Dante Alighieri, autore della Commedia —
Fonte: ansa
L’Inferno è la prima cantica della complessa opera dantesca che va sotto il nome di Divina Commedia. Per questo, prima di passare ad analizzare l'Inferno, è bene avere un quadro generale del contesto che lo comprende, per poterlo capire al meglio. Dante compone il suo poema partendo da un progetto coerente in cui ogni parte è in rapporto con l’altra, e tutto diventa quindi un tassello di un meraviglioso mosaico. Dante impiega gran parte della sua vita nella stesura della Commedia. Comincia a scrivere l’Inferno intorno al 1307, poco dopo l’esilio da Firenze, e termina il Paradiso, l’ultima cantica, nel 1321, anno della morte. La Commediasi compone di tre “cantiche”, Inferno, Purgatorio e Paradiso. Ogni cantica comprende trentatré canti che, sommati al canto iniziale con cui si apre l’opera e che funge da proemio, saranno in totale cento, un numero simbolo di completezza, essendo una potenza del numero dieci che nella cabala è il numero della perfezione.
Ogni cantica della Divina Commedia è dedicata al regno dell’Aldilà corrispondente, e scopo principale del racconto è quello di spiegare dove finiranno e come verranno punite o premiate le anime dopo la morte a seconda del tipo di vita che hanno condotto. Il modo in cui Dante presenta le posizioni di questi regni nell’Universo è ripresa dalla cosmologia medievale: riprendendo il sistema aristotelico-tolemaico si immagina la Terra al centro del Cosmo, divisa in due emisferi dove solo il primo è abitato, e che ha al suo centro Gerusalemme.
Sotto Gerusalemme si apre l’Inferno e dalla parte opposta del globo terrestre sorge invece la montagna del Purgatorio. Intorno alla Terra ruotano poi nove cieli e l’Empireo, che è la sede di Dio. Tutto questo è quanto ripropone Dante ma aggiunge a questi concetti di base una gerarchia e una suddivisione dettagliatissime che nessuno prima di lui aveva mai proposto. In questo è un pioniere a dir poco geniale.
Lucifero, prima uno degli angeli più belli del firmamento, conduce un giorno una rivolta contro Dio spinto dalla superbia. La rivolta fallisce miseramente e questo angelo, ormai dannato, viene fatto precipitare giù dal cielo. Cadendo sulla Terra il terreno è talmente inorridito che si scansa: si apre un’immensa voragine che sarà appunto l’Inferno. La terra spostata si rialza dalla parte opposta del globo formando la gigantesca montagna del Purgatorio (in sostanza il Purgatorio è un calco dell’Inferno, e capiamo subito quanto questi due mondi, a differenza del Paradiso, sono profondamente legati al nostro mondo terrestre). La voragine in cui si trova l’Inferno della Divina Commedia non è un semplice fosso ma un intero mondo sotterraneo con una sua geografia precisa che Dante, canto dopo canto, descrive in modo dettagliato:
Gerusalemme è la città attraverso cui si accede all’Inferno: dopo una porta che reca una scritta minacciosa incisa sopra si apre una zona detta Antinferno dove si trovano gli ignavi, cioè le anime di quelli che in vita non scelsero mai né di fare del bene ma neppure di fare del male, e sono quindi rifiutati sia dal cielo che Troviamo un fiume, l’Acheronte, dove un traghettatore, Caronte, porta sulla sua barca le anime dei dannati verso la riva opposta. Qui troviamo una zona detta Limbo – in cui scopriamo le anime dei non battezzati e dei nati prima di Cristo – oltre la quale si accede finalmente al vero e proprio Inferno.
L’Inferno di Dante è formato da nove zone, nove “cerchi”, cioè dei cornicioni giganteschi, uno più in basso dell’altro come in una macabra arena, che continuano verso il basso fino a raggiungere il centro della Terra dove si trova conficcato Lucifero dal tempo della sua caduta. La zona più cupa dell’Inferno comincia a partire dal sesto cerchio, dopo il fiume Stige.
La Città di Dite è il nome della zona più profonda dell’Inferno che si apre dopo il quinto cerchio. Questa zona è ulteriormente ramificata: il settimo cerchio (dove sono punite le anime dei violenti) conta tre diversi “gironi” al suo interno, l’ottavo cerchio (dove sono punite le anime dei fraudolenti) è a sua volta ripartito in dieci zone diverse dette “bolge”.
Dopo le dieci bolge si apre il tetro pozzo dei giganti dopo il quale giungiamo nell’ultima e più tragica zona dell’Inferno: il nono cerchio, dove sono puniti i traditori ripartiti in quattro zone diverse.
Dante con in mano la Divina Commedia, dipinto di Domenico di Michelino —
Fonte: ansa
Questo mondo così disposto è pieno di demoni, bestie mitologiche, personaggi che Dante riprende dalla letteratura classica, dall’epica, dal romanzo cortese o dalla vita reale. Anche gli elementi del paesaggio, fiumi, boschi, rupi, sono tutti recuperati dalla letteratura precedente o dai paesaggi italiani che Dante conosceva bene. Questo è un argomento vastissimo di trattazione per cui si rimanda agli approfondimenti.
Ecco lo schema dell’Inferno della Commedia:
Gerusalemme
Antinferno: ignavi
Acheronte e Limbo (I° cerchio)
II° - V° cerchio: lussuriosi, golosi, avari e prodighi, iracondi e accidiosi (Fiume Stige)
Mura della Città di Dite
VI° cerchio: eretici
VII° cerchio: violenti (divisi in tre gironi) fiume Flegetonte
La legge del contrappasso presente nell'Inferno e, più in generale, nella Divina Commedia di Dante ha dei precedenti nella letteratura classica latina e in quella biblica. Già Seneca ne aveva fatto uso nelle sue opere ma con Dante questa legge raggiunge la perfezione. L’anima dannata è punita con una pena contraria o simile al peccato commesso. Un esempio: le anime dei suicidi sono trasformate in alberi infastiditi da animali rabbiosi. I suicidi hanno trattato il loro corpo come un vegetale, come qualcosa da buttare e non come qualcosa di sacro a Dio: meritano allora di essere delle piante, di non avere più una forma corporea. Dopo il Giudizio Universale, quando ogni anima si potrà ricongiungere al corpo sepolto che risorge, i suicidi non potranno rientrarne in possesso e getteranno il corpo sulle fronde degli alberi. Ogni peccato è punito in questa maniera ed è stimolante la ricerca del significato di ogni contrappasso che possiamo trovare in qu esta cantica.
Dante, all'inizio della cantica della Commedia, l'Inferno, ci parla di un viaggio che ha intrapreso in prima persona a partire da un momento della sua vita in cui si era smarrito in una selva oscura. Tre animali, le tre fiere, impediscono a Dante di tornare indietro o di raggiungere un colle dove pare esserci più luce. Queste fiere sono delle allegorie, una figura retorica che Dante usa moltissimo e che è diffusissima, in realtà, in tutta la letteratura medievale, e che implica che si usino oggetti o animali che per le loro caratteristiche, stanno a simboleggiare un’emozione, una problematica, una filosofia. Dante incontra una lonza, un leone e una lupa, che rappresentano rispettivamente la lussuria, la superbia e la cupidigia, cioè i peccati che impediscono al Poeta di vivere serenamente.
Dante è sempre più spaventato ma qualcuno giunge in suo soccorso: una guida inviata da Beatrice, dalla Madonna e da Santa Lucia le quali dal Paradiso, vedendo Dante in grande difficoltà, hanno deciso di accorrere in suo soccorso. Questa guida è Virgilio, un poeta latino amatissimo da Dante e in realtà molto importante per il mondo medievale poiché, in una delle sue egloghe, annunciò la nascita di un bambino che avrebbe salvato il mondo: i cristiani videro in questo messaggio una predizione della nascita di Cristo. Virgilio annuncia a Dante che non riuscirà a tornare sulla retta via se prima non intraprenderà un viaggio di conoscenza e salvazione attraverso i tre regni dell’Aldilà. I due si avviano verso Gerusalemme e comincia il viaggio nel regno degli inferi.
Luca Signorelli, Ritratto di Dante Alighieri. Cappella di San Brizio alla Cattedrale di Orvieto —
Fonte: istock
Dante Alighieri è da molti considerato il padre della lingua italiana: ovviamente la nascita di una lingua è una questione complessa e non possiamo dare il merito solamente ad una persona per questo. Di certo Dante è riuscito a dare finalmente al volgare il prestigio che meritava, ponendolo sullo stesso piano del latino. Dante nella Commedia usa due tipi di linguaggio molto diversi: passando dall’Inferno al Paradiso si passa infatti a una sintassi, un lessico e una morfologia molto diversi fra loro e cioè dallo stile aspro, basso, licenzioso dell’Inferno, a un linguaggio “intermedio” che ricorda la poesia stilnovista nel Purgatorio, fino al linguaggio aulico, teologico e filosofico del Paradiso. In tutto questo si alternano parole relative ad un lessico tecnico, come termini dedotti dal linguaggio dell’astronomia (come cenìt ‘zenit’, epiciclo), dall’anatomia (come idropesì ‘idropisia’, gonna ‘membrana dell’occhio’) oppure termini dialettali non fiorentini (canonscenza, siculo). Il volgare fiorentino trova in quest’opera una legittimazione e un grandissimo arricchimento.
Per quanto riguarda la metrica un particolare tipo di strofa caratterizza la Commedia e prende appunto il nome di “terzina dantesca”. Questa prevede gruppi di endecasillabi incatenati tre a tre con rime concatenate, per uno schema ABABCBCDC... Le rime hanno un ruolo fondamentale: è attraverso le rime che la lingua dell’Inferno raggiunge i picchi poetici ed espressivi più alti. Si arriva ad avere una grande musicalità oppure una grande asprezza resa attraverso rime difficili come ad esempio l’alternanza di desinenze -azzi, -icchi, -isma, -ozza, -uffa.
Abbondano le figure retoriche, troviamo a dismisura, fra le più comuni:
Perifrasi: es. Canto V, v.91: il re dell’universo (ovvero: Dio); Canto X, v.22: la città del foco (l’Inferno)
Metonimia: Canto III, v. 93 più lieve legno convien che ti porti (barca); Canto VIII, v.53: di vederlo attuffare in questa broda (melma, fango)
Allitterazione: Canto IV, v. 25-26: Quivi, secondo che per ascoltare / non avea pianto mai che di sospiri;
Similitudine: Canto V, v.40: E come li stornei ne portan l’ali (gli stormi di uccelli); Canto XV, vv. 95-60: però giri Fortuna la sua rota/come le piace e l’ villan la sua marra (la Fortuna faccia il suo corso così come il contadino usa il suo arnese).
E’ la prima delle tre cantiche che costituiscono la Divina commedia.
Quanti gironi ha l’Inferno di Dante?
L’Inferno è formato da 9 cerchi: limbo; lussuriosi; golosi; avari e prodigi; iracondi e accidiosi; eretici; violenti (divisi in tre gironi); fraudolenti e traditori.
Quali sono i personaggi principali dell’Inferno di Dante?
Virgilio, la guida di Dante, i lussuriosi Paolo e Francesca, Ciacco il goloso, Farinata degli Uberti, Conte Ugolino e Ulisse.