Guittone d’Arezzo: biografia e poesie
Indice
1Biografia di Guittone d’Arezzo
Guittone d’Arezzo è il nome di Guido di Michele del Viva, nato ad Arezzo intorno al 1235. È un carattere molto forte ed è anche, e senza dubbio, il poeta più importante prima di Dante, almeno per quanto riguarda il corpus delle sue opere: le sue Rime contano 50 canzoni e 260 sonetti.
Sul suo nome sono state avanzate alcune ipotesi: c’è chi lo fa derivare dal vezzeggiativo “Guittoncino”, oppure da “guitto”, un nome spregiativo per indicare persone sudicie, vili e spilorce. Guittone stesso, in alcuni sonetti, ammette che il suo nome è “ontoso e vile” (sonetto 234).
È autore anche delle Lettere che sono circa 50, scritte tutte quante dopo la conversione e ricche di argomentazioni politiche e morali: rappresentano uno dei massimi esempi di prosa epistolare di quel periodo e sono ripartite secondo lo schema fisso salutatio, exordium, narratio, petitio, conclusio.
Nella sua gioventù viaggiò spesso e questo contribuì alla sua formazione da autodidatta. Infatti non abbiamo notizie di studi universitari: fu autonomo nell’accostarsi ai classici e alle letterature romanze. D’altronde Arezzo era un centro culturale di tutto rispetto e Guittone poté approfittarne per maturare uno stile poetico personale.
Il primo genere letterario che affrontò fu la poesia erotica, di ascendenza provenzale elaborata secondo i dettami del trobar clus (cioè il poetare oscuro), ma risentendo anche degli stilemi della poesia siciliana che si affermava allora nella corte di Federico II.
Guittone, quindi, rappresenta un punto di intersezione tra queste due correnti: infatti gli 86 sonetti erotici (tutti contenuti nel codice Laurenziano) sono concepiti secondo la forma di un lungo racconto (come le vidas e le razos provenzali): è il primo modello di canzoniere. Guittone ha il merito di produrre un io lirico di rara forza, con una personalità precisa e ben individuabile capace di rivisitare.
2Pensiero politico di Guittone d’Arezzo
Per quanto riguarda l’impegno politico, Guittone fu di parte guelfa in un periodo molto complicato per Arezzo. Guittone, dopo gli iniziali fervori politici, si indignò a causa del malcostume e dell’arrivismo dei suoi concittadini e così, dal 1257, si ritirò da qualunque partecipazione attiva alla vita politica, limitandosi a essere un intellettuale.
Era il tempo della battaglia di Cortona (1259) che mise a repentaglio l’alleanza di Arezzo con Firenze. Arezzo assediò Cortona: Guittone era stato contrario a questa operazione militare, scrivendo sirventesi in propositi e sapendo che la reazione di Firenze non si sarebbe fatta attendere. Infatti i fiorentini distrussero il Castello di Gressa, nello stesso del febbraio 1259.
Nel 1259 si allontanò da Arezzo e cominciò a peregrinare di città in città, lungo l’Italia centrale. Nel 1265 entrò nell’Ordine dei Cavalieri di Santa Maria (miles beate Virginis Mariae): non era un chierico, ma una sorta di cavaliere cristiano. Questi cavalieri erano capaci di ricorrere anche alle armi per la difesa della fede cattolica: erano tempi piuttosto turbolenti. È evidente che aveva un forte connotato politico, questo movimento, e che Guittone ne sposò gli ideali: tuttavia i confratelli si allontanarono presto dall’idea di un rinnovamento spirituale e acquisirono un potere crescente, vivendo nel lusso. Guittone li rimproverò aspramente. Era l’inizio di una crisi interiore che lo avrebbe portato a scegliere il convento, abbandonando moglie e figli e tutta la vita mondana.
Ebbe contatti con tutti i poeti dell’epoca e in particolar modo con Guido Guinizzelli. La sua poesia fece scuola – detta “guittoniana” – scuola che sicuramente favorì una poetica più vicina alla concretezza del reale, con un linguaggio più duro e realistico: per questo i guittoniani furono in polemica con i poeti stilnovisti, come vedremo più avanti. Morì a Bologna nel 1294.
3Poesie e stile di Guittone d’Arezzo
Proprio sulla “scuola guittoniana” occorre riflettere. Guittone fu una personalità poetica di assoluto rilievo, se non fosse stata oscurata così presto dagli stilnovisti. «Non è poeta e non è neppure artista: gli manca quella interna misura e melodia, che condusse poeti inferiori a lui di coltura e d’ingegno a polire il volgare. È privo di gusto e di grazia», dice De Sanctis (F. DE SANCTIS, Storia della letteratura italiana, Bur, Milano 2013, p. 93).
Giudizio ripreso in buona parte da quello altrettanto severo di Dante: «in vocabulis atque constructione plebescere» (De v. e., II, VI, 8), «[il suo linguaggio poetico] è rozzo nelle parole e nella costruzione», con riferimento a uno stile troppo pesante e rozzo, opposto a quello che inaugurava in quegli stessi anni l’altro Guido (Guinizzelli). Uno stile più basso, di più immediato realismo, un volgare ‘municipale’, dice Dante, alludendo a una lingua non capace di assumere un rilievo nazionale (differentemente da quanto riteneva per lui).
Il verdetto dantesco pesò a lungo sul poeta aretino, a partire non solo dal De vulgari eloquentia, ma soprattutto a partire da quanto afferma il poeta fiorentino nel Purgatorio attraverso le parole di Bonagiunta Orbicciani (Purgatorio, XXIV, 55-57):
"O frate, issa vegg’io", diss’elli, "il nodo
che ’l Notaro e Guittone e me ritenne
di qua dal dolce stil novo ch’i’ odo!
E ancora, due canti dopo, per bocca di Guido Guinizelli il fondatore dello Stilnovo in persona (Purgatorio, XXVI, 121-126):
A voce più ch’al ver drizzan li volti,
e così ferman sua oppinïone
prima ch’arte o ragion per lor s’ascolti.
Così fer molti antichi di Guittone,
di grido in grido pur lui dando pregio,
fin che l’ ha vinto il ver con più persone.
Dobbiamo riconoscere molti meriti a Guittone: ha ideato il sonetto comico, che tanta fortuna avrebbe avuto con Rustico Filippi e Cecco Angiolieri, e ha superato la frammentarietà del singolo sonetto come espressione di un momento lirico inventando la catena dei sonetti con una tensione narrativa.
È stato un bravo sperimentatore e il giudizio di Dante è calibrato, in fondo, solo sulla scarsa raffinatezza del suo dettato. Dante intuisce che Guittone non era in grado di innalzare oltre il suo stile: era cioè costretto a un unico modo di scrivere, impastato di quel gergo municipale che lui mirava invece a superare.
4Un contrasto lungo 86 sonetti: una storia d’amore finita male
Guittone si è reso personaggio di una storia che si dipana in 86 testi: una sorta di Vita nova in stile comico-realistico. Sono sonetti molto simpatici. Troviamo la sua scoperta ed esibita parodia della lirica d’amore cortese, accusata di essere mera finzione per concupire la donna. Il poeta è «enfingitore», inganna nel corteggiamento, mascherando con l’abilità verbale il suo reale desiderio e l’apparente senso di vergogna è preludio di un finale comico.
Infatti negli ultimi sei sonetti è protagonista la donna villana, che fa sprofondare il modello cortese poiché ella rovescia nell’offesa il gioco della seduzione. Il degrado contenutistico e retorico messo in scena in questi sonetti da Guittone è una parodia del contrasto d’amore.
Vediamo le battute finali di questa tenzone molto divertente:
Testo
Villana donna, non mi ti disdire,
volendomi sprovar fin amadore!
Ch'eo fin non son ver zo, talento dire,
ned essere vorrea tant'hai ladore.
Ca, per averti a tutto meo desire,
eo non t'amara un giorno per amore;
ma ch'è stat’ò volendoti covrire,
ché più volere terriami disnore.
Ché tu se' laida 'n semblanti e villana,
e croia 'n dir e 'n far tutta stagione,
e se' leggiadra ed altizzosa e strana.
Che 'n te noiosa nòi è de ragione,
donna laida, che leggiadra se' e vana
e croia, ch'e' d'altera opinione.
Parafrasi
Ché, per averti con tutto il mio desiderio, io non ti amerei un giorno per amore, ma ti ho corteggiata solo per portarti a letto perché un desiderio più profondo mi arrecherebbe disonore. Perché tu sei brutta e villana e dura nel dire e nel fare in tutto il tempo, e sei leggera, altezzosa e strana. Perché tu sei ragione noiosa noia, donna brutta, che sei leggera e vana e dura, perché hai un’alta opinione di te.
«Villana donna, non mi ti disdire» dice Guittone, che rivela a lei l’obiettivo esplicitamente sessuale: «ma chesta t’ò volendoti covrire / ché più volere terriami disnore» (I, vv. 7-8). Ammette che la sta corteggiando non per amarla, facendo finta di essere un fine amatore, ma solo per obiettivi molto più ‘concreti’ e meno poetici.
Naturalmente la donna risponde al poeta per le rime, come si suol dire, e lo manda letteralmente a quel paese:
Testo
Non mi disdico, villan parladore,
a quello intendimento che ditt'hai;
or como crederia che 'n te valore
di fine amante e amor fosse già mai?
Ch'ogn'altra fina cosa è di te fore,
e la contrara parte regna assai;
ma disdicomi a ciò che m'è dolore
crudel di morte il dimando che fai,
cioè ch'io t'ami. Or come amar poria
cosa, che di tutto è dispiacente,
con tu se'? Mad eo ragion è ti dia
odiar a morte; ed il fo coralmente.
Tu però mi dispregi, e villania
mi dice assai la tua bocca, che mente.
Parafrasi
La donna lo chiama «villan parladore» perché si esprime con «reo parlar», non solo forse un parlare duro e inappropriato, ma un parlare colpevole, un parlare finto, falso, reo appunto di spingere nella finzione chi non sa accorgersene. Il finale della tenzone spetta alla donna: «Or son maestra di villan parlare / perché saccio di te dir villania» (VI, vv. 1-2). Dunque, si tratta di un rovesciamento ironico, pienamente consapevole, al punto che il Torraca la definisce «una meraviglia di acume e di comicità urbana». Una bella disputa nata da un flirt andato male.
5L’inno alla gioia di Guittone d’Arezzo: analisi e spiegazione
Analizziamo adesso una delle poesie più famose di Guittone d’Arezzo, un vero e proprio inno alla gioia dell’amore.
Testo
Tuttor ch’eo dirò «gioi’», gioiva cosa,
Intenderete che di voi favello,
Che gioia sete di beltà gioiosa
E gioia di piacer gioioso e bello,
E gioia in cui gioioso avenir posa,
gioi’ d’adornezze e gioi’ di cor asnello,
Gioia in cui viso e gioi’ tant’amorosa
Ched è gioisa gioi’ mirare in ello.
Gioi’ di volere e gioi’ di pensamento
e gioi’ di dire e gioi’ di far gioioso
E gioi’ d’onni gioioso movimento:
Per ch’eo, gioiosa gioi’, sì disioso
Di voi mi trovo, che mai gioi’ non sento
Se ’n vostra gioi’ il meo cor nn riposo.
Parafrasi
Tutto il sonetto si basa sulla ripetizione ossessiva della parola «gioia», il senhal per indicare la donna amata, che diventa iperbolico, creando un’atmosfera colma di entusiasmo e quasi folleggiante. È molto evidente l’influsso provenzale del trobar clus perché l’artificio rischia di non rendere comprensibile il testo ad una prima lettura, anche perché il poeta vuole qui dare sfoggio della sua bravura stilistica. Da notare la chiusura molto tenera in cui il poeta confessa il suo amore perfetto, dipendete dalla gioia della sua amata. Possiamo anche notare che la ripetizione crea un andamento rapido e vorticoso in cui l’assonanza di -ioi- fa quasi pensare a un alleluia.
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Domande & Risposte
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Dove è nato Guittone d’Arezzo?
Guittone è nato ad Arezzo, in Toscana.
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Quando è nato Guittone d’Arezzo?
Nel 1235 circa.
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Cosa ha scritto Guittone d’Arezzo?
Il corpus di Guittone conta 50 canzoni e 260 sonetti conservati nel Codice Laurenziano; è autore di circa 50 Lettere di argomentazioni politiche e morali. Una delle sue poesie più famose è “Tuttor ch'eo dirò gioi, gioiva cosa”, un inno alla gioia dell’amore.