Giovanni Pascoli: riassunto della vita
Giovanni Pascoli, riassunto della biografia con approfondimenti sulle opere e lezioni video e audio per saperne di più
Indice
Giovanni Pascoli: riassunto
Giovanni Pascoli nasce il 31 dicembre 1855 a San Mauro di Romagna, da una famiglia di condizione piuttosto agiata: il padre, Ruggiero, è fattore di una tenuta di proprietà dei principi Torlonia.
La sua famiglia è molto numerosa: Giovanni è il quarto di ben dieci figli. La vita familiare viene presto sconvolta da una tragedia: il 10 agosto 1867, mentre torna a casa dal mercato di Cesena, Ruggiero Pascoli viene ucciso a fucilate.
La morte del padre crea difficoltà economiche alla famiglia, che deve lasciare la tenuta, trasferirsi a San Mauro e in seguito a Rimini, dove il figlio maggiore Giacomo ha trovato lavoro, assumendo il ruolo paterno (viene chiamato infatti “piccolo padre”).
Al primo lutto in un breve giro di anni, ne seguono altri: nel 1868 muoiono la madre e la sorella maggiore, nel ’71 il fratello Luigi, nel ’76 Giacomo.
Giovanni Pascoli: studi
Giovanni frequenta il collegio degli Scolopi ad Urbino, dove riceve una rigorosa formazione classica. Nel ’71, per le ristrettezze della famiglia, deve lasciare il collegio, ma può proseguire gli studi a Firenze. Nel ’73, grazie al brillante esito di un esame (della commissione fa parte Carducci), ottiene una borsa di studio presso l’Università di Bologna, dove frequenta Lettere.
Pascoli: politica e insegnamento
Negli anni universitari Pascoli subisce il fascino dell’ideologia socialista di Andrea Costa. Partecipa a manifestazioni contro il governo, viene arrestato nel ’79 e si trova a dover trascorrere alcuni mesi in carcere, per venire alla fine assolto. L’esperienza è però per lui traumatica e determina il suo definitivo distacco dalla politica militante.
Si laureò nel 1882 e inizia subito dopo la carriera di insegnante liceale, prima a Matera, poi dal 1884 a Massa. Qui chiama a vivere con sé le due sorelle, Ida e Mariù, ricostituendo così idealmente quel nido familiare che i lutti hanno distrutto. Nel 1887, sempre con le sorelle, va ad insegnare a Livorno, dove rimane fino al ’95.
Pascoli: il nido
In Pascoli si sente spesso parlare di nido. Ma di cosa si tratta esattamante?
Il nido è il luogo in cui il nucleo familiare trova rifugio e protezione. Ma nella realtà, nel nucleo familiare di Pascoli si creano anche una serie di dinamiche contrastanti: leggi patriarcali molto rigide, la difficoltà di allontanarsi, pena essere considerati dei traditori. Ma anche legami oscuri, viscerali, che allontanano le esperienze amorose e sessuali dalla vita del poeta, che le rifiuta quasi in modo infantile, conducendo una vita, per sua stessa ammissione, come egli stesso confessa, forzatamente casta.
In Pascoli c'è lo struggente desiderio di un vero «nido», in cui esercitare un'autentica funzione di padre, ma il legame ossessivo con il «nido» infantile spezzato gli rende impossibile la realizzazione del sogno.
In ultimo, in Pascoli c'è forte il senso della morte. I morti sono presenze che alloggiano continuamente nel nido e proteggono i suoi abitanti, allontanando i problemi della realtà esterna. Il nido resta al di fuori della storia e dei suoi sconvolgimenti, proteggendo i familiari.
Per tutta la vita Pascoli tenta di ricomporre il nido infantile. Si può capire allora perché il matrimonio di Ida, nel 1895, fu sentito da Pascoli come un tradimento, una profanazione della sacralità del «nido», e determinò in lui una reazione spropositata, patologica, con vere manifestazioni depressive
L'insegnamento universitario
Nel 1895 Pascoli prende in affitto una casa a Castelvecchio di Barga, nella campagna lucchese, dove va a vivere con la sorella Mariù, dopo le nozze di Ida. Sempre nel ’95 ottiene la cattedra di grammatica greca e latina all’Università di Bologna, poi di letteratura latina all’Università di Messina, dove insegna fino al 1903.
Passa quindi a Pisa e dal 1905 subentra al suo maestro Carducci sulla cattedra di letteratura italiana a Bologna.
Pascoli: poetica
La poesia di Pascoli si concentra sulle cosiddette piccole cose, sia piccoli oggetti, che tutte le cose estremamente quotidiane, caricate di un immenso valore simbolico. Nella poesia, libera dalla metrica, vengono esaltate le corrispondenze e le sinestesie; così gli oggetti diventano simboli. Il poeta è il fanciullino, cioè ha un atteggiamento aurorale e innocente.
Nel 1891 pubblicò una prima raccolta di liriche, Myricae. Dal ’92 per 12 anni vince la medaglia d’oro al concorso di poesia latina di Amsterdam. Nel 1897 escono i Poemetti, poi arricchiti in successive ristampe, nel 1903 i Canti di Castelvecchio, nel 1904 i Poemi conviviali.
Negli ultimi anni alla figura di poeta schivo si affianca quella di letterato ufficiale: dopo alcuni componimenti patriottici scrive una serie di discorsi pubblici, tra i quali La grande proletaria si è mossa nel 1911 per celebrare la guerra di Libia. In quest’opera egli sostiene che l’Italia non ha più terre per i suoi coloni e la Libia si presenta dunque come una naturale appendice dell’Italia. Elogia quindi il bersagliere italiano che si prende cura della bambina libica triste e sola (trascurando il fatto che egli stesso aveva contribuito ad ucciderne i genitori e distruggerne la casa). Ammalatosi di cancro allo stomaco, muore il 6 aprile 1912.
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