Tema sull'intelligenza artificiale: nella vita quotidiana, pro e contro, robot e altri esempi

Intelligenza artificiale, cos'è? E quali effetti ha nella nostra vita quotidiana? Tema sull'intelligenza artificiale, su i pro e i contro tra fantascienza e robot
Tema sull'intelligenza artificiale: nella vita quotidiana, pro e contro, robot e altri esempi
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1Cos’è l’intelligenza artificiale?

Un robot Ubtech Walker X gioca a scacchi cinesi durante la World Artificial Intelligence Conference. Shanghai, 8 luglio 2021
Un robot Ubtech Walker X gioca a scacchi cinesi durante la World Artificial Intelligence Conference. Shanghai, 8 luglio 2021 — Fonte: getty-images

Per parlare di intelligenza artificiale, dobbiamo innanzi tutto partire da una riflessione sulla fantascienza e su quanto cose impensabili fino a qualche decennio fa, che sono adesso diventati oggetti di uso comune.   

Intanto così, a mo’ di brainstorming, guarda anche qualche video sul confronto tra passato e futuro nell’ottica dell’innovazione tecnologica. Prendi appunti su questi video e ferma i concetti che ritieni più interessanti.   

Ti invito poi a leggere le Tre leggi della robotica, un insieme di precetti scritti da Isaac Asimov, il grande pioniere della letteratura fantascientifica.

NOTA BENE: sono leggi frutto di invenzione, ma visto che l’intelligenza artificiale ha ormai invaso molti ambiti della nostra vita, chissà che non diventino necessaria realtà anche loro. A queste leggi della robotica obbediscono tutti i robot che Asimov definisce positronici che compaiono nei suoi racconti e in molti racconti di altri autori di fantascienza.

L’intelligenza artificiale è in fondo uno dei grandi miti che l’umanità si porta dietro nel suo percorso e rappresenta un obiettivo simile a quello di raggiungere la Luna o Marte, o come a suo tempo lo era stato volare nel cielo. Sono questi sogni ad animare la nostra ricerca di senso dell’esistenza verso sfide sempre più ardue, come dei novelli Ulisse. Stop. 

Poniti alcune domande:

  1. In quale ambito c’è stato il maggiore sviluppo dell’intelligenza artificiale?
  2. Delegare molti compiti all’I.A. è bene o male?
  3. Quali sono i limiti da rispettare in questo settore?
  4. Sbaglia più il computer o l’uomo? In quali ambiti?
  5. Ti fideresti nel fare un viaggio a bordo di una macchina senza conducente che ha solo l’I.A.? E di un autobus? E di un aereo o una nave?
  6. In quali ambiti ti aspetti un impiego ancora più massiccio dell’intelligenza artificiale?

Basta così. Analizzando le tue risposte avrai già fatto emergere i limiti che tu vedi in questo ambito così come saranno emersi pregi e difetti. È già molto per cominciare a scrivere e a regolarsi in questo mondo assai complicato. Infatti: 

«L’intelligenza artificiale è da sempre molto più di una tecnologia, è una disciplina che coniuga il contributo di molte scienze, con l’irresistibile fascino derivante dalla sua analogia con l’intelligenza umana. Se da un lato si è istintivamente trascinati in maniera positiva dalle sue potenzialità, il rovescio della medaglia prevede il timore causato dal fatto che una AI possa sostituirsi all’uomo, soprattutto in termini occupazionali, rendendo obsolete quelle mansioni che attualmente vedono impegnati gli esseri umani nel mercato del lavoro» (Francesco La Trofa).

2Intelligenza artificiale: un racconto di fantascienza o sarà il nostro futuro? Parola a Fredric Brown

Cameriera robot. Concetto di intelligenza artificiale e robotica intelligente
Cameriera robot. Concetto di intelligenza artificiale e robotica intelligente — Fonte: getty-images

In questo racconto di Frederic Brown possiamo vedere i rischi dell’Intelligenza Artificiale. Certo è un finale pessimistico e inquietante… ma chissà, chissà. Leggi e ragionaci sopra. 

Con gesti lenti e solenni, Dwar Ev procedette alla saldatura, in oro, degli ultimi due fili. Gli occhi di venti telecamere erano fissi su di lui e le onde subeteriche portarono da un angolo all'altro dell'universo venti diverse immagini della cerimonia.
Si rialzò, con un cenno del capo a Dwar Reyn, e s'accostò alla leva dell'interruttore generale: la leva che avrebbe collegato, in un colpo solo, tutti i giganteschi computer elettronici, di tutti i pianeti abitati dell'universo - novantasei miliardi di pianeti - formando il supercircuito da cui sarebbe uscito il supercomputer, un'unica macchina cibernetica racchiudente tutto il sapere di tutte le galassie.
Dwar Reyn rivolse un breve discorso a tutti gli innumerevoli miliardi di spettatori. Poi, dopo un attimo di silenzio, disse: "Tutto è pronto, Dwar Ev."
Dwar Ev abbassò la leva. Si udì un formidabile ronzio che concentrava tutta la potenza, tutta l'energia di novantasei miliardi di pianeti.
Grappoli di luci multicolori lampeggiarono sull'immenso quadro, poi, una dopo l'altra, si attenuarono.
Dwar Ev fece un passo indietro e trasse un profondo respiro.
"L'onore di porre la prima domanda spetta a te, Dwar Reyn."
"Grazie" disse Dwar Reyn. "Sarà una domanda a cui nessuna macchina cibernetica ha potuto, da sola, rispondere".
Tornò a voltarsi verso la macchina.
"C'è, Dio?"
"L'immensa voce rispose senza esitazione, senza il minimo crepitio di valvole o condensatori.
"Sì: adesso, Dio c'è."
Il terrore sconvolse la faccia di Dwar Ev, che si slanciò verso il quadro comando.
Un fulmine sceso dal cielo senza nubi lo incenerì, e fuse la leva inchiodandola per sempre al suo posto. 

3Tema sull’intelligenza artificiale: le fonti da usare

Robot trasportatori automatizzati. Braccio robotico in un magazzino di distribuzione intelligente
Robot trasportatori automatizzati. Braccio robotico in un magazzino di distribuzione intelligente — Fonte: getty-images

Bene, finite, le suggestioni, andiamo all’aggettivo «artificiale» accostato ad intelligenza per la prima volta nel 1955 da John McCarthy e da altri primi studiosi e scienziati dell’informatica per avere un finanziamento dalla fondazione Rockfeller per «una ricerca estiva a Darmouth sull’Intelligenza Artificiale».

Immaginiamo quanta strada sia stata fatta da allora con i computer che hanno cominciato a far parte della nostra vita sempre di più, svolgendo mansioni e compiti di ogni genere.

Dunque adottando una definizione completa e più recente, si può invece prendere spunto dal lavoro svolto dalla Commissione Europea che, nel 2018, ha nominato un gruppo di ricerca indipendente che ha individuato alcuni punti fondamentali per definire l’intelligenza artificiale:  

  • ricadono nell’ambito dell’intelligenza artificiale questi sistemi progettati dall’uomo in forma di software (ed eventualmente hardware) che agiscono nella dimensione fisica o digitale e che dato un obiettivo complesso, percepiscono il proprio ambiente attraverso l’acquisizione dei dati, strutturati o meno, interpretandoli e ragionando sulla conoscenza o elaborando le informazioni derivate da questi, decidendo le migliori azioni da intraprendere per raggiungere l’obiettivo dato;
  • i sistemi di intelligenza artificiale possono usare regole logiche o apprendere un modello numerico, e possono anche adattare il loro comportamento analizzando gli effetti che le loro azioni precedenti hanno avuto sull’ambiente;
  • come disciplina scientifica, l’intelligenza artificiale comprende diversi approcci e tecniche, come l’apprendimento automatico (di cui l’apprendimento profondo e l’apprendimento per rinforzo sono esempi specifici), il ragionamento meccanico (che include la pianificazione, la programmazione, la rappresentazione delle conoscenze e il ragionamento, la ricerca e l’ottimizzazione) e la robotica (che comprende il controllo, la percezione, i sensori e gli attuatori e l’integrazione di tutte le altre tecniche nei sistemi ciberfisici). (Traduzione di Francesco La Trofa dal suo articolo).

Andiamo adesso ad un articolo di Guido Castellano e Marco Morello, Vita domotica. Basta la parola uscito su «Panorama», il 14 novembre 2018, è usato dal MIUR come spunto per una traccia. 

Sin dai suoi albori, la tecnologia è stata simile a una lingua straniera: per padroneggiarla almeno un minimo, bisognava studiarla. Imparare a conoscere come maneggiare una tastiera e un mouse, come districarsi tra le cartelline di un computer, le sezioni di un sito, le troppe icone di uno smartphone. Oggi qualcosa è cambiato: la tecnologia sa parlare, letteralmente, la nostra lingua. Ha imparato a capire cosa le diciamo, può rispondere in modo coerente alle nostre domande, ubbidire ai comandi che le impartiamo. È la rivoluzione copernicana portata dall’ingresso della voce nelle interazioni con le macchine: un nuovo touch, anzi una sua forma ancora più semplificata e immediata perché funziona senza l’intermediazione di uno schermo. È impalpabile, invisibile. Si sposta nell’aria su frequenze sonore. Stiamo vivendo un passaggio epocale dalla fantascienza alla scienza: dal capitano Kirk in Star Trek che conversava con i robot […], ai dispositivi in apparenza onniscienti in grado di dirci, chiedendoglielo, se pioverà domani, di ricordarci un appuntamento o la lista della spesa […]

Come più avanti è spiegato nell’articolo, si tratta di un passaggio quasi obbligato: l’interazione uomo-macchina non avrà più bisogno di numeri, lettere, codici di simboli, ma solo della nostra voce e del nostro pensiero. È un percorso che sembra glorioso: la nostra voce diventerà il mezzo più leggero – etereo appunto – per legare pensiero e azione e migliorare le nostre condizioni di vita. I tempi in cui la macchina si muove da sola e va da sola come una persona intelligente. Vediamo adesso il rovescio della medaglia. 

Ma c’è il rovescio della medaglia e s’aggancia al funzionamento di questi dispositivi, alla loro necessità di essere sempre vigili per captare quando li interpelliamo pronunciando «Ok Google», «Alexa», «Hey Siri» e così via. «Si dà alle società l’opportunità di ascoltare i loro clienti» ha fatto notare di recente un articolo di Forbes. Potenzialmente, le nostre conversazioni potrebbero essere usate per venderci prodotti di cui abbiamo parlato con i nostri familiari, un po’ come succede con i banner sui siti che puntualmente riflettono le ricerche effettuate su internet. «Sarebbe l’ennesimo annebbiamento del concetto di privacy» sottolinea la rivista americana.

4Quali sono gli ambiti in cui si applica di più l’intelligenza artificiale?

L’intelligenza artificiale è usata in moltissimi ambiti che svariano dall’industria manifatturiera alla sanità e alla diagnosi medica.

Non tralasciamo certo i sistemi di navigazione GPS, i videogame – a partire dagli scacchi, perché no, forse l’emblema della sfida uomo macchina – e poi via verso la domotica, l’e-commerce, i sistemi anti-frode.

Non li ho neanche elencati tutti, alcuni puoi scoprirli da te, ma intanto bastino questi per farsi un’idea di come la presenza di un’intelligenza artificiale sia parte del nostro quotidiano: pensiamo al ruolo che ha il navigatore per raggiungere un luogo che non conosciamo.

5I Robot: tra immaginazione e realtà

Julien Offray de La Mettrie (1709-1751)
Julien Offray de La Mettrie (1709-1751) — Fonte: getty-images

Un paragrafo non poteva che essere dedicato a loro: i robot! I Kraftwerk cantavano una canzone tutta basata sull’elettronica nel 1978. Una canzone robotica per così dire. I robot hanno veramente stuzzicato tanta della nostra immaginazione sin da quando l’uomo ha ideato le statue, copie di se stesso, una versione idealizzata e in qualche modo perfetta. Il rapporto tra uomo e macchina è una costante nella nostra storia.

Nel terzo secolo avanti Cristo, Filone di Bisanzio, scienziato e scrittore greco, inventò il servo automatico di Philon, un robot di forma umana (umanoide) che, attraverso un meccanismo per l’epoca incredibilmente complesso, versava il vino in una coppa. Era fatto solo di tubi e molle lontanissimo da elettronica e informatica, ma capace già di fare qualcosa a servizio dell’uomo.

L’implicazione filosofica della robotica non sfuggì ai grandi pensatori. Nel Seicento, Thomas Hobbes nel Leviatano prospettava l’analogia tra la vita umana e la vita artificiale delle macchine.

Giorgio Metta, 21 maggio 2020: il direttore scientifico dell'Istituto Italiano di Tecnologia e il robot umanoide, R1, progettato per operare in ambienti domestici e professionali
Giorgio Metta, 21 maggio 2020: il direttore scientifico dell'Istituto Italiano di Tecnologia e il robot umanoide, R1, progettato per operare in ambienti domestici e professionali — Fonte: getty-images

Nel Settecento, il saggio l’Homme Machine, di Julien Offray de La Mettrie, definiva l’uomo come un meccanismo, soltanto più complesso degli altri, con un’anima determinata dal corpo stesso, anch’essa un meccanismo la cui complessità sarebbe stata spiegata con l’avanzare degli studi scientifici.

Vediamo questa rapida battuta in cui Paola Cozzi ha intervistato il Prof. Giorgio Metta, uno dei massimi esperti dell’AI e in particolare di robotica.

“Costruire e studiare robot umanoidi è un’attività profondamente umana, umanistica direi”: professore, a quale verità rimanda questa sua affermazione?

Dal punto di vista scientifico, proprio perché conosciamo l’uomo, siamo in grado di costruire robot. E quando costruiamo robot, in realtà, cerchiamo di conoscere più a fondo l’essere umano. Osservare l’interazione fra l’uomo e la macchina, poi, ha sempre questo duplice scopo: da una parte, poter costruire, in futuro, robot che funzionino sempre meglio, dall’altra parte, poter avere indicazioni preziose su come funziona il nostro sistema percettivo, su come il cervello interpreta uno stimolo. C’è sempre questo doppio percorso. Per cui studiare i robot, in qualche modo, significa studiare l’uomo.

Will Smith posa con il robot umanoide PINO in una conferenza stampa per promuovere il film "Io, Robot" il 7 settembre 2004 a Tokyo
Will Smith posa con il robot umanoide PINO in una conferenza stampa per promuovere il film "Io, Robot" il 7 settembre 2004 a Tokyo — Fonte: getty-images

Questa frase appare molto significativa e riassume il concetto che l’AI è pur sempre una sublimazione della capacità umana già di per sé straordinarie. Sembra che tutto in qualche modo ci riporti all’uomo e alla sua fame di conoscere e di conoscersi.

Nell’arte e nella cultura c’è un legame molto stretto e fecondo come si può vedere in autori come Fredric Brown, Philip K. Dick o Isaac Asimov. Quest’ultimo ha ispirato l’iconico Io, Robot, interpretato da Will Smith.

Le pellicole ispirate dalla AI sono numerosissime, con pietre miliari come Metropolis (1927), 2001. Odissea nello spazio (1968), Tron (1982), Blade Runner (1982), Terminator (1984), Matrix (1999), AI Intelligenza artificiale (2001), Minority Report (2002), Her (2013), Ex Machina (2015).

6Svolgimento

  1. Riassumi i concetti principali che abbiamo ottenuto dalle fonti, mettendo in evidenza gli snodi argomentativi principali. L’intelligenza artificiale è… definiscila anche pensando alle implicazioni filosofiche e morali.
  2. Ragiona anche molto per assurdo, come uno scrittore di fantascienza. L’immaginazione può aiutarti. Cerca di delineare i punti di vista degli autori ma anche il tuo, che è non meno importante (se ci avrai pensato su).
  3. A questo proposito, riprendi in mano il tuo brainstorming e cerca di stendere una prima parte del testo proprio partendo da quelle idee principali.
  4. Confrontale poi con quanto emerge dagli articoli e da questa dispensa.
  5. Elabora una tua scaletta e comincia a scrivere. Puoi naturalmente cercare tante altre fonti, io qui ho fatto una piccola ricerca.
  6. Ricordati sempre di argomentare in modo tale da organizzare il tuo elaborato in un testo coerente e coeso che potrai, se lo ritieni utile, suddividere in paragrafi (per la famosa tipologia C) o in un testo argomentativo (per la tipologia B).

7Le guide per svolgere gli altri temi

Devi svolgere altri temi? Di seguito trovi le guide di Studenti.it con tutti i consigli per sviluppare un elaborato che stupisca i professori:

8Guarda il video sull'intelligenza artificiale