Imperatori romani: storia, cronologia e vita
Indice
- Dalla Repubblica all’Impero
- Augusto: un primo tra pari
- Il potere assoluto degli imperatori romani
- La successione imperiale fino al Dominatus
- Le riforme di Diocleziano
- Da Costantino al crollo
- Curiosità: quali furono gli imperatori romani più crudeli
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- Concetti chiave
1Dalla Repubblica all’Impero
L’Impero, e quindi la cronologia degli imperatori romani, si fa iniziare convenzionalmente nel 31 a.C. In precedenza c'erano stati altri imperi: da quello Babilonese in Medio Oriente, a quello Macedone di Alessandro Magno, che comprendeva la Grecia ed un insieme di territori che andava dall’Egitto all’India, che in realtà erano soltanto dei regni. Questo perché il concetto di Impero, almeno nella sua accezione classica occidentale, è un’invenzione dei Romani.
Per capire la Roma imperiale, bisogna considerare la sua lunga storia come Repubblica (509 a.C. - 27 a. C:): un periodo di quasi 500 anni che precede gli anni dell’Impero. Prima ancora, sin dalla sua leggendaria fondazione (753 a.C.) Roma era stata governata da sette Re, affiancati da un consiglio degli anziani: il senato. Dopo essersi liberati dell’ultimo re Etrusco, Tarquinio il Superbo, nel 509 a.C. i romani adottarono il regime repubblicano.
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Senza considerare le molte evoluzioni istituzionali che ci furono in questo lungo periodo, basta ricordare che la città era governata dal senato (un’assemblea con magistrati eletti). Il senato fu affiancato da consoli, magistrati eletti ogni anno, e tribuni. Per evitare abusi di potere, per queste cariche erano previste forti limitazioni riguardo alla durata.
Dopo la conquista della penisola italiana, Roma acquisì quantità considerevoli di terra attraverso una serie di aggressive campagne militari, in particolare in Nord Africa, Spagna, Macedonia e Grecia, più svariate isole nel Mediterraneo. Roma si ritrovava a dover amministrare territori vastissimi, e questo era un problema.
Per di più, le istituzioni non erano più in grado di contenere gli scontri tra classi sociali politiche ed economiche di Roma: la plebe aumentava, i contadini non avevano più terre per colpa dei latifondisti, nuove classi sociali, come i cavalieri, premevano per emergere, gli abitanti dei territori conquistati desideravano la cittadinanza romana per ottenere privilegi. il cambiamento, insomma, era inevitabile.
Già il tribuno Tiberio Gracco aveva tentato di attuare riforme agrarie, basando il proprio potere sull’appoggio della plebe: fu ucciso nel 133 a.C. a bastonate per volere sel senato. Per i successivi 100 anni, una serie di lotte politiche avrebbero cambiato per sempre lo Stato di Roma, le sue istituzioni e le sue regole.
Sarebbe stato Cesare, un brillante generale, a riformare il sistema in modo definitivo, mettendo fine alla Repubblica e trasformandola in un sistema in cui il potere era concentrato in un solo uomo. Cesare aveva concentrato nelle proprie mani una duplice autorità sia militare che civile: dal 49 a.C. era dittatore a tempo indeterminato, tribuno, nonché imperator, un titolo militare conferito dal Senato, che in origine indicava semplicemente lo status di trionfatore. Era stato un titolo temporaneo, ma il senato concesse a Cesare l’onore di poter essere imperator a vita, trasmettendo inoltre il titolo ai propri eredi.
Dopo l’assassinio di Cesare, compiuto da membri del senato (le Idi di Marzo), le sorti di Roma vennero risolte attraverso uno scontro militare e politico tra i tre membri del Secondo Triumvirato: Ottaviano, Marco Antonio, e Lepido. La vittoria sarebbe stata di Ottaviano, figlio adottivo di Cesare: il primo degli imperatori di Roma.
2Augusto: un primo tra pari
Ottaviano, figlio adottivo di Cesare e vincitore della guerra civile, tornò a Roma come un eroe. La speranza condivisa era che avrebbe riportato la stabilità a Roma, possibilmente restaurando l’antica Repubblica. Ottaviano non ostentò mai gli onori ed il potere che gli venivano offerti. Questo anche perché il potere imperiale, nei fatti, non alterava in modo particolare la costituzione repubblicana, continuando al contempo a rispettare i diritti dei cittadini di Roma. In realtà, nelle mani di Ottaviano si concentrava una quantità di potere enorme.
A che titolo Ottaviano deteneva questo potere? Nel 27 a.C. il Senato gli conferì il titolo di Augusto, che da allora diventerà il suo nome. Il titolo simboleggiava il carattere ‘sacro’ (non divino) del potere di Ottaviano: lo legava, proprio come gli antichi tribuni della plebe, alla benevolenza degli dei, nonché alla mitica figura di Romolo, fondatore di Roma. Questo aspetto “sacrosanto” del potere di Augusto si sommava a quello ‘militare’, simboleggiato invece dal titolo di ‘imperator’.
Sempre nel 27 a.C. Augusto era stato nominato Princeps Senatus: il primo tra i senatori. Ed effettivamente il primo imperatore si considerava in realtà un primo tra pari. Per questo, il primo periodo dell’Impero viene definito anche Principato.
Nei fatti, Augusto tracciò le coordinate per tutti gli imperatori che lo avrebbero seguito. I primi quattro dopo di lui, Tiberio, Caligola, Claudio e Nerone (deposto e suicidatosi nel 68 d.C.) sarebbero stati tutti appartenenti alla sua famiglia, la dinastia giulio-claudia.
Dopo di allora tutti sovrastai per autorità, ma potere non ebbi più ampio di quelli che in ogni magistratura mi furono colleghi.
Augusto, Res gestae divi Augusti
3Il potere assoluto degli imperatori romani
Come dicevamo, molte delle istituzioni risalenti al lungo periodo della Repubblica non vennero alterate. Dunque il senato continuava ad esistere. Nonostante le apparenze, però, si limitava ormai ad avere un ruolo di secondo piano, ratificando per lo più le decisioni prese dall’imperatore. Così fu anche per buona parte delle altre cariche e magistrature della repubblica, quelle che non andavano ad accumularsi nella persona di Augusto.
Ci furono anche delle novità: una delle più importanti fu sicuramente la Guardia Pretoriana, un corpo militare che aveva il compito di proteggere l’imperatore. Col tempo, i pretoriani avrebbero acquisito un potere enorme.
Tutti i poteri dell’Imperatore avevano delle solide basi giuridiche, trattandosi di una serie di incarichi che gli conferivano più “auctoritas” (autorità) rispetto a tutti gli altri romani. Con il titolo di Tribuno della plebe, poi, Augusto poteva annullare con un veto le azioni dei magistrati (che in seguito sarebbe stato lui a nominare). Nel 12 a.C. Augusto verrà nominato anche Pontefice Massimo, la massima autorità religiosa della Repubblica: in questa ricostruì tempi in rovina e fece tornare in vigore antiche cerimonie.
Ma non si acquistava il favore del popolo soltanto con la religione: Augusto seppe mantenere alto il consenso con il grano, con i giochi, e con le opere pubbliche. Lo storico Svetonio attribuirà ad Augusto una frase emblematica: «ho trovato una città di mattoni, ve la restituisco di marmo». I successori di Augusto avrebbero continuato ad investire nelle opere pubbliche, costruendo templi, acquedotti ed arene, trasformando Roma in una città leggendaria.
Ma la vita di un imperatore non era soltanto fatta di cerimonie sfarzose, campagne militari e dettare legge. Dei primi 12 imperatori, da Augusto a Nerva, soltanto quattro sarebbero morti in circostanze naturali (anche se c’è chi dubita anche di questo).
4La successione imperiale fino al Dominatus
Augusto (31 a.C. - 14 d.C.), è l’iniziatore dell’impero, ma è anche un titolo che sarebbe stato assunto da tutti i futuri imperatori. Questo titolo non veniva necessariamente tramandato ai membri della propria dinastia come avviene ancora, ad esempio, con gli Windsor in Gran Bretagna. Soltanto alcuni imperatori riuscirono a stabilire dinastie di famiglia, spesso trasmettendo il potere ai propri figli adottivi e non naturali. Altre volte, come vedremo, il titolo si conquistava per acclamazione da parte dell’esercito o per elezione da parte del senato.
Nel cosiddetto anno dei quattro imperatori, il 69 d.C., tornò la guerra civile, e a ristabilire l’ordine fu Vespasiano, seguito dai suoi figli Tito e Domiziano (dinastia Flavia, dal 69 al 96 d.C.). Con Nerva (96-98), un anziano senatore che fu eletto dal senato, iniziò l’epoca degli imperatori adottivi: il principio dinastico iniziò a funzionare attraverso l’adozione: il successore, da quel momento e fino al 180 d.C., sarebbe stato scelto dall’imperatore tra i senatori in base ai meriti dimostrati. In questo periodo secondo molti storici l’Impero raggiunse l’apice della propria potenza. Ad interrompere un periodo sostanzialmente positivo fu Commodo (180-192), convinto di essere l’incarnazione di alcuni dei, ricordato come un despota che si alienò il senato. Commodo cadde vittima di un agguato nel 192, periodo in cui Roma, fino al 193, fu nuovamente funestata dall’anarchia militare e dalle guerre civili: le province ricominciarono a nominare imperatori (ancora una volta quattro in un solo anno), ma quello che alla fine dell’anno ebbe la meglio fu Settimio Severo (193-211).
Con Settimio Severo la carica di imperatore torna a tramandarsi di padre in figlio: la dinastia dei Severi governerà fino al 235. In questo periodo, e fino al 305, Roma subisce ai propri confini la pressione di popolazioni “barbariche”. Anche per questo, l’esercito diventa sempre di più l’istituzione che regge le sorti dell’Impero: tutte le volte che il senato tentò di eleggere un imperatore, il tentativo fallì. Gli imperatori di nomina militare (235-305) venivano appunto proclamati dall’esercito (un esercito ormai provinciale e con forti componenti barbariche), e molto spesso venivano uccisi dopo periodi di regno molto brevi. L’ultimo di loro, Diocleziano, riformerà in modo sostanziale la costituzione dell’Impero.
5Le riforme di Diocleziano
Con Diocleziano, il senato perde definitivamente la sua funzione politica. L’Impero viene suddiviso in 12 circoscrizioni, le diocesi, che raggruppavano 101 province. I cittadini erano ormai diventati dei sudditi, mentre i contadini erano vincolati alla terra.
Le enormi dimensioni dei territori ormai governati dall’impero imponevano un decentramento amministrativo. L’impero verrà diviso in quattro parti, sottoposte a quattro diversi reggenti, due augusti (Diocleziano e Massimiano) ed i loro vice, i Cesari (Galerio e Costanzo). Questo sistema, ispirato ad antiche forme di governo greche, si chiamava tetrarchia. Per rafforzare la propria autorità nei confronti dell’esercito, Diocleziano adottò un’etichetta di corte complessa e orientaleggiante, che obbligava i suoi interlocutori a chiamarlo “dominus” (signore), non più princeps (primo tra i senatori).
Il macchinoso sistema dinastico previsto dalla tetrarchia, che prevedeva un’ordinata scansione del potere ogni vent’anni, non funzionò, perché i regnanti tendevano comunque a portare avanti una politica dinastica. Dopo l’abdicazione di Diocleziano e Massimiano (305), emerse la figura di Licinio, fidato amico di Galerio, che ambiva al controllo di tutta la parte orientale dell’Impero. Costui si inserì nelle lotte per la successione alleandosi con Costantino, figlio di Costanzo, contro Massenzio, figlio di Massimino, sconfitto nel 312 da Costantino presso Ponte Milvio, a Roma. In questo modo Costantino diventava il padrone di tutta la parte occidentale dell’impero. Entrando in conflitto con Costantino, anche per la sua opposizione al cristianesimo (che dal 313, grazie all’editto di Milano, era ormai tollerato nell’Impero), Licinio verrà deposto nel 324, dopo la battaglia di Adrianopoli.
6Da Costantino al crollo
Con la vittoria di Costantino presso Adrianopoli, nel 324, l’impero era di nuovo governato da un unico uomo. Costantino spostò definitivamente la capitale dell’Impero da Roma a Bisanzio, che nel 330 cambiò nome in Costantinopoli: una nuova capitale cristiana in opposizione alla Roma pagana. Da un punto di vista amministrativo, Costantino porta a termine la riforma avviata da Diocleziano: l’imperatore, ormai considerato a tutti gli effetti un essere divino, era comandante assoluto dell’esercito, e da lui dipendeva un Consiglio della Corona, ed il governo delle quattro parti dell’Impero, nonché delle città di Roma e Costantinopoli.
La guardia pretoriana, che era rimasta fedele al suo avversario Massenzio, venne definitivamente sciolta nel 312 dopo la vittoria a Ponte Milvio, e sostituita da una Guardia del Corpo imperiale, la schola palatina, non più di stanza a Roma, ma legata alla persona dell’imperatore.
Rimaneva una divisione dei territori dell’impero in 4 prefetture: Oriente (con capitale a Costantinopoli), Illirico (Sirmio), Gallia (Treviri) e Italia (Milano), mentre i senati (sia di Roma che di Costantinopoli) erano ormai ridotti all’amministrazione delle due città.
Prima di morire, nel 337 d.C., Costantino si convertì al Cristianesimo, la cui affermazione, con qualche eccezione, verrà perseguita dai suoi successori. Con Teodosio (379-395), nel 391 il Cristianesimo diventerà l’unica religione tollerata nell’Impero. Oltre alla definitiva ascesa del Cristianesimo, il IV secolo sarebbe stato contraddistinto da una crescente importanza della corte imperiale, da una crisi economica devastante, e da una crescente infiltrazione delle popolazioni germaniche nell’esercito, oltre che da costanti guerre contro le popolazioni barbariche, che spesso implicava alleanze con alcune tribù ai danni di altre tribù. Sarà Teodosio I a porre fine in modo definitivo all’unità dell’impero, dividendolo tra i suoi due figli, Arcadio ed Onorio.
L’impero di Occidente, la cui capitale sarà dal 404 Ravenna, sopravviverà per altri 80 anni. Convenzionalmente la fine dell’Impero romano viene fatta risalire alla deposizione, nel 476, di Romolo Augusto, detto Augustolo, da parte del generale di origini barbariche Odoacre. In realtà, Romolo Augustolo non fu mai legittimamente riconosciuto come imperatore: era stato elevato al trono per volere di suo padre, Oreste, un patrizio e generale romano. Oreste si era ribellato all’ultimo imperatore legittimo, Giulio Nepote, che era stato mandato da Costantinopoli.
Rifiutando di concedere alle milizie composte da barbari (la maggior parte dell’esercito romano), un terzo delle terre d’Italia, Oreste fu ucciso a Piacenza da Odoacre. Come scrisse lo storico Arnaldo Momigliano, rinunciando al titolo di imperatore (e rimandando le insegne imperiali all’imperatore d’oriente Zenone) Odoacre pose fine “senza rumore”, ad una lunga agonia. In realtà, Roma era da decenni in balia di contingenti barbarici che proclamavano imperatori di breve durata, ormai privi di un effettivo potere politico.
L’eredità romana rimane a questo punto appannaggio dell’Impero d’Oriente, che crollerà soltanto nel 1453, quando gli Ottomani conquisteranno Costantinopoli, da allora conosciuta come Istanbul. L’impero d’Oriente è convenzionalmente definito Impero Bizantino (da Bisanzio, l’antico nome di Costantinopoli), ma fino alla fine i bizantini, pur parlando greco, continuarono a considerarsi romani.
7Curiosità: quali furono gli imperatori romani più crudeli
Secondo fonti storiche e antiche leggende, alcuni imperatori romani furono più spietati e controversi di altri. Tra questi ci sono:
- Caligola (imperatore dal 37 al 41 d.C.): L'imperatore è famoso per il suo comportamento eccentrico e cruento. Si dice che abbia commesso atti di violenza gratuita, tra cui omicidi e torture. Il suo breve regno è stato caratterizzato da eccessi che alla fine hanno portato al suo assassinio.
- Nerone (imperatore dal 54 al 68 d.C.): Spesso è ricordato per la sua tirannia e la sua crudeltà. È noto per aver fatto uccidere molti dei suoi oppositori e la madre Agrippina e la moglie Ottavia.
- Domiziano (imperatore dal 81 al 96 d. C): L'imperatore Domiziano perseguì i suoi oppositori con severità. La sua autorità divenne sempre più oppressiva e fece eseguire esili e uccisioni sistematiche di senatori e collaboratori sospettati di cospirare contro di lui.
- Commodo (regnò dal 180 al 192 d.C.): Commodo è noto per la sua corruzione e la sua brutalità. Si dice che abbia commesso molti omicidi e torture. Durante il suo regno, la sua condotta sconsiderata e dispotica provocò disagio tra la popolazione e il Senato.
- Caracalla (Caracalla, regnò dal 211 al 217 d.C.): Caracalla è ricordato per la sua violenza e il suo atteggiamento sanguinario. È noto per il massacro di molti oppositori durante il suo regno.