Lotta per le investiture: storia e cronologia tra Impero e Stato Pontificio

Lotta per le investiture, storia e cronologia dello scontro tra l'Impero e lo Stato Pontificio che voleva stabilire chi avesse la supremazia sull'altro
Lotta per le investiture: storia e cronologia tra Impero e Stato Pontificio
ansa

1Scontro tra Imperatore e Papa

Papa Gregorio VII (Ildebrando Aldobrandeschi di Sovana) (San Gregorio VII) 157° Papa (1073 - 1085)
Fonte: ansa

Nel corso del XI secolo il contrasto in atto da decenni tra il potere imperiale e quello papale raggiunge il suo apice. Enrico IV, a capo del Sacro romano impero, e il papa Gregorio VII si scontrano per la nomina dei vescovi. Questo scontro, meglio conosciuto come lotta per le investiture, termina nel 1122 con il concordato di Worms, in cui i due poteri definiscono le rispettive sfere di influenza. Da allora in poi, il Papa sarà l’unico depositario del potere spirituale, e quindi l’unico che può nominare i vescovi, mentre all’imperatore sarà riconosciuta la prerogativa del potere temporale.   

1.1Il rafforzamento del potere imperiale

Nel 962 Ottone I viene incoronato imperatore da papa Giovanni XII, dando vita a quello che sarà chiamato Sacro romano impero. Uno dei suoi primi atti è la promulgazione del Privilegium Othonis, ovvero un documento in cui si afferma la superiorità del potere imperiale su quello papale, stabilendo che: 

  • Dopo l’elezione il Papa deve giurare fedeltà all’imperatore.
  • L’imperatore deve esprime il suo consenso alla consacrazione papale.

Contestualmente, per limitare il potere dei signori locali in area germanica, Ottone aveva integrato vescovi e abati nella gestione feudale, conferendogli benefici e immunità. Questa consuetudine, che peraltro si era già diffusa durante l’Impero carolingio, porta Ottone ad intervenire sempre più spesso in merito all’elezione di vescovi e abati, per garantirsi uomini a lui fedeli nell’amministrazione dell’impero. 

1.2La crisi della Chiesa e le richieste di rinnovamento

Nello stesso periodo la Chiesa sta vivendo un periodo di gravissima crisi.  Il decadimento morale del clero è oramai sotto gli occhi di tutti. I casi di concubinato, ovvero quando membri del clero convivono o addirittura sposano delle donne sono sempre più frequenti, così come i casi di simonia, ovvero di compravendita di cariche religiose. Anche la figura del pontefice perde prestigio e l’elezione papale diventa sempre più una questione di giochi di potere tra le famiglie aristocratiche romane, che nei primi decenni del XI secolo alternano i propri rampolli sul soglio di Pietro. Nel 1045 le diverse fazioni di nobili romani nominano contemporaneamente tre papi diversi, che si contendono la legittimità della carica.    

Questa profonda crisi morale e politica della Chiesa fa nascere in seno alla cristianità un bisogno di radicale rinnovamento dello spirito e delle gerarchie ecclesiastiche. Nel X e nel XI secolo due nuovi ordini monastici - i cluniacensi e i cistercensi - si fanno promotori di un ritorno alla purezza delle origini, attraverso una dedizione maggiore alla preghiera e a una vita monastica all’insegna della castità e della moderazione. Sorgono, inoltre, movimenti pauperistici popolari che fanno riferimento all’ideale evangelico di povertà, come quello dei patari (“straccioni”) a Milano nel XI secolo che protestano contro l’eccessivo lusso e la corruzione dell’alto clero.  

Nonostante la sua apologia della povertà, la predicazione di San Francesco d'Assisi non andò mai invece in aperto contrasto con la chiesa, che continuava anzi a ritenere "Madre" della sua dottrina e in seno alla quale restò per tutta la sua vita, ritenendola degna di assoluta obbedienza.

2La ridefinizione del papato

2.1L’intervento dell’imperatore Enrico III

Clemente II, 149º Papa (1046 - 1047)
Fonte: ansa

Paradossalmente, un rafforzamento del papato prende avvio, proprio nel 1045, quando l’imperatore Enrico III interviene per porre fine alla compresenza di tre papi, imponendo come papa Clemente II, precedentemente vescovo di Bamberga ed estraneo ai giochi di potere dell’aristocrazia romana.  

2.2I papi riformatori

Clemente II e i suoi successori si impegnano nella lotta alla simonia e al concubinato e per ripristinare il prestigio della figura papale. Proprio per riaffermare il ruolo del papato come guida della cristianità papa Leone IX arriva allo scontro con il patriarca di Costantinopoli Michele Cerulario, che invece vuole mantenere la sua autonomia. Questo scontro porta nel 1054 allo scisma d’Oriente, attraverso il quale avviene la separazione definitiva tra la Chiesa cattolica di Roma e quella ortodossa di Costantinopoli. La stagione di riforma della Chiesa non si chiude con la morte di Leone IX, ma continua con i suoi successori. Niccolò II, in particolare, approfitta del vuoto di potere che si era creato nell’impero dopo la morte di Enrico III e la nomina a imperatore di suo figlio Enrico IV ancora minorenne, per stabilire delle norme per l’elezione papale che rovescino quelle del Privilegium Othonis. Nel 1059 Niccolò II promulga, infatti, il Decretum electione papae, nel quale si stabilisce che:   

  • Il papa deve essere eletto dai cardinali
  • La scelta dei cardinali viene confermata per acclamazione dalla popolazione romana

Con queste nuove norme, l’imperatore non perde solo la possibilità di intervenire nella designazione del papa ma, ancor più grave, si vede spogliato di quella sacralità che prima era gli era attribuita, e che gli aveva permesso di intervenire anche nell’elezione dei vescovi.   

     

3La lotta per le investiture

3.1Investiture: lo scontro tra Gregorio VII e Enrico IV

Nel 1073 sale al soglio di Pietro il monaco Ildebrando da Soana, che assume il nome di Gregorio VII. Questo nuovo papa entra subito in contrasto con l’imperatore Enrico IV, ormai maggiorenne. Nel 1075 dichiara nulle tutte le investiture vescovili fatte dall’imperatore e pubblica il Dictatus papae, un documento in cui definisce il ruolo e le funzioni della Chiesa di Roma, affermando: 

  • L’autorità papale è superiore a qualsiasi altra carica, compreso l’imperatore.
  • Solo il papa può nominare o deporre i vescovi.
  • Solo il papa può deporre l’imperatore e sciogliere i sudditi dal vincolo di obbedienza ai sovrani.
  • L’infallibilità della Chiesa romana

Per rispondere alla presa di posizione di Gregorio VII, Enrico IV convoca nel 1076 un concilio di vescovi tedeschi che dichiara deposto il papa. A sua volta Gregorio VII scomunica l’imperatore, sciogliendo i suoi sudditi dall’obbligo di obbedienza. 

3.2L'umiliazione di Canossa

Enrico IV convoca l'abate di Cluny e Matilde di Canossa
Fonte: ansa

Per far fronte alle rivolte fomentate dalla scomunica nel suo impero, Enrico IV decide di recarsi a chiedere perdono al papa, che nell’inverno tra il 1076 e il 1077 è ospitato nel castello di Canossa, sull’Appennino emiliano. Enrico IV, prima di essere ricevuto dal papa, è costretto ad aspettare tre giorni e tre notti, ma dopo questo gesto di umiliazione ottiene da Gregorio VII la revoca della scomunica.  

3.3Papa e antipapa

Tornato in Germania e ristabilita la sua autorità, Enrico IV convoca un concilio di vescovi filoimperiali che depone Gregorio VII e elegge al suo posto Clemente III. Gregorio VII scomunica nuovamente l’imperatore, che però reagisce occupando Roma con un esercito nel 1083, insediando a Roma Clemente III e costringendo Gregorio VII a rifugiarsi a Castel Sant’Angelo. Gregorio VII chiede aiuto al normanno Roberto il Guiscardo, che interviene e riesce a cacciare l’imperatore. Le sue truppe però saccheggiano la città e i romani ritenendo responsabile Gregorio VII, costringono anche lui ad abbandonare la città e a ritirarsi in esilio a Salerno, dove morirà l’anno successivo. 

3.4Il Concordato di Worms

Veduta della città di Worms nel 1531
Fonte: getty-images

Scomparsi i due protagonisti della fase più conflittuale della lotta alle investiture, lo scontro tra papato e impero prosegue per altri decenni, fino ad arrivare nel 1122 ad un compromesso. 

Il nuovo imperatore Enrico V e papa Callisto II firmano il Concordato di Worms nel quale si stabilisce che:   

  • I vescovi vengono nominati dal clero locale e investiti dal papa, unico detentore del potere spirituale.
  • Per contro, la Chiesa riconosceva all’imperatore il potere di conferire ai vescovi e agli abati benefici feudali.

Conseguenze: Al termine di questo scontro secolare, l’imperatore perde l’aura sacrale che da Carlo Magno in poi aveva circondato la sua figura, indebolendo progressivamente la sua autorità. Il papato al contrario ne esce rafforzato, riuscendo a stabilire il proprio primato su tutti gli altri sovrani e a organizzare la Chiesa secondo un modello centralizzato e gerarchico al cui vertice c’è il papa.  

   

"Amai la giustizia e odiai l'iniquità, perciò muoio in esilio." Papa Gregorio VII