Il sergente nella neve di Mario Rigoni Stern: scheda libro

Il sergente nella neve, scheda libro del romanzo di Mario Rigoni Stern. Riassunto, temi, stile, analisi dei personaggi e commento al libro

Il sergente nella neve di Mario Rigoni Stern: scheda libro
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IL SERGENTE NELLA NEVE

Il sergente nella neve è un libro di Mario Rigoni Stern
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Il sergente nella neve è un libro di Mario Rigoni Stern, pubblicato da Einaudi editore: la prima edizione è la Gettoni del 1953, seguita dai Nuovi Coralli del 1973.

Il libro è un racconto storico, in quanto l’autore scrive dei suoi ricordi, delle vicende vissute durante la Seconda Guerra Mondiale.

SPAZIO E TEMPO

Genericamente, il paese in cui si svolgono i fatti narrati è la Russia: l'autore non specifica il nome della zona in cui si trova, né il nome del paese vicino. I fattori che caratterizzano l’ambiente sono la guerra, non sentita a livello personale fra le due fazioni ma che si fa solo perché è stata ordinata. E poi il freddo, il vento tagliente, la tensione emotiva dei soldati, i ritmi di vita alterati, la fatica.

Mario Rigoni Stern dà ampio spazio alle proprie sensazioni sia sull’ambiente che sui compagni, raccontando brevi episodi su ciascuno.

Nel libro si ritrova una sola data, ed è quella del 26 gennaio 1943, giorno in cui i soldati arrivano a Nikolajewka. Per essere più precisi le vicende narrano della ritirata di Russia, tra la fine del ’42 e l’inizio del ’43. Cronologicamente il libro è diviso in due parti, “il caposaldo” e “la sacca”.

RIASSUNTO

La prima parte del libro, come abbiamo detto, tratta del caposaldo, situato sulle rive del Don presso un villaggio di pescatori abbandonato. Sulla scarpata, che dava sul fiume gelato, si trovavano più squadre: quella del Morbegno, quello del tenente Cenci, quella del sergente Garrone e quella a cui apparteneva Rigoni. Sull’altra riva il caposaldo russo.

I problemi che i soldati dovettero affrontare furono il freddo, il cibo scarso, così come le altre necessità. Qui la capacità di adattamento umana veniva messa a dura prova dall’ambiente, ma anche dai ritmi di vita alterati. L'autore descrive le difficoltà e le capacità dei suoi compagni, in modo che non sia necessario ricorrere ad una descrizione statica.

Rigoni descrive lo scorrere delle giornate sempre uguali, i turni di vedetta, le difficoltà, gli attacchi improvvisi, i morti, le tormente, le armi che non si sa mai se funzioneranno nel momento di necessità.

Il malumore cresce con i giorni, le bestemmie di Bodei, la compostezza del tenente Cenci, e Rigoni ricorda anche il continuo tormentone di Giuanin:“ sergentmagiù, ghe rivarem a baita?”;  il racconto è anche fatto di dialoghi oltre che dalle sensazioni dell’autore.

Si susseguono quindi momenti di relativa calma e tranquillità a momenti frenetici di panico e di lotta per la vita.

Fra le due fazioni non c'è alcun odio: si tenta un dialogo con i russi, scherzosi o provocatori, rispettosi quando dopo un violento attacco non si sparava a coloro che andavano sul letto del Don a raccogliere i cadaveri. Ma nonostante ciò. la guerra c’era e si doveva fare.

Il giorno di Natale, una giornata tranquilla, nella tana fecero la polenta e il capitano donò loro della pasta e del vino.

Ricorda poi il Capodanno del ’42, quando il freddo era tale che nemmeno le armi funzionavano.

Il momento della ritirata era ormai vicino, si passarono in rassegna le armi per portare con se le migliori lasciando sotto la neve le altre. Si caricavano gli zaini in spalla e una squadra alla volta si abbandonava il caposaldo verso le cucine.

Ebbe così inizio la ritirata, silenziosa nel freddo tagliente che ben presto, all’avanzare della colonna di soldati, si tramutò in tormenta.

Ha quindi inizio la seconda parte del libro, intitolata “la sacca”. Ed era proprio da una sacca che l’esercito alleato doveva uscire.

La maggior parte del tempo si trascorreva camminando con fatica. Le scorte di viveri presto vennero meno, e così fu necessario anche procacciarci del cibo. Ad ogni passo l'odore delle piaghe si faceva sentire, accompagnato dal crescente dolore.

Poi arrivò il momento di caricare le armi e combattere i russi e giungere a baita.

La  cittadina di Nikolajewka era ormai in vista, ed eral’ultimo ostacolo alla salvezza. Fu quello l'ultimo scontro con il nemico.

Molti morirono, e presto si ritrovarono a girare la cittadina sparpagliati in balia dei cecchini. Qui c'è un episodio molto importante, spesso ricordato da chi ha letto il libro: l'autore era in preda alla fame e alla paura di essere colpito. In quel momento decide di farsi coraggio e bussare ad un’isba. Entrando, vede due russi seduti a tavola a mangiare e resta bloccato. Poi i russi lo guardano, lui si siede a tavola, mangia, ringrazia e se ne va.

Da qui si troverà ancora in diverse situazioni di pericolo, ma ben presto ritroverà i pochi compagni rimasti: in totale sette, lui compreso.

In un’isba al caldo i compagni gli porgono un rasoio e uno specchietto: quando si guarda resta stupito dal proprio aspetto. Si sorride, si lava, si rade e si cura le ferite e le piaghe. La guerra è finita: sono arrivati a baita.

PERSONAGGI

Il protagonista del libro è l’autore Mario Rigoni Stern, che racconta con grande sincerità la drammatica esperienza della guerra in Russia.

Tra gli altri personaggi ci sono il piemontese Tourn, Bodei, il tenente Cenci, il tenente Sarpi, Giuanin, il veneto Moreschi.

Gli elementi di ognuno sono pochi, e da tutti emerge sicuramente un profondo rispetto e altruismo.

COMMENTO

A mio parere, questo è un ottimo libro, che ho molto apprezzato per il modo di scrivere dell’autore, per la sua sincerità, il rispetto, per lo stile leggero e scorrevole, le drammatiche situazioni che si animano grazie ai frequenti dialoghi frapposti a brevi descrizioni e chiarimenti.

Il libro è fatto di sensazioni, odori, colori, che danno l’idea dell’ambiente e degli stati d’animo, oltre che delle preoccupazioni. Ho apprezzato molto il fatto che autore abbia riportato, soprattutto al caposaldo, dei fatti quasi comici, ma raffinati e non banali.

Alcune parti sono commoventi e aprono uno squarcio sull'umanità della guerra.

Ricordo in particolare la morte del tenente Sarpi: un episodio isolato, che però viene scritto con una tecnica che credo sia il modo naturale di scrivere. L'autore ripete alcune frasi più volte, e sono frasi che se isolate non hanno alcun senso, ma nel contesto suonano toccanti. Anche i silenzi hanno un ruolo molto importante nei dialoghi.

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