Imperialismo britannico: storia, caratteristiche e protagonisti
Indice
1Imperialismo britannico: introduzione
All’inizio del XIX secolo gli stati nazionali europei erano già da tempo in possesso di vasti domini coloniali fuori dai propri confini naturali: nonostante questo l’Ottocento è ricordato come il secolo in cui il colonialismo europeo visse la sua fase più intensa, arrivando al punto che gli stati europei giunsero a dominare direttamente o indirettamente, la quasi totalità del mondo conosciuto.
Questa nuova fase ha preso storicamente il nome di “imperialismo” proprio per il modo in cui le nazioni europee allargarono la propria dominazione sul resto del mondo.
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Protagonista di questo processo fu certamente la Gran Bretagna, emersa nello stesso periodo come principale potenza mondiale: l’espansione inglese fu tale che nel momento della suo massimo sviluppo l’Impero britannico divenne il più grande della storia, estendendo il suo dominio su oltre 450 milioni di persone e su un quarto della superficie terrestre, potendo contare fuori dai propri tradizionali territori - Inghilterra, Irlanda e Scozia- su un vasto sistema coloniale diretto dalla sua capitale, Londra.
Al pari degli altri imperialismi europei, quello britannico si caratterizzò per la volontà di occupare militarmente e politicamente territori ed entità più deboli, soprattutto in Africa e Asia, al fine di sfruttarne economicamente le risorse. Oltre alle motivazioni politiche ed economiche c’erano anche motivazioni culturali e ideologiche, visto che la conquista e il possesso di territori considerati come scarsamente civilizzati trovarono giustificazione in una “missione civilizzatrice” nei confronti di popolazioni e società ritenute inferiori, non ultimo sul piano razziale.
2L’imperialismo britannico in Africa
Ancora all'inizio dell'Ottocento l’Africa era un continente perlopiù sconosciuto agli europei: ad eccezione delle zone costiere i territori interni del continente africano, in particolare della zona sub-sahariana, erano inesplorati per anche a causa della loro enorme vastità e complessità geografica. Tuttavia le potenze europee possedevano già una serie di avamposti marittimi, sparsi sul continente, in grado di dare continuità ai propri traffici commerciali, su cui basare in futuro un programma di espansione coloniale.
In particolare l’Inghilterra poteva contare sul possesso di forti e avamposti in diverse zone, tra cui il fiume Gambia, ad Accra - odierno Ghana - e in Sierra Leone: la principale attività commerciale britannica riguardava il redditizio commercio di schiavi, catturati in Africa e rivenduti nelle colonie caraibiche e americane per il lavoro nelle piantagioni. A tale scopo già nel 1672 era stata fondata la Royal African Company, una compagnia commerciale marittima a cui il re inglese Carlo II affidò integralmente il monopolio della brutale tratta, fino alla sua abolizione nel 1807.
Con l’affermazione come principale potenza globale, a partire dall’inizio dell’Ottocento la Gran Bretagna iniziò a interessarsi più da vicino al controllo diretto del territorio africano, organizzando una serie di spedizioni ed esplorazioni dei territori interni.
Tuttavia la prima colonia africana in mani inglesi fu quella del Capo- odierno Sudafrica- sottratta all’Olanda nel 1806; la tensione tra coloni olandesi e britannici scatenarono due sanguinose guerre - le cosiddette “guerre boere”- che alla fine sancirono il completo controllo inglese sull’odierno Sudafrica.
I maggiori sviluppi coloniali In Africa avvennero alla fine dell’800, innescando una vera e propria “corsa” alla conquista dei territori africani da parte degli europei: la risposta britannica alla conquista francese della Tunisia nel 1881 fu l’occupazione dell’Egitto l’anno seguente, considerato strategico per il dominio del commercio mondiale soprattutto per la presenza del Canale di Suez, inaugurato nel 1869 e in grado di collegare il Mediterraneo e l’Oceano Indiano, che da quel momento diventerà di vitale importanza per la potenza britannica.
Pochi anni dopo l’espansione inglese si spostò poco più a sud, nei territori del Sudan, occupato dai britannici nel 1898. Nel frattempo, la continua tensione tra le potenze europee per il controllo dei territori africani trovò una sua sistemazione diplomatica con il Conferenza di Berlino del 1884, dove la Gran Bretagna ottenne il controllo del basso Niger - l’attuale Nigeria - e le mani libere per impadronirsi dell’Africa sud-orientale - Zambia, Kenya e Uganda - dando così continuità territoriale ai suoi domini.
All’inizio del ‘900 la spartizione dei territori africani era completata, tanto che nove decimi di un territorio precedentemente sconosciuto erano ormai nelle mani delle potenze europee, Gran Bretagna in testa. Al pari degli altri domini europei in Africa, quello britannico si caratterizzò per l’assoluta supremazia dei dominatori coloniali sulle popolazioni conquistate, costrette con la forza ad accettare le imposizioni politiche e la superiorità dei colonizzatori: solo in rari casi il colonialismo europeo e britannico produsse un effettivo avanzamento economico e sociale.
3L’espansione in Asia e l’India britannica
Anche nel caso dell’Asia la prima spinta all’espansionismo britannico venne dal settore commerciale: grazie ad un monopolio concesso dei sovrani inglesi la Compagnia delle Indie Orientali si occupava fin dal ‘600 dei commerci con l’Oriente, estendendo con il tempo la sua influenza politico-commerciale e la sua capacità di estromettere le altre compagnie commerciali europee.
A garantire grandi profitti era soprattutto il commercio delle spezie, mercanzia considerata di grande valore in Europa, come anche di oppio dalla Cina.
A interessare la Compagnia era soprattutto il controllo dell’India e delle sue ricchezze: nel 1647 poteva infatti già contare su 23 filiali nella sola penisola indiana, a quel tempo sotto il controllo della decadente Impero Moghul. La concorrenza commerciale francese in India venne stroncata in seguito ad una serie di conflitti: al termine della Guerra dei Sette Anni -1763- i britannici avevano ormai ottenuto la supremazia sul territorio indiano, che a metà dell’Ottocento riguardava anche aree vicino come Pakistan e Bangladesh.
La Compagnia - a tutti gli effetti una società privata - si trovò a gestire per conto della Gran Bretagna il territorio indiano, almeno fino al 1857, quando una sanguinosa rivolta - detta dei Sepoys - indusse il governo britannico a riorganizzare la sua presenza.
Nel 1858 la Compagnia delle Indie venne soppressa, e i territori indiani e le sue province passarono direttamente sotto l’amministrazione britannica venendo affidate ad un vicerè; poco tempo dopo - 1876 - la regina Vittoria fu proclamata imperatrice dell’India.
Sotto il dominio britannico l’India, per la sua importanza, venne considerata come il “gioiello” della corona inglese; l’occupazione britannica, soprattutto dopo il 1858, si occupò di sfruttare il più possibile i territori indiani, che servivano principalmente a rifornire di materie prime il resto dell’impero e a servire da mercato per i prodotti industriali inglesi.
La popolazione indiana, pur istruita ai valori e alla lingua inglese per necessità amministrative, rimase esclusa dal governo locale e i tentativi di riforma sociale di una società tradizionalista si arrestarono.
Tuttavia il dominio inglese portò anche ad una notevole spinta modernizzatrice: la costruzione di infrastrutture - come ferrovie, telegrafi, strade - anche se in modo funzionale agli interessi britannici e all’economia della madrepatria, rese l’India un paese più moderno e dinamico, mentre le nuovi classi istruite locali poterono più avanti contribuire al benessere del paese nel momento in cui questo si sarebbe affrancato dal dominio straniero e fosse diventato indipendente.
Nel frattempo l’espansione inglese continuò nel resto del continente asiatico, dove la Gran Bretagna si trovò a fronteggiare un altro grande impero, quello Russo, desideroso a sua volta di accrescere i propri possedimenti: tra l’India britannica e la Russia esistevano delle aree dell’Asia Centrale - Afghanistan e Turkestan - su cui intendevano entrambe le potenze desideravano estendere i propri domini. La competizione che si accese fu tale da creare un “grande gioco” politico-militare tra le due potenze, terminato con un accordo nel 1885 che sanciva le rispettive sfere d’influenza.
4Il declino della potenza britannica e la decolonizzazione
Con l’inizio del XX secolo l’Impero britannico raggiunse la sua massima espansione territoriale: all’apice della sua estensione, nel 1921, questo poteva contare, oltre ai territori indiani e africani e sulle isole britanniche, sul controllo del Canada e di parte dei Caraibi, su numerosi protettorati britannici in Medio Oriente, sulle colonie del sud-est asiatico e sull’intero territorio australiano.
L’imponente Impero britannico esercitava, grazie ad una grande forza militare - soprattutto navale - ed economica, una enorme influenza in quasi tutte le aree del globo, anche in quelle non sottoposte direttamente al suo controllo.
Tuttavia già al termine della Prima guerra mondiale la supremazia britannica, anche a causa del terribile sforzo bellico, iniziò ad essere minacciata dalla presenza di nuovi attori internazionali in grado di rivaleggiare con l’impero.
Gli Stati Uniti, che avevano sostenuto l’Inghilterra durante la guerra, iniziarono a emergere come principale potenza economica, mentre sul piano navale anche giovani nazioni come il Giappone potevano ora competere con la potenza inglese.
Gli anni tra le due guerre mondiali furono cruciali anche per la nascita e la crescita di movimenti nazionalisti di emancipazione in numerosi territori sottoposti al dominio inglese: l’India, sotto la guida di Mahatma Gandhi, vedrà nascere in quel periodo un movimento di massa impegnato nella rivendicazione indipendentista; diversa invece la situazione in Africa, dove le spinte per il raggiungimento della libertà dal dominio coloniale inglese si manifesteranno concretamente solo in seguito.
Il lento processo di decolonizzazione inizierà concretamente solo dopo la Seconda guerra mondiale, quando la perdita di influenza della Gran Bretagna nel mondo sarà ormai divenuta tale da impedirle di continuare a mantenere interamente il suo impero: nella prima fase sarà protagonista il continente asiatico, con l’India che raggiungerà l’indipendenza nel 1947, mentre nella seconda fase, dopo il 1957, gran parte degli stati africani sottoposti al dominio britannico - come Ghana, Nigeria, Sudafrica, Kenya - giungeranno anch’essi ad ottenere la propria piena sovranità.
5Guarda il video sul colonialismo
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Domande & Risposte
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Quali sono le colonie britanniche?
I territori sono molti e sparsi in tuto il mondo. Tra questi ci sono: Gibilterra, le Bermuda, le Isole Falkland, Isole Vergini britanniche, Sant'Elena ecc...
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Quanto era vasto l'Impero britannico?
Quando raggiunse la sua massima estensione, nel 1921, comprendeva 37,1 Km quadrati e 448 milioni di abitanti.
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In quale anno l'India è diventata una colonia inglese?
Nel 1858 con il Government of India Act che andò a ratificare la fine dell'impero Moghul.