Jona che visse nella balena: riassunto

Jona che visse nella balena: riassunto e commento al film del 1993 diretto da Roberto Faenza tratto dal romanzo autobiografico dello scrittore Jona Oberski

Jona che visse nella balena: riassunto
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JONA CHE VISSE NELLA BALENA: RIASSUNTO

Jona che visse nella balena: riassunto del film
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La storia raccontata in questo film si svolge durante la Seconda Guerra Mondiale e si basa su un libro autobiografico di Jona Obereski. Il protagonista è Jona, un bambino ebreo olandese che cresce serenamente in una casa di Amsterdam, circondato dall'amore dei genitori. Ma la vita di questa famiglia viene sconvolta dalle persecuzioni antisemite. Un giorno, Jona viene portato via dai nazisti insieme alla madre, che riesce a farsi liberare mostrando un visto per la Palestina. La vita riprende la sua tranquillità, interrotta solo dal discriminante comportamento di alcuni abitanti del quartiere. Ma un giorno i nazisti tornano a prenderli e li trasferiscono in un campo di smistamento olandese, dove rimangono per alcuni giorni. Gli uomini vengono subito separati dalle donne e dai bambini più piccoli, che possono rimanere con le madri. Gli ebrei dormono in enormi stanze con pochi letti sovrapposti. I bambini sono costretti a lavorare.

Successivamente Jona e gli altri vengono trasferiti di nuovo, credendo di andare in Palestina, ma invece vengono deportati e rinchiusi in un campo di concentramento tedesco a Bergen-Belsen. Questo lager è un luogo in cui i prigionieri vengono trattati in modo meno disumano, in modo da poter essere scambiati con prigionieri di guerra tedeschi. Jona impara a soffrire, a sopravvivere e perfino a scherzare con i tedeschi. Fa le sue prime esperienze di dolore, di rapporti sociali e affettivi. Fortunatamente, nel campo incontra una persona che lo aiuta, il cuoco, che permette ai bambini di pulire i pentoloni dai resti dei soldati. Tuttavia, qualcuno riferisce tutto ai tedeschi e il cuoco viene ucciso. Jona scopre il suo cadavere solo durante un gioco, quando altri bambini lo hanno rinchiuso nell'obitorio per una prova di coraggio. I suoi genitori sono sempre meno presenti e Jona può vedere il padre solo due volte: durante un incontro furtivo tra i genitori (il medico accetta in cambio di una scatola di sigari) e il giorno della sua morte.

A causa delle persecuzioni antisemite, la famiglia di Jona viene separata e trasferita in un campo di concentramento tedesco, Bergen-Belsen. Qui, Jona incontra Simona, una ragazzina di circa 12 anni, e stringe amicizia con lei. Un giorno, Jona, sua madre e Simona vengono trasferiti di nuovo su un treno verso una destinazione sconosciuta, ma la locomotiva viene colpita da un bombardamento e le carrozze si staccano. I soldati tedeschi cercano aiuto inviando un messaggio radio, ma la radio si è rotta. Nel frattempo, le truppe sovietiche arrivano e liberano gli ebrei. Poco dopo, la madre di Jona muore a causa delle sofferenze subite durante il campo di concentramento. Jona subisce un grave trauma e smette di parlare e di mangiare. Dopo la morte della madre, Jona viene adottato da una coppia di anziani di Amsterdam e, finalmente, ritrova la serenità e la voglia di vivere. Oggi, Jona è diventato uno scienziato.

COMMENTO A JONA CHE VISSE NELLA BALENA

Attraverso gli occhi del bambino, vediamo le condizioni terribili a cui gli ebrei erano sottoposti: lavoravano duramente, venivano maltrattati, uccisi o morivano a causa delle gravi malattie causate dalla mancanza di igiene e cibo.

Il film ci fa riflettere sull'odio e la cattiveria dell'uomo durante questo periodo storico, e ci ricorda che non dobbiamo mai dimenticare questi eventi. Le scene sono belle e intense, ma un momento che mi ha colpito particolarmente è stato quando i tedeschi portano gli ebrei in un altro campo e il padre del protagonista si ricorda di aver dimenticato dei sigari che potrebbero essere molto utili per corrompere le guardie. Decide quindi di scendere dal camion per andare a prenderli, ma al suo ritorno il camion è già in movimento. La madre e il bambino temono di non rivederlo mai più, ma alla fine lui, con tutte le sue forze e il suo coraggio, riesce a risalire e a riabbracciare la sua famiglia.

Una frase che colpisce particolarmente nel film è "guarda sempre il cielo e non odiare mai nessuno", ripetuta spesso, in particolare dalla madre del bambino poco prima di morire. Questa frase insegna che niente, nemmeno la guerra, può togliere all'uomo il desiderio di cercare la felicità.

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