Cos’è l’eresia e quali sono le eresie medievali? Storia e significato delle dottrine contrarie alle verità di fede. Esempi di eresia, significato del termine
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COS'È L'ERESIA? DEFINIZIONE E SIGNIFICATO

Per eresia si intende una dottrina, un’affermazione, contraria ad una verità di fede. Il codice di diritto canonico, attualmente in vigore, definisce così l’eresia: “l’ostinata negazione, dopo aver ricevuto il battesimo, di una qualche verità che si deve credere per fede divina o cattolica, o il dubbio ostinato su di essa”. Gli eretici medievali non volevano separarsi dalla Chiesa ma volevano che essa tornasse alla purezza delle origini. Per parlare di eresia è necessario che si affermi un pensiero unico rispetto al quale ci si possa definire eretici. Tra V e XI secolo in Occidente non comparvero eresie capaci di divenire pericolo pubblico, ma solo dei ristretti confronti tra scuole teologiche.
Anticamente il termine eresia non aveva connotazioni negative: con questo termine si indicavano scuole, diverse. Erano, insomma, correnti di pensiero, interpretazioni diverse rispetto a quella principale. Con il tempo, invece, il termine assume connotazioni negative ed eretico diventa colui che non solo la pensa diversamente ma che, per questo motivo, deve essere condannato.
Il problema dell’eresia medievale nasce con la Riforma, cioè con il tentativo degli storici protestanti di ripercorrere le origini della loro fede e di individuarne i principali attori. Gli eretici furono spesso usati come esempio in positivo o in negativo, ma mai compresi nella loro reale essenza. Grande attenzione vi fu rivolta a partire dalla seconda metà dell’Ottocento: negli ultimi decenni la storiografia si rivolge allo studio delle singole eresie, sentendo meno l’esigenza di dare un senso collettivo al fenomeno eretico.
L'ERESIA E IL PROBLEMA DELLA TRINITÀ
Il problema centrale che poneva l’eresia era quello della Trinità: il Dio cristiano era uno e trino. Nel primo concilio (Nicea 325) si ritrovò la stessa sostanza divina sia in Dio che in Cristo.
L'ERESIA IN OCCIDENTE DOPO L'ANNO MILLE
Nella prima metà del secolo XI l’eresia è vista come una sorta di infezione che contagiava i fedeli. Gli eretici vengono considerati folli perché leggevano i testi sacri autonomamente, senza la mediazione del mondo ecclesiastico. Gli eretici non sono mai stati anticristiani: rifiutavano la gerarchia ecclesiastica e la sua funzione di mediazione rispetto a Dio.
Con il nome di antiche eresie si iniziarono ad indicare fenomeni come la simonia (la compravendita di cariche ecclesiastiche) e il nicolaismo (il concubinato dei chierici). Nella prima metà del secolo XI nacque un movimento noto come pataria i cui obiettivi furono la lotta contro il matrimonio del clero e contro la simonia. La pataria non si può considerare un eresia perché si propose in primo luogo la creazione di una Chiesa più istruita e corretta. Riforma della Chiesa: avutasi nell’XI secolo; l’obiettivo principale dei riformatori era liberare la Chiesa da tutto ciò che si presentava come un’interferenza ai suoi interessi e al suo autonomo funzionamento. La centralità assunta dal papa causò lo scisma d’Oriente nel 1054 che determinò la nascita della Chiesa greco-ortodossa. Papa Gregorio VII diede una svolta importante alla riforma disponendo che tutti i vescovi dipendessero direttamente da Roma e incardinò la vita religiosa dei fedeli entro una serie di sacramenti obbligatori e controllati.
L'ERESIA DEL NESTORIANESIMO
Il nestorianesimo è una dottrina cristologica attribuita al patriarca di Costantinopoli Nestorio, dal 428 al 431. Secondo questa dottrina, nella persona di Cristo la natura divina sarebbe distinta da quella umana e quindi la vergine Maria non corrisponde alla "Madre di Dio", in quanto Cristo sarebbe stato generato da lei soltanto in quanto uomo, mentre la natura divina deriva direttamente dal Padre. Oggetto di una serrata controversia, questa dottrina venne condannata nel 431 dal concilio di Efeso che esiliò Nestorio e dichiarò eretici i suoi seguaci. I nestoriani trovarono comunque rifugio in Persia, India, Cina e Mongolia, dando vita alla Chiesa nestoriana.
L'ERESIA DELL'ARIANESIMO
L’arianesimo è una dottrina cristiana del IV secolo che prende il nome da Ario, sacerdote alessandrino che negò la natura divina di Gesù Cristo entrando in conflitto con il suo vescovo nel 319 e subendo la condanna all'esilio nel 325. Ario insegnava che, se Dio è ingenerato e senza principio, il Figlio, seconda persona della Trinità, in quanto generato non può essere considerato Dio come il Padre e non esiste dall'eternità, ma è stato creato, come tutti gli altri esseri, per volontà del Padre, cosicché fra Padre e Figlio non sussisterebbe un legame di natura ma di adozione.
Queste dottrine furono condannate nel 325 dal concilio ecumenico di Nicea: i 318 vescovi che vi parteciparono elaborarono un simbolo di fede, tuttora utilizzato dai cristiani, per proclamare il Cristo come Figlio di Dio "generato e non creato, della stessa sostanza del Padre". La condanna solenne non riuscì a fermare la diffusione dell'arianesimo e la sua strumentalizzazione in chiave politica: fu l'imperatore Costantino a richiamare Ario dall'esilio nel 334 e, per influenza di personaggi di spicco quali il patriarca di Costantinopoli Eusebio di Nicomedia e lo stesso imperatore Costanzo II, la fede ariana acquisì, fino al 359, la dignità di religione ufficiale dell'impero.
Con l'ascesa al trono di Valente, dopo la morte di Costanzo II nel 361, si ebbero i primi segnali di un ritorno all'ortodossia nicena, dichiarata fede unica e ufficiale dall'imperatore Teodosio nel 379 e ribadita come tale dal concilio di Costantinopoli del 381. L'arianesimo sopravvisse comunque per altri due secoli fra i popoli germanici che erano stati convertiti al cristianesimo da missionari ariani.
L'ERESIA DI PELAGIO
Pelagio, monaco asceta e teologo inglese, arrivò a Roma verso il 390 e godette di grande prestigio nei circoli dell'aristocrazia romana divenuta cristiana. Scrisse numerose opere tra le quali un Commento alle lettere di S. Paolo, facendosi promotore di un ideale di vita cristiana rigorosa e di forte impegno morale. Secondo le teorie da lui sostenute, la natura umana, in quanto dotata di libero arbitrio, può adempiere ai comandamenti di Dio perché il peccato originale fu in realtà un peccato personale del solo Adamo, peccato che esercita la sua influenza sull'umanità solo come cattivo esempio.
L'uomo, se volesse, potrebbe evitare il peccato anche senza il sostegno della grazia. Ne consegue che il battesimo, che toglie solo le colpe personali, non è necessario per gli infanti inconsapevoli. Le tesi di Pelagio vennero duramente combattute da sant'Agostino, ma si diffusero in Italia, Africa e Oriente cristiano. Il pelagianesimo fu condannato dal concilio di Cartagine del 418.