Inferno di Dante: gironi e struttura | Video
Di Redazione Studenti.Inferno di Dante Alighieri: sintesi, analisi e struttura della prima Cantica della Divina Commedia. Guarda il video a cura di Chiara Famooss
INFERNO DI DANTE, GIRONI E STRUTTURA
L’Inferno è la prima cantica della Divina Commedia, comprende 34 canti ed è la prima tappa del lungo viaggio di Dante Alighieri. Rispondiamo alla prima domanda che ti sarai posto: ma come si è formato l’Inferno? Lucifero, prima uno degli angeli più belli del firmamento, conduce un giorno una rivolta contro Dio spinto dalla superbia. La rivolta fallisce miseramente e questo angelo, ormai dannato, viene fatto precipitare giù dal cielo. Cadendo sulla Terra il terreno è talmente inorridito che si scansa: si apre un’immensa voragine che sarà appunto l’Inferno.
La voragine in cui si trova l’Inferno della Divina Commedia non è un semplice fosso ma un intero mondo sotterraneo con una sua geografia precisa che Dante, canto dopo canto, descrive in modo dettagliato. Gerusalemme è la città attraverso cui si accede all’inferno. Dante accede all’antinferno, dove si trovano gli ignavi. C’è poi il fiume dell’Acheronte dove, Caronte, porta le anime dei dannati sulla riva opposta. Qui troviamo una zona chiamata limbo, oltre cui si accede al vero e proprio inferno.
NOVE CERCHI E DIECI BOLGE
L’Inferno dantesco è formato da nove cerchi, e la zona più cupa si trova a partire dal sesto cerchio, dopo il fiume Stige. Il settimo cerchio contra tre diversi gironi al suo interno, mentre l’ottavo è ripartito a sua volta in 10 zone, dette bolge.
Dopo le dieci bolge si apre il tetro pozzo dei giganti dopo il quale giungiamo nell’ultima e più tragica zona dell’Inferno: il nono cerchio, dove sono puniti i traditori ripartiti in quattro zone diverse.
Le anime presenti all’interno dell’Inferno sono punite con la legge del contrappasso, cioè con una pena contraria o simile al peccato commesso. Un esempio: i suicidi hanno trattato il loro corpo come un vegetale, come qualcosa da buttare e non come qualcosa di sacro a Dio: meritano allora di essere delle piante, di non avere più una forma corporea. Dopo il Giudizio Universale, quando ogni anima si potrà ricongiungere al corpo sepolto che risorge, i suicidi non potranno rientrarne in possesso e getteranno il corpo sulle fronde degli alberi.
Dante, all'inizio dell'Inferno, ci parla di un viaggio che ha intrapreso in prima persona a partire da un momento della sua vita in cui si era smarrito in una selva oscura. A impedirgli di tornare indietro ci sono tre fiere, che sono delle allegorie della lussuria, della superbia e della cupidigia, cioè i peccati che impediscono al Poeta di vivere serenamente.
Dante, sempre più spaventato, può contare però sull’aiuto di una guida: Virgilio, il poeta latino amatissimo dal nostro autore, che gli dice che non riuscirà a tornare sulla retta via se prima non intraprenderà un viaggio di conoscenza e salvazione attraverso i tre regni dell’Aldilà.
Per quanto riguarda la lingua, possiamo dire che Dante è riuscito a dare finalmente al volgare il prestigio che meritava, ponendolo sullo stesso piano del latino. Dante nella Commedia usa due tipi di linguaggio molto diversi: passando dall’Inferno al Paradiso si passa infatti a una sintassi, un lessico e una morfologia molto diversi fra loro e cioè dallo stile aspro, basso, licenzioso dell’Inferno, a un linguaggio “intermedio” che ricorda la poesia stilnovista nel Purgatorio, fino al linguaggio aulico, teologico e filosofico del Paradiso.
Compaiono inoltre termini relativi a un lessico tecnico: come termini dedotti dal linguaggio dell’astronomia, dall’anatomia oppure termini dialettali non fiorentini.
Per quanto riguarda la metrica un particolare tipo di strofa caratterizza la Commedia e prende appunto il nome di “terzina dantesca”. Le rime hanno un ruolo fondamentale: è attraverso le rime che la lingua dell’Inferno raggiunge i picchi poetici ed espressivi più alti. Si arriva ad avere una grande musicalità oppure una grande asprezza resa attraverso rime difficili come ad esempio l’alternanza di desinenze -azzi, -icchi, -isma, -ozza, -uffa. Non mancano, ovviamente, le figure retoriche, di cui le più frequenti sono: perifrasi, metonimia, allitterazione e similitudine.