiana, si può utilizzare la metafora di un lungo e doloroso parto: il “travaglio” verso la democrazia iniziò nella fase finale della dittatura fascista, che per vent’anni aveva governato l’Italia imponendo un modello totalitario fino a condurre il paese, per volontà di conquista, nel mezzo di una disastrosa avventura bellica. Divenuta uno dei campi di battaglia del secondo conflitto mondiale, il percorso di riscatto per l’Italia fu lungo, difficile e sofferto.
Dalle macerie della guerra e dall’esperienza della Resistenza, nacquero nuove formazioni politiche desiderose di ridare la libertà agli italiani, animate da una comune vocazione antifascista ma divise tra loro sugli esiti finali del percorso di liberazione. Il ritorno della democrazia e la nascita della Repubblica fu frutto di una stagione, breve ma intensa, di compromesso e solidarietà tra sensibilità politiche opposte; stagione destinata a terminare, nel giro di pochi anni, per l’emergere della realtà di nuovi assetti internazionali, che determinarono la storia successiva della giovane repubblica.
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2Il crollo del regime fascista e la guerra di liberazione (1943-1945)
Nel quadro della Seconda guerra mondiale, la situazione bellica italiana nell’estate del 1943 appariva ormai definitivamente compromessa, sia sul piano militare che su quello del “fronte interno”.
Il largo consenso di cui il fascismo aveva goduto era ormai un lontano ricordo: la popolazione italiana fiaccata dalle difficoltà della vita in guerra, dagli incessanti bombardamenti aerei alleati e dall’inevitabilità della sconfitta, era ormai idealmente lontana dalla retorica bellica del regime agonizzante, come gli scioperi operai del marzo precedente, partiti da Torino e diffusi in tutte le città del nord, avevano dimostrato.
Lo sbarco degli angloamericani in Sicilia del 10 luglio 1943, avvenuto senza grossa resistenza e accolto con gioia dalla popolazione, fu il “colpo di grazia” per il regime fascista. A farlo cadere fu però una manovra politica: nella notte tra il 24 e il 25 luglio 1943 il Gran Consiglio del Fascismo sfiduciava Mussolini, che il pomeriggio seguente si recava dal Re per le dimissioni.
Vittorio Emanuele III, ben consapevole che non si trattasse di una normale crisi di governo, era già pronto ad arrestare Mussolini, il dittatore che per venti anni aveva governato il paese con il suo avallo, e a nominare al suo posto il maresciallo Pietro Badoglio.
La notizia della caduta di Mussolini e del regime venne accolta ovunque con manifestazioni collettive di entusiasmo e con l’abbattimento dei simboli della dittatura fascista. Per 45 giorni la sensazione comune della popolazione fu la prossima fine del conflitto e il ritorno alla normalità, nonostante l’ambiguo proclama di Badoglio che dichiarava di continuare la guerra a fianco della Germania nazista. Nel frattempo, il governo allacciava trattative segrete per la resa italiana agli angloamericani. Resa firmata, senza condizioni, il 3 settembre 1943.
Cinque giorni più tardi, gli italiani scoprivano la tragica verità dei fatti: l’8 settembre l’armistizio di Cassibile e il rovesciamento delle alleanze veniva reso noto con un inaspettato annuncio radiofonico. Per l’Italia era l’inizio del caos: i tedeschi, già da tempo preparati all’evento, procedevano all’invasione di gran parte dell’Italia centro-settentrionale, mentre il Re e Badoglio, per sottrarsi alla cattura e mettersi al riparo, fuggivano precipitosamente al sud, lasciando Roma senza difese.
Nel giro di poche ore le strutture statali si dissolvevano, mentre l’esercito italiano, rimasto senza ordini, viveva ovunque un drammatico sbandamento.
Il 12 settembre un commando tedesco liberava Mussolini dalla prigionia sul Gran Sasso; già divenuta un campo di battaglia, l’Italia veniva spezzata in due entità distinte: a nord si formava la Repubblica sociale italiana, uno stato in continuità con il fascismo e sostenuto dall’occupante nazista, mentre nel Meridione, sotto la guida di Badoglio e la protezione degli Alleati, si costituiva il Regno del Sud.
Subito dopo l’8 settembre, nel nord occupato dai nazifascisti, iniziavano a manifestarsi le prime formazioni della Resistenza: dopo una fase di aggregazione spontanea, le formazioni partigiane, decise a resistere all’occupazione, si univano in base all’orientamento politico prevalente nei vari gruppi.
Fin dai suoi esordi, le vicende della Resistenza si intrecciano con quelle dei partiti antifascisti, nuovamente attivi sul territorio dopo la fine della dittatura. Si riunivano le forze di sinistra come il Partito comunista (PCI) e i socialisti (PSIUP); dalle ceneri del vecchio partito popolare prendeva vita la Democrazia cristiana (DC); a metà tra liberalismo e socialismo sorgeva il Partito d’azione, mentre rinascevano formazioni storiche come il Partito repubblicano. Uniti nel Comitato di liberazione nazionale (CLN), i partiti antifascisti si appellavano alla popolazione per resistere all’occupazione nazifascista, ma al contempo erano fortemente critici verso il Re e Badoglio, ritenuti troppo compromessi con la dittatura e accusati di essere scappati di fronte alle proprie responsabilità.
Il contrasto tra CLN e il governo Badoglio fu sbloccato solamente nel marzo del 1944 con la cosiddetta “svolta di Salerno”: il leader comunista Palmiro Togliatti, tornato in Italia dopo un lungo esilio in URSS, propose di mettere da parte ogni pregiudizio verso il monarca e favorire la formazione di un governo di unità nazionale con il compito immediato di combattere il nazifascismo e porre fine alla guerra. In cambio, Vittorio Emanuele III prometteva di passare provvisoriamente i poteri al figlio Umberto, permettendo che fosse la popolazione a scegliere la futura forma istituzionale del paese al termine della guerra.
3La Liberazione e il ritorno della democrazia (1945-1946)
Dopo quasi due anni di un durissimo conflitto segnato dalle stragi nazifasciste e con le caratteristiche di una guerra civile oltre che di liberazione, il 25 aprile 1945 il paese veniva finalmente liberato dalla contemporanea avanzata degli alleati e dall’insurrezione generale del movimento resistenziale. Il corpo di Mussolini, catturato e ucciso dai partigiani, era esposto a Milano e oltraggiato dalla folla mentre gli ultimi reparti tedeschi in rotta abbandonavano l’Italia. Pochi giorni più tardi, con la resa della Germania nazista, la Seconda guerra mondiale terminava in tutta l’Europa.
L’Italia, finalmente libera e di nuovo unita, usciva fuori da un lungo incubo. La situazione del paese era però tutt’altro che rassicurante: le conseguenze economiche della guerra erano state devastanti per l’economia nazionale, riducendo drasticamente la produzione industriale e agricola. Il sistema dei trasporti era collassato e le infrastrutture distrutte, mentre oltre 3 milioni gli edifici fuori uso o danneggiati. Le difficoltà nel reperire cibo e generi di prima necessità erano all’ordine del giorno, aumentando le tensioni sociali dovute alla forte disoccupazione.
Il ritorno alla vita civile si accompagnava anche ad una nuova e intensa partecipazione politica: i partiti antifascisti avevano guadagnato consensi e credibilità durante la guerra, e potevano adesso contare su una adesione di massa senza precedenti. Nonostante questo permanevano forti differenze di vedute politiche per il futuro: mentre i partiti della sinistra (PCI e socialisti) mostravano la volontà di inserirsi nel gioco democratico senza però abbandonare l’ideale della lotta di classe per il socialismo sul modello sovietico, la Democrazia cristiana, forte dell’appoggio della Chiesa, appariva il perno principale di un blocco moderato legato alle democrazie occidentali.
Naturalmente le forze politiche si trovavano di fronte a un compito difficile: traghettare l’Italia fuori dalle difficoltà economiche e sociali, dotarla di un nuovo assetto istituzionale e avviare la ricostruzione, continuando l’opera di epurazione del fascismo dalle istituzioni e nella società, pacificando il paese. Di fronte ai tanti problemi, il clima di collaborazione tra le forze che avevano composto il CLN aveva il sopravvento sulle forti divisioni. Ansie di rinnovamento e di trasformazione radicale della società dovevano scontrarsi con la realtà di un paese uscito sconfitto dalla guerra e dipendente in gran parte dagli aiuti alleati, Stati Uniti in testa.
Il ritorno della democrazia vedeva l’ascesa di nuovi e energici leader politici destinati a segnare un’epoca: nel PCI la figura di Togliatti emergeva per capacità di comando e per la volontà di trasformare il partito in un autentico movimento di massa; Pietro Nenni, forte del prestigio avuto come comandante nella Resistenza, spiccava come leader socialista sulle divisioni interne del partito; nel campo democristiano Alcide De Gasperi divenne presto il riferimento del fronte moderato assumendo, dopo la breve parentesi del governo di Ferruccio Parri, la carica di Presidente del Consiglio nel dicembre del 1945.
4La nascita della Repubblica e la fine dell’unità antifascista (1946-1947)
Il 2 giugno 1946 gli italiani tornarono, dopo oltre vent’anni, a votare democraticamente per decidere la composizione della nuova Assemblea Costituente e, contestualmente, scegliere con un referendum istituzionale tra monarchia e repubblica, con la novità assoluta rappresentata dal suffragio universale aperto per la prima volta anche alle donne.
Il 10 giugno vennero proclamati i risultati: con quasi 2 milioni di voti di scarto gli italiani avevano scelto la repubblica, anche se dal voto emergevano segni di forti divisioni presenti nel paese. Il 13 giugno, preso atto dei risultati non senza polemica, Umberto II abdicò partendo per il Portogallo.
Il risultato elettorale del 2 giugno garantiva, nel nuovo parlamento, alla Democrazia Cristiana e al blocco liberal-democratico la maggioranza relativa, tuttavia anche le forze di sinistra potevano contare su un forte sostegno popolare, raggiungendo insieme oltre il 40% dei consensi.
Dopo il voto i diversi schieramenti decisero, nonostante le sempre più marcate diversità, di continuare a condividere le responsabilità di governo, accordandosi per l’elezione come Presidente della repubblica di Enrico De Nicola (28 giugno 1946) e confermando De Gasperi nel ruolo di Presidente del consiglio.
Il 24 giugno 1946 presero avvio i lavori della commissione incaricata di redigere la nuova carta costituzionale: dal lavoro dei costituenti si delineava la formazione di una democrazia parlamentare, basata sulla divisione dei poteri legislativo, esecutivo e giudiziario. Le forze di sinistra contribuirono alla nuova Costituzione con contenuti di carattere sociale, inserendo nel testo il diritto al lavoro e la prevalenza del principio del benessere collettivo rispetto al diritto, pur garantito, alla proprietà privata. La Costituzione, entrata in vigore il 1° gennaio del 1948, fu frutto di un difficile compromesso tra forze politiche diverse e, nei fatti, l’ultimo atto del clima di collaborazione.
Nel frattempo, lo scenario internazionale era decisamente mutato e si profilava all’orizzonte una nuova divisione del mondo in blocchi contrapposti: l’alleanza tra Stati Uniti e Unione Sovietica, funzionale a sconfiggere i fascismi, era ormai giunta alla sua naturale conclusione e le due potenze iniziavano una competizione su scala planetaria, meglio nota come “guerra fredda”. La collocazione internazionale italiana nel campo occidentale era stata già decisa da tempo, nel corso delle conferenze tenute tra le potenze vincitrici ancora prima della fine del conflitto.
Il nuovo clima internazionale non poteva che riflettersi sugli assetti della neonata Repubblica: alla fine del 1947, analogamente al resto dell’Europa occidentale, socialisti e comunisti venivano estromessi dal governo e il nuovo esecutivo, guidato ancora da De Gasperi e forte del sostegno statunitense, si fondava ora unicamente sull’appoggio delle forze liberali e democratiche moderate. L’Italia entrava così definitivamente nel blocco occidentale, avviandosi ad essere una democrazia legata al modello economico capitalista e all’alleanza militare atlantica a guida USA.
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Domande & Risposte
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Quando è nata la Repubblica Italiana?
La Repubblica Italiana è nata come conseguenza dei risultati del referendum del 2 giugno 1946 attraverso il quale si chiedeva agli italiani quale forma di Stato dare all'Italia dopo la Seconda guerra mondiale.
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Chi è stato il primo Presidente della Repubblica?
Il 28 giugno 1946 l'Assemblea Costituente elesse Enrico De Nicola capo dello Stato. Si trattava di una nomina provvisoria, poi convalidata dall'entrata in vigore della Costituzione Repubblicana il 1° gennaio 1948.
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Cos'è stata la Resistenza e che ruolo ha avuto nella nascita della Repubblica?
Il movimento di Resistenza al nazifascismo raccoglie un insieme di movimenti sia politici che militari che, con la loro azione, furono alla base della nascita della Repubblica italiana.
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Cosa è successo il 2 giugno del 1946?
Gli italiani tornarono a votare democraticamente per decidere la composizione della nuova Assemblea Costituente e scegliere tra monarchia e repubblica, con la novità rappresentata dal suffragio universale aperto per la prima volta anche alle donne.
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Cosa dice l’art. 1 della Costituzione italiana?
L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.
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Quante donne votarono nel 1946?
Il 2 giugno la percentuale delle donne votanti fu quasi uguale a quella degli uomini: 89% le donne e 89,2% gli uomini.