L'isola di Arturo di Elsa Morante: trama, personaggi e analisi
Indice
1L'isola di Arturo: una fiaba nel neorealismo
Negli anni '50, la corrente neorealista ha lasciato il segno nella produzione culturale italiana, dal cinema alla letteratura. I maggiori autori del dopoguerra hanno concentrato i loro sforzi nella descrizione delle condizioni di vita del proletariato urbano e delle fasce sociali più svantaggiate. Tra gli esempi più emblematici di questa produzione si trovano i romanzi di Pier Paolo Pasolini, Ragazzi di vita (1955) e Una vita violenta (1959), che attraverso il racconto della crescita e delle disavventure di alcuni ragazzi delle borgate romane danno la descrizione della povertà materiale e della desolazione morale in cui i protagonisti crescono e vivono.
Nel 1957 Elsa Morante pubblica il suo secondo romanzo, L'isola di Arturo, che racconta la storia di Arturo e della sua prima adolescenza, dei suoi primi amori e delle delusioni famigliari; si tratta di un romanzo di formazione, quindi, e di un'opera che presenta caratteristiche che l'allontanano totalmente dallo stile e dai temi del neorealismo, avvicinandolo piuttosto a una fiaba in cui si incontrano atmosfere irreali e dal sapore quasi mitico.
La prima parte del romanzo, infatti, quella che racconta gli anni dell'infanzia del giovane protagonista, descrive un'ambientazione staccata da qualunque ancoraggio storico mentre, con l'evolversi della vicenda, sono proprio la quotidianità, il conflitto, la realtà a fare irruzione nella vita di Arturo sconvolgendola costruendo una narrazione in cui ogni tassello, ogni esperienza che determina un momento di crescita sembra assumere un valore profondamente simbolico. Questo romanzo valse alla Morante la vittoria del premio Strega.
2L'isola di Arturo: trama
Il racconto prende l’avvio sull’isola di Procida nel 1938, dove Arturo trascorre la sua infanzia. La madre muore dandolo alla luce e così Arturo passa i suoi primi anni nella «Casa dei guaglioni» leggendo le avventure dei grandi condottieri del passato in compagnia dell’amico Silvestro, poco più grande di lui e che se n’era preso cura allevandolo con latte di capra, e della sua cagnetta Immacolatella.
Suo padre, Wilhelm Gerace, è sempre assente: Arturo lo immagina come un grande avventuriero, costantemente in viaggio e in procinto di incominciare nuove e grandiose imprese, e lo considera come uno di quei condottieri di cui legge le avventure. Ma è proprio l’arrivo di Wilhelm a rompere questa situazione iniziale quasi idilliaca.
Questi torna a Procida portando con sé la giovanissima Nunziatella, sedicenne e coetanea di Arturo, con cui s’era da poco risposato. Istintivamente il giovane prova una forte avversione nei confronti della ragazza, causata dal timore ch’essa possa sostituire la defunta madre e dalla gelosia per l’amore che c’è tra i due; in realtà la ragazza gli provoca sentimenti contrastanti che non sa ancora esprimere. Wilhelm riparte subito lasciando il figlio da solo con la nuova moglie, ma nemmeno questa convivenza forzata riesce a stemperare l’astio di Arturo.
La situazione cambia quando Nunziatella partorisce Carmine, figlio dell’unione con Wilhelm: durante il parto, avvenuto di notte, Arturo ascolta i lamenti della donna e teme che essa possa morire com’era già successo a sua madre. Ma Nunziata sopravvive e inizia a dedicarsi completamente al neonato, cosa che fa nascere un profondo sentimento di gelosia in Arturo, che guardandola baciare il neonato riflette sul fatto di non aver mai ricevuto un bacio da sua madre.
La gelosia di Arturo arriva al punto da spingerlo a simulare un suicidio ingerendo una quantità di pasticche di sonnifero che, seppure non in grado di ucciderlo, gli danno un forte torpore e lo costringono a rimanere a letto per una settimana, nella quale Nunziata è costantemente al suo capezzale per aiutarlo e curarlo. Una volta rimessosi Arturo prova a baciare la matrigna, ma viene respinto e allontanato.
Poco dopo conosce Assunta, giovane vedova amica di Nunziata, con cui ha le prime esperienze sessuali, e capisce di essere innamorato di Nunziata e di non essere attratto dalla giovane vedova, che allontana in malo modo quando scopre di non essere il suo unico amante.
Il ritorno del padre Wilhelm a Procida dà l’avvio ad un’altra serie di eventi. Abituato ad aspettare il ritorno del padre sul molo, Arturo si stupisce quando scopre che questi stava aspettando l’arrivo di un giovane carcerato, che subito entra nelle antipatie del giovane. Da quel momento Arturo comincia a notare le stranezze di Wilhelm, come l’ignorare la moglie e i figli e il condurre una vita appartata, il fatto di disprezzare le donne e la violenza che usa contro Nunziata e i suoi misteriosi vagabondaggi: pedinandolo, una sera lo segue fino al penitenziario dove lo vede cantare una serenata a un detenuto.
Il giorno prima del suo compleanno Arturo torna a casa e invece del padre trova Tonino Stella, un giovane appena rilasciato dal penitenziario e ospite di Wilhelm. Da questi Arturo scopre che suo padre non era un avventuriero, che i suoi viaggi erano prevalentemente a Napoli, inoltre gli dice che sta aspettando Wilhelm per cominciare un viaggio di due settimane in sua compagnia, al termine del quale il padre di Arturo gli ha promesso un capitale sufficiente per ricominciare una nuova vita a Roma: s’intuisce così che gli strani comportamenti di Wilhelm sono finalizzati al nascondere la sua omosessualità. Quando quest’ultimo arriva a casa, Arturo litiga con lui e fugge di casa, rifiutando di riappacificarsi.
Il giorno successivo Wilhelm ha nuovamente lasciato Procida, quindi Arturo torna a casa e prova di nuovo a baciare Nunziata, venendone nuovamente respinto, decide allora di fuggire e di lasciare definitivamente l’isola, così si arruola volontario per la guerra e s’imbarca insieme a Silvestro; fatto prigioniero in Africa, lì scrive le sue memorie.
3Analisi de L’isola di Arturo: un romanzo di formazione epico
È davvero difficile inserire L’isola di Arturo tra i romanzi di formazione con una struttura canonica, perché per molti aspetti questo racconto si sviluppa come una fiaba dalle forti connotazioni epiche e, non a caso, erano proprio opere come l’Orlando furioso dell’Ariosto che la Morante aveva in mente come riferimenti letterari per il suo libro.
La parte iniziale del racconto, che si svolge in prima persona, cioè con la Morante che assume il punto di vista del giovane protagonista tratteggia l’infanzia di Arturo, costruisce una situazione quasi irreale, o per meglio dire separata dalla realtà, e in questo senso l’ambientazione dell’isola funziona da metafora immediata, che continua attraverso la descrizione dei legami affettivi di Arturo che, nei fatti, di riducono a una cagnetta e all’amico Silvestro, che alleva il protagonista con del latte di capra, costruendo così un’immagine che ricorda una ferinitas dal sapore classico e mitico; il padre è, agli occhi del giovane, perfetta e paragonabile a quella dei condottieri dell’antichità.
Il distacco dalla fase infantile a quella adulta avviene attraverso una serie di traumi che seguono all’incontro con Wilhelm e Nunziata. Va detto che in tutto il romanzo i personaggi maschili sono connotati da una certa misoginia: Wilhelm usa epiteti sprezzanti per ogni figura femminile con cui si rapporta, e così fa Arturo. Con l’eccezione di Nunziata, di cui finisce per innamorarsi: un’evoluzione sentimentale che segna il passaggio dall’età infantile a quella adulta, e in cui le esperienze sessuali con Assunta rivestono un ruolo non secondario. In quest’evoluzione Nunziata riveste un ruolo chiave, passando da odiata figura materna a oggetto di un desiderio destinato a rimanere inappagato.
La fine della fase infantile è segnato anche dal mutare dei sentimenti verso il padre, di cui si scopre che le lunghe assenze erano motivate dalla necessità di nascondere relazioni omosessuali, e che nulla c’era di vero dietro alle fantasie di Arturo che lo immaginavano come un eroico avventuriero, e gli appare, anzi, come una figura misera.
Il passaggio dall’età infantile a quella adulta non può che comportare la fine della dimensione mitica della vita di Arturo e il suo ingresso nella storia che, nei fatti significa l’abbandono definitivo dell’isola, della fase adolescenziale, per partecipare alla seconda guerra mondiale, un’esperienza che termina nei campi di prigionia in Africa dove il protagonista scrive le sue memorie.
L’isola e il suo abbandono, la rottura del vincolo paterno, la scoperta della sessualità e il cambiamento profondo nel rapporto con le figure femminili sono momenti che segnano la maturazione di Arturo e l’abbandono di quello stato di chiusura, fantasia e ingenuità infantili rappresentati dalla figura metaforica dell’isola, infine abbandonata.