Il teatro di Terenzio
Stile e temi delle opere teatrali di Terenzio. Somiglianze e differenze con le opere di Plauto
Indice
Notizie biografiche su Terenzio
Tutte le notizie biografiche di Terenzio che abbiamo ci sono giunte per tradizione indiretta, cioè che sono stati altri ad avercele procurate, in questo caso grazie al’opera di un grammatico del IV secolo d.C. di nome Elio Donato ci è giunta una parte perduta del De viris illustribus di Svetonio, un biografo che scrisse le biografie di uomini illustri del passato.
Terenzio è nato intorno al 185 a.C. a Cartagine. Visse poco, ma la sua produzione di commedie fu ricca. Giunge a Roma, dove fu affrancato dal senatore Terenzio Lucano e comincia a frequentare la società aristocratica e i circoli, dimostrando una tendenza innovatrice di matrice ellenistica.
Il legame con la cultura greca è ravvisato in un viaggio, dove poi egli incontro la morte (160 a.C. circa).
La produzione
Di Terenzio ci sono giunte per intero 6 commedie, per le quali trae ispirazione da quelle di Menandro. Le commedie non vengono imitate pedissequamente, ma liberamente rielaborate. A differenza di Plauto, non riprende dal modello solo le situazioni convenzionali, ma anche le problematiche esistenziali, scelta che permette di connotare il teatro di Terenzio come serio, umano e riflessivo.
Una prima differenza fondamentale rispetto a Plauto e ai modelli è la funzione attribuita al prologo. In Plauto il prologo, spesso in forma acrostica, era finalizzato ad esplicitare l’antefatto e ad anticipare la conclusione, in modo che il pubblico fosse preparato sull’argomento, sacrificando l’effetto suspense. Terenzio invece utilizza il prologo per difendersi dalle accuse dei suoi detrattori di far uso eccessivo della contaminatio, di aver inserito nelle sue commedie scene di autori romani e di aver fatto da prestanome a personaggi influenti.
La trama del contenuto viene costruita via via attraverso la recitazione dei personaggi e questo crea l’effetto suspense sul pubblico. In relazione all’accusa di abuso della contaminatio Terenzio si difende citando l’esempio di altri autori latini (Nevio, Plauto, Ennio) che ne avevano già fatto uso.
In merito alla seconda accusa, si discolpa dicendo che lui ha tradotto direttamente dal greco e quindi che non può aver utilizzato commedie romane di riferimento. Per la terza accusa si discolpa dicendo che collaborare con personaggi illustri per lui non è altro che un merito.
Il teatro di Terenzio
Il teatro di Terenzio è molto diverso da quello di Plauto, perché più impegnato; se il teatro plautino aveva il fine di far divertire il pubblico, quello di Terenzio è più riflessivo e presenta toni più seri e pensosi. Il teatro di Terenzio rappresenta il rapporto padre-figlio, quindi mette in scena un conflitto generazionale e non crea un’illusione scenica di rottura con il pubblico, ma cerca di rappresentare la realtà, cosicché lo spettatore si identifichi con quello che porta in scena e lo esorti alla riflessione.
Da Plauto a Terenzio il teatro conosce un’evoluzione non tanto nei modi in cui esso viene rappresentato, ma proprio nei contenuti. In Terenzio si vorrà riflettere sul conflitto generazionale padre-figlio, che crea dispiacere nel padre, al punto da avere nei confronti di sé stesso un atteggiamento più serio (Heautontimorumenos).
Anche Terenzio scrive commedie che riprende da modelli greci.
Caratteristiche e temi delle opere di Terenzio
Nello studiare Terenzio i critici vanno alla ricerca dei caratteri più tipici ed originali, al di fuori delle commedie imitate. La ricerca di questi aspetti non è comunque facile, perché non siamo in possesso dei modelli. Mentre Plauto tendeva a sacrificare la verosimiglianza in ragione della comicità, Terenzio, pur ricorrendo ad effetti comici, costruisce una trama regolare, rispettosa della verosimiglianza. In ragione di essa affina i caratteri dei personaggi, cioè non accentua i tratti caricaturali, ma affina la loro psicologia dei personaggi, che hanno appunto per la prima volta un’introspezione psicologica, che accresce i toni patetici e pensosi. Mentre nel teatro plautino si esaltavano la mordacità, il tono grottesco, il sarcasmo, che nel pubblico suscitava il riso, il teatro di Terenzio suscito per lo più un sorriso amaro e gli artifici linguistici a carattere buffonesco non venivano percepiti immediatamente.
Con ciò le rappresentazioni di Terenzio correvano il rischio di essere noiose e monotone, come appunto furono percepite dal pubblico romano. Infatti il più delle volte le rappresentazioni di Terenzio sono prive di azione drammatica, poiché egli privilegiava le fabulae statariae, che a differenza delle fabulae motoriae, come sono quelle di Plauto, non erano basate sull’azione, ma sul carattere, anche se Terenzio tendeva a ravvivarle con la tecnica del doppio intrigo, ovvero l’introduzione in una stessa commedia di due storie parallele di amori contrastati che si intersecano tra loro fino alla soluzione finale.
Nella Vita di Svetonio è incerta l’interpretazione di alcuni versi o di Cesare o di Cicerone in cui Terenzio viene definito “Menandro dimezzato”, cioè inferiore agli autori greci. Indubbio è se attribuire questa espressione al fatto che le sue opere sono meno ricche di vivacità scenica o attraversate da una certa monotonia per ciò che riguarda lo stile e il metro. È molto più probabile che riguardi la scarsità del movimento delle azioni, perché in fatto di stile e linguaggio quello latino appare più accurato di quello Greco.
Per quanto riguarda i contenuti, Terenzio, più impegnato a descrivere la psicologia dei personaggi, pone la sua attenzione sui comportamenti dell’uomo nel bene e nel male, tematiche su cui tipicamente si concentra la Commedia nuova. Mentre il teatro di Plauto era di tipo fantasmagorico, cioè fantastico e immaginario (basti pensare ai tratti caricaturali dei personaggi inseriti in situazioni convenzionali inverosimili), Terenzio si allontana da una visione irreale del teatro, mettendo in scena temi concreti in contesti realistici su cui si muovono personaggi alle prese con problematiche della vita di tutti i giorni.
Due importanti problematiche esistenziali sono quelle del conflitto generazionale padre-figlio e delle convenzioni sociali. In Plauto il conflitto generazionale è rappresentato dal rapporto tra figli irresponsabili o incompresi e padri severi o depravati, che ha termine con la vittoria dei giovani sui vecchi, grazie anche alla collaborazione di altri personaggi, come il parassita e il servo.
In Terenzio i conflitti generazionali hanno la loro espressione nel rapporto tra padre e figlio accumunati però dalla volontà di volersi riappacificare e dalla consapevolezza da parte del genitore della difficoltà dell’attività educativa. Le vicende terminano con la vittoria dei giovani, ma non più grazie all’aiuto di altri collaboratori e neppure con la piena sconfitta dei vecchi.
Per quanto riguarda le convenzioni sociali si intendono quelle che regolano la moralità della famiglia e i rapporti fra i diversi ceti sociali e sono gli schemi tipici della Commedia nuova: matrimoni praticabili solo fra persone libere, la non violazione della verginità delle fanciulle, la devozione ai genitori, la sottomissioni delle mogli ai mariti, l’invalicabilità di certe barriere sociali e morali...
La differenza che intercorre tra Plauto e Terenzio è che quest’ultimo utilizza questi schemi non solo per realizzare l’intrigo, ma anche per riflettere sui luoghi comuni e sulle ipocrisie della società. Alcune critiche hanno etichettato Terenzio come un “rivoluzionario”, cioè portatore di nuovi valori morali. In realtà egli non ha fatto altro che farsi portavoce dei fervori che attraversavano Roma in quel periodo, che vedeva il contrasto tra il filone conservatore e quello innovatore.
Terenzio e l'ideale dell'Humanitas
Rispecchiato in tutto il teatro di Terenzio, è un complesso di nozioni e valori riassunti nell’ideale dell’humanitas. Questo concetto sta ad indicare da un lato benevolenza, gentilezza d’animo, cortesia; dall’altro lato, educazione letteraria e filosofica come tratto specifico dell’uomo rispetto agli altri animali o dell’uomo reso umano dalla sua cultura. Questo secondo senso dell’humanitas è sconosciuto ai greci, poiché la loro concezione si tramutava nella consapevolezza pessimistica che vi sono dei limiti e della precarietà della condizione dell’uomo. Proprio per questo, l’humanitas per loro non era altro che una conseguenza della crisi. Mentre in Terenzio il concetto di humanitas è quello dei Romani del II secolo, che vivono la loro fase espansiva in un clima di ottimismo e curiosità nell’apertura verso nuovi mondi e conoscenze, sentimento già presente in Menandro. Per i Romani, quindi, l’humanitas rappresenta la fiducia che si può riversare nelle capacità e nei valori dell’uomo. Questa nuova ideologia dell’humanitas implicava di conseguenza un diverso modo di concepire i rapporti interpersonali e di rapportarsi alla donna e ai ceti sociali, per cui comportava una riconsiderazione degli schemi della Commedia nuova.
Un elemento poco ricorrente in Terenzio è invece la fortuna, a differenza di Menando che la richiama continuamente al fine di mettersi in guardia dalla sorte imprevedibile. Quindi anche l’essere comprensivi dei personaggi delle commedie di Terenzio non è da rifarsi alla filantropia greca, cioè un specie di legame tra gli umani accumunati dall stesso destino, ma alle virtù romane della fiducia e della pietà.
Il tema della fortuna
Comunque sia, la fortuna che in Menandro interviene per concludere le vicende viene vista come una sorta di ricompensa per quei personaggi che hanno agito con consapevolezza e saggezza di fronte alla sofferenza; mentre in Terenzio la conclusione delle vicende avviene sia grazie all’azione dei personaggi, sia grazie a degli eventi fortunati esterni.
Per ciò che riguarda i personaggi, essi, per quanto possano essere estrapolati dai modelli greci, mantengono poco delle caratteristiche di questi ultimi per acquisire sempre più qualità tipiche romane.
Infatti si possono notare le grandi differenze che questi hanno rispetto ai personaggi di Plauto, ma anche a quelli di Menandro.
Infatti Plauto tendeva a risaltare i difetti dei suoi personaggi, quindi essi erano caratterizzati da grandi vizi, da eccessive passioni, da contrasti irrimediabili con altri personaggi, che in Terenzio divengono rispettivamente difetti giustificabili, sentimenti controllati e talvolta dolorosi e contrasti che vengono superati attraverso collaborazione e comprensione.
La commedia di Terenzio viene definita commedia di buoni sentimenti, più di quella di Menandro, ma proprio per questo non si riesce a comprendere dove sia il bene di cui si parla, visto che quei giovani definiti degni di esempio si rivelano alla fine sfrenati, i padri comprensivi non appaiono migliori di quelli più severi e le tesi dell’autore più valide vengono contraddette da colpi di scena all’interno della commedia. Quindi quello che viene definito teatro a tesi in realtà espone al pubblico la realtà e le problematiche della vita di tutti i giorni, proponendo appena qualche proposta di valori.
Grande rilevanza dà Terenzio alle sue figure femminili in ambito sociale e familiare. Questo si riscontra anche in Menandro, soprattutto per lo spiccato calore affettivo di costoro. Ma in Terenzio le qualità femminili si ampliano, acquisendo non solo autonomia e dignità, ma anche doti a livello culturale e morale.
Le commedie a carattere comico di Plauto venivano assimilate immediatamente e proprio per questo motivo riscuotevano un repentino successo. Le commedie di Terenzio avevano il compito di incitare alla riflessione lo spettatore ed essendo il pubblico romano non abbastanza colto e maturo, riscuotevano uno scarso successo.
L’opera di Terenzio che presenta dei caratteri più simili alle opere di Plauto, e forse la migliore, è quella che ha riscosso maggiore successo. Ma nonostante ciò la fama di Terenzio, anche dopo la decadenza della commedia romana, persistette per molti secoli, come infatti si vedrà nell’epoca cristiana, in cui le sue opere furono utilizzate per i loro contenuti a carattere universale.
Stile e linguaggio in Terenzio
La fama di Terenzio è resa anche per la limpidezza del suo stile, che differisce da quello vivace e fantasioso di Plauto e supera di gran lunga quello di Menandro, che tendeva a preoccuparsi più della costruzione drammatica che della metrica, per il quale motivo risulta essere assente di limpidezza.
Anche il linguaggio di Terenzio risulta essere differente da quello plautino. Infatti, ad esempio, i sentimenti che caratterizzano gli adolescenti in Terenzio divengono più seri e pensosi, laddove in Plauto non sono che oggetto di caricatura. Ma sempre in Terenzio anche il linguaggio degli altri personaggi, che corrisponde a quello del ceto a cui essi appartengono, ovvero un ceto urbano discretamente colto, acquisisce una specifica definizione, attraverso l’uso della retorica da parte del poeta.
Si tratta di un linguaggio differente da quello utilizzato da Plauto, perciò privo di contorsioni e grossolanità e moderato nell’uso di voci tipiche del linguaggio epico ed effetti fonici, tanto cari a Plauto. Linguaggio e stile finiscono quindi con l’adeguarsi ad ogni singolo personaggio, creando un’idea di verosimiglianza. Anche la metrica risulta essere moderata. Sono infatti pochi i cantica e la varietà nei versi.