Introduzione al Paradiso di Dante: spiegazione, stile e struttura

Introduzione al Paradiso di Dante con spiegazione della struttura, analisi dello stile e dei temi trattati. Simboli, datazione e la leggenda dei 13 canti perduti.
Introduzione al Paradiso di Dante: spiegazione, stile e struttura
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1Introduzione al Paradiso

Paradiso di Dante
Paradiso di Dante — Fonte: getty-images

Come dice il grande critico Giovanni Getto, se si cercasse una formula con cui provare a racchiudere in una formula il Paradiso di Dante «si dovrebbe parlare di epos della vita interiore, di poesia della vita della grazia, di poesia dell’esperienza mistica, di lirica dell’adorazione» (Aspetti della poesia di Dante). È una formula piuttosto lunga, a indicare quanto sia difficile questa cantica. Tuttavia soffermiamoci sulla prima: il Paradiso è un epos della vita interiore, graduale scoperta della beatitudine umana in Dio. Dante si supera e inventa (trova) porta nella letteratura il linguaggio della mistica

Nella lettera a Cangrande della Scala, signore di Verona, Dante scrive queste parole: «[…] sovente ho esaminato i miei piccoli regali e li ho differenziati e poi vagliati, alla ricerca del più degno e gradito a voi. E non ne ho trovato uno adeguato alla vostra eccellenza più di quella sublime cantica della Commedia che si intitola Paradiso. E questa, con la presente lettera, come a Voi consacrata con propria epigrafe, a Voi la intitolo, la offro, la raccomando.» 

Il regalo ideale per un signore tanto splendido come Cangrande non può che essere quella sublime cantica che è il Paradiso, il coronamento del suo poetico ed esistenziale viaggio ultraterreno, il punto più alto della propria fantasia creativa. Dunque in questa cantica Dante profonde il massimo sforzo e spera di ottenere l’amata gloria poetica, come lui stesso afferma (Par XXV, 1-12). Sogna la corona poetica, di tornare con onore a Firenze facendo – come diremmo oggi – rodere d’invidia i suoi nemici. Ma è un sogno che non si avvera. 

C’è un ulteriore paradosso. Il Paradiso è stata la cantica meno amata dai lettori (ancora oggi probabilmente) a causa del suo denso contenuto teologico. Per questa ragione il Paradiso ha avuto inizialmente minore fortuna rispetto alle altre due cantiche. De Sanctis lo ritenne poco interessante; Croce lo definì «filosofia messa in versi», pedante, dottrinale, senza ispirazione poetica. Può essere che Dante abbia fallito proprio nella cantica che riteneva la migliore?

Nella seconda metà nel Novecento grazie ai vari Contini, Bàrberi Squarotti, Bosco, Auerbach, Singleton il Paradiso sarà rivalutato e colto nella sua essenza.

2Paradiso I, 1-12

La gloria di colui che tutto move
per l’universo penetra, e risplende
in una parte più e meno altrove.
Nel ciel che più de la sua luce prende
fu’ io, e vidi cose che ridire
né sa né può chi di là sù discende;
perché appressando sé al suo disire,
nostro intelletto si profonda tanto,
che dietro la memoria non può ire.
Veramente quant’io del regno santo
ne la mia mente potei far tesoro,
sarà ora materia del mio canto.
(Par. I, 1-12)

3Il Paradiso: datazione e la leggenda dei 13 canti perduti

Dante compose questa cantica non prima del 1313, questo è certo, dato che aveva da poco terminato il Purgatorio e la completò solo nel 1321 – dando adito alle leggende come quella che riguarda il figlio Jacopo Alighieri, studioso e commentatore dell’opera del padre. 

Ce la racconta Boccaccio nel Trattatello in laude di Dante, una delle prime biografie del poeta fiorentino. Boccaccio raccontache non si riuscivano a trovare gli ultimi 13 canti del Paradiso, per la qual cosa tutti si crucciavano: l’opera era dunque incompleta? Che disdetta. Qui accadde qualcosa di strano, stando a quanto racconta Boccaccio: il sogno di Jacopo che incontra in sogno il padre morto. È una visione. Gli chiede se abbia concluso il poema prima di morire. Dante risponde di averla compiuta. E allora dove sono i canti? Dante prende per mano il figliolo e lo conduce «in quella camera dove era uso di dormire quando in questa vita vivea; e, toccando una parte di quella, dicea: “Egli è qui quello che voi tanto avete cercato”». Dunque Jacopo aveva avuto una visione, difficile dire se fosse stata “vero spirito o falsa delusione”. Valeva la pena tentare: chi non l’avrebbe fatto? Jacopo andò a vedere insieme al notaio Giardino il nascondiglio indicato da Dante, che Jacopo “ottimamente nella memoria aveva segnato”. E poi: «Restando ancora gran parte della notte, mossisi insieme, vennero al mostrato luogo, e quivi trovarono una stuoia, al muro confitta, la quale leggiarmente levatane, videro nel muro una finestretta da niuno di loro mai più veduta, né saputo che ella vi fosse, e in quella trovarono alquante scritte, tutte per l’umidità del muro muffate e vicine al corrompersi, se guari più state vi fossero; e quelle pianamente dalla muffa purgate, leggendole, videro contenere li tredici canti tanto da loro cercati».

Una bella storia in perfetto stile Commedia, un dialogo tra i vivi e i morti, come in un sogno ad occhi aperti. Ma ci sarà poi stato davvero, questo sogno? Probabilmente no, ma l’aneddoto è emblematico e ci dice questo: Dante aveva terminato il suo capolavoro davvero qualche settimana prima di morire. Era riuscito a terminarlo per un soffio: questo sì che ha dell’incredibile. A volte immagino la gioia di Dante che rilegge l’ultimo canto e si ferma sull’ultimo meraviglioso verso: «L’amor che move il sole e l’altre stelle», questo amore che permea tutto il mondo, muovendo ogni cosa.

4Il Paradiso secondo Dante

Illustrazione che mostra lo schema dell'Universo di Dante
Illustrazione che mostra lo schema dell'Universo di Dante — Fonte: getty-images

Il Paradiso è il terzo dei tre regni dell'Oltretomba cristiano visitato da Dante nel corso del viaggio, con la guida di Beatrice, fino al XXX canto, dove la sua amata si congeda con uno splendido sorriso. Come l’Inferno, questo regno appartiene all’eternità e Dante ne dà una precisa collocazione spaziale come per Inferno e Purgatorio.

Tuttavia siamo in un regno etereo, dai contorni sfumati e dove le leggi spaziali sembrano rispondere diversamente da quella della terra. Non è un luogo fisico e così lo spazio perde di concretezza con il procedere dell'ascesa.

4.1I dieci cieli del Paradiso

La Terra è sferica, immobile al centro dell'Universo, circondata da dieci Cieli che costituiscono il Paradiso. A separare il mondo terreno da quello celeste c’è la sfera del fuoco. I Cieli sono come delle sfere concentriche che ruotano attorno alla Terra: sono così i primi nove, ciascuno di essi è governato da un'intelligenza angelica. Ricordiamo che l’impostazione cosmica è il geocentrismo: la Terra al centro dell’Universo.

L’ultimo cielo, il X, è l’Empireo. Questo è immobile e si estende all’infinito. È la sede di Dio, degli angeli e dei beati.

Andiamo ai nomi: i primi sette Cieli prendono il nome del pianeta che ruota insieme ad essi, mentre l'VIII è il Cielo delle Stelle Fisse e il IX è il Primo Mobile, detto così in quanto è il primo Cielo a muoversi e a imprimere il movimento a tutti gli altri. Dai primi otto Cieli nasce un influsso generato dalla stella che è presente in ognuno di essi e che si riverbera sulla Terra e su tutte le creature.   

Nel X Cielo dell'Empireo risiede Dio, circondato dai nove cori angelici e dalla Candida Rosa dei beati. Questi sono divisi in sette schiere, a seconda dell'influsso celeste che hanno subìto in vita, e sono gli spiriti difettivi, quelli operanti per la gloria terrena, gli spiriti amanti, i sapienti, i combattenti per la fede, gli spiriti giusti, gli spiriti contemplanti.   

4.2I beati del Paradiso dantesco

I beati sono coloro che hanno avuto il premio finale, dopo le loro sofferenze terrene e dopo aver dato prova di corrispondere in pienezza l’Amore di Dio. I beati compaiono a Dante nel Cielo dalla cui stella hanno subìto l'influsso. Come nell’Inferno e nel Purgatorio, le anime conservano ancora memoria – qui però una pallida memoria – della loro storia nel mondo, di chi sono state, anche se ormai quella storia è sublimata nella beatitudine.   

Scrive il grande Auerbach: «L’oggetto della Commedia, anche se essa raffigura lo stato delle anime dopo la morte, rimane la vita terrena in tutta la sua ampiezza e il suo contenuto; tutto quanto avviene in alto o in basso nel regno dell'aldilà, si riferisce al dramma dell'uomo nell’aldiquà». Non c’è una gerarchia della beatitudine, comunque, anche se le anime cambiano di disposizione: vedere Dio è per tutti il colmo della felicità: non c’è invidia.   

Regnano pace e armonia: ovunque ci sono canti, cori angelici, trasfigurazioni. Come sono rappresentate le anime beate? Dante ce le descrive come sagome di luce, sfolgoranti, alla cui vista difficilmente si riesce a stare ad occhi aperti

4.3Il Cielo delle Stelle fisse, la Candida rosa, l’Empireo

Dante e Beatrice
Dante e Beatrice — Fonte: ansa

Dopo aver incontrato i beati, nel Cielo delle Stelle Fisse Dante assiste al trionfo di Cristo e di Maria, quindi gli appaiono le anime di san Pietro, san Giacomo e san Giovanni, che esaminano il poeta rispettivamente sulla fede, sulla speranza e sulla carità. 

Superato l'esame, Dante viene ammesso al Primo Mobile dove assiste allo sfavillio e al canto dei nove cori angelici, descritti come altrettanti cerchi lucenti che circondano un punto luminosissimo. 

Beatrice fornisce a Dante spiegazioni dottrinali circa la natura degli angeli, quindi lei e il poeta accedono all'Empireo, dove i beati si mostrano tutti in forma... di candida rosa: essi sono disposti in seggi che si allargano via via verso l'alto, e Dante osserva che i punti più lontani appaiono con la stessa nitidezza di quelli più vicini. Beatrice conduce Dante al centro della rosa e gli mostra che i seggi vuoti sono ormai pochi, tra cui quello già destinato all'imperatore Arrigo VII di Lussemburgo, su cui è posta la corona imperiale. 

A questo punto Beatrice riprende il suo seggio all'interno della rosa, accanto a Rachele, mentre il suo posto come guida di Dante è rilevato da san Bernardo di Chiaravalle

Questi invita Dante a contemplare la gloria di Maria, quindi fornisce al poeta alcune spiegazioni circa la composizione della rosa e invoca l'assistenza della Vergine perché interceda presso Dio e ammetta Dante alla visione dell'Altissimo. La Cantica e il poema si chiudono con la descrizione di questa visione. 

4.4Struttura del Paradiso di Dante

Ciascuno dei primi nove Cieli è governato da un'intelligenza angelica e i primi otto sono associati a un influsso celeste e a una particolare schiera di beati (eccetto l'VIII, dove non compare alcuna schiera). Eccone uno schema riassuntivo:   

  • I Cielo (della Luna): È governato dagli Angeli ed è associato agli spiriti difettivi (che non portarono a termine i voti pronunciati). Influsso: debole volontà.
  • II Cielo (di Mercurio): È governato dagli Arcangeli ed è associato agli spiriti operanti per la gloria terrena. Influsso: desiderio di gloria terrena.
  • III Cielo (di Venere): È governato dai Principati ed è associato agli spiriti amanti. Influsso: amore per il prossimo
  • IV Cielo (del Sole): È governato dalle Podestà ed è associato agli spiriti sapienti. Influsso: amore per la sapienza.
  • V Cielo (di Marte): È governato dalle Virtù ed è associato agli spiriti combattenti per la fede. Influsso: combattività.
  • VI Cielo (di Giove): È governato dalle Dominazioni ed è associato agli spiriti giusti. Influsso: amore per la giustizia.
  • VII Cielo (di Saturno): È governato dai Troni ed è associato agli spiriti contemplanti. Influsso: tendenza alla vita contemplativa.
  • VIII Cielo (delle Stelle Fisse): È governato dai Cherubini. Influsso: amore per il bene.
  • IX Cielo (Primo Mobile): È governato dai Serafini e imprime il movimento a tutti gli altri Cieli.
  • X Cielo (Empireo): È la sede di Dio, degli angeli, dei beati.

5Stile del Paradiso: una lettura difficile

«Una grandiosa metafora celeste» è il modo in cui Giovanni Getto descrive i momenti più alti del Paradiso. Una metafora, un traslato, uno spostamento della terra nel cielo. Un compito mica semplice per un poeta! A una materia tanto difficile, corrisponde un linguaggio altrettanto difficile che necessita di una ispirazione poetica senza precedenti chiesta direttamente ad Apollo, il dio della poesia e il dio della luce simboleggiato dal sole e, quindi, indirettamente un riferimento a Dio stesso (Pd. I, 13-36). 

Sa che i lettori faranno fatica a seguirlo se non adeguatamente attrezzati da un punto di vista poetico, filosofico e teologico: ci si allontana per l’alto mare. Ritorna quindi la simbologia della navigazione/ingegno o della navigazione/viaggio letterario ad inizio di opera. Nella prima similitudine dell’Inferno c’era l’immagine del naufrago; la metafora per l’arrivo in Purgatorio era stata affidata alla “navicella” dell’ingegno. Adesso troviamo la difficoltà di avventurarsi in questo oceano di luce (Pd. II, 1-9). 

Dante rivendica che il mare davanti a sé, nessuno lo aveva ancora percorso, riferendosi ad una poesia alta e sacra: il latino era la lingua della Chiesa per eccellenza: era quella della Bibbia; il volgare era denominato sermo humilis. Ad un argomento di grado alto doveva corrispondere uno stile di grado alto. Dante sovverte questa equazione e tenta una poesia sacra in lingua volgare. Per tale ragione, Dante parla spesso dell’inadeguatezza della lingua a descrivere ciò che ha vistoo che ricorda di avere visto – giacché siamo nell’ineffabile, dove la lingua “devien tremando muta”, come quando aveva incontrato Beatrice in vita.

Il linguaggio si serve di una ricerca lessicale che svaria dal linguaggio tecnico ai neologismi, dal latino delle preghiere ai latinismi ereditati dal mondo classico; c’è poi un ampio utilizzo di figure retoriche soprattutto similitudini e una sintassi complessa.

Ci sono poi numerosi riferimenti legati all’aristotelismo e alla tomistica – la teologia che usa elementi della filosofia di Aristotele: “colui che tutto move” è il “primo motore”, cioè la “causa prima”: Dio, ma detto nei termini di Aristotele e (san) Tommaso d’Aquino

Ci sono riferimenti scientifici alle scienze matematiche aritmetica, geometria, fisica, scienze naturali, medicina; ci sono – e non potrebbero mancare – allusioni e citazioni dai miti classici e alla Bibbia secondo il sincretismo. 

Nonostante tutta la ricchezza semantica, lessicale, retorica, teologica, la poesia del Paradiso non perde di umanità: «La poesia del Paradiso è sì terrena, ma dei vertici della terrestrità, di quei momenti in cui l’anima trema ed esulta nella parentela nuova che con Dio istituisce» (G. Getto). 

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