Ghandi e la decolonizzazione indiana: riassunto

Gandhi e la decolonizzazione indiana: la resistenza attiva, la marcia del sale e la non violenza. Storia e schema degli eventi

Ghandi e la decolonizzazione indiana: riassunto
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Gandhi

Chi era Gandhi?
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Gandhi, detto Mahatma (Grande Anima), dopo essersi laureato in legge, si trasferì in Sudafrica, dove ebbe modo di vedere come la minoranza bianca sfruttava e trattava in modo brutale sia gli Indiani, sia i neri. Questo fece nascere in lui un sentimento di profonda umiliazione, che lo portò a diventare il fondatore della nonviolenza per l’uguaglianza razziale e sociale, e il padre dell’indipendenza dell’India dal colonialismo Britannico.

Cos'è la resistenza attiva

Insegnò la “resistenza attiva”, basata su quattro principi:

  1. violare la legge quando era ingiusta
  2. subire pazientemente le conseguenze dell’infrazione
  3. rifiutare di collaborare con lo Stato colonialista
  4. praticare il digiuno totale, rischiando la morte, se l’obiettivo da raggiungere richiedeva questo sacrificio estremo.

La marcia del sale

Gandhi portò avanti la marcia del sale, dove percorse 140 Km a piedi per protestare contro la tassa che avevano imposto gli Inglesi avidi di sfruttamento, ed ottenne l’annullamento dell’imposta.

Si vestì con il bianco lenzuolo di lino degli Indù più poveri, si dedicò ai lavori manuali, tessitura e filatura per non dover dipendere dal denaro ottenuto con umiliazioni e compromessi; assumeva il cibo appena necessario per vivere, e, sebbene avesse sposato una donna che amava, praticò la castità; pagando tutti questi sacrifici con anni ed anni di carcere.

L'indipendenza dell'India

Uno dei suoi concetti di battaglia era “l’insistenza per la verità”.

In India, Gandhi diventò il leader del Partito del Congresso, dove lottò per uno stato indipendente ma unito, ma era contrariato dalla Lega Musulmana, che aveva un obiettivo opposto: uno Stato Islamico separato dal resto dell’India. L’indipendenza economica fu il punto culminante del movimento, perché i contadini venivano sfruttati dagli industriali Britannici che avevano impoverito e distrutto la scarsa industria Indiana.

Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, Gandhi decise di non sostenere la Gran Bretagna, se ella non gli avesse garantito la completa indipendenza, così la lotta entrò nella sua ultima fase: il governo Britannico gli concedeva l’indipendenza a patto che il Partito del Congresso risolvesse le divergenze con la Lega Musulmana, infatti, dopo 3 anni l’India divenne indipendente, ma questa vittoria fu subito guastata dalla richiesta di secessione (separazione di parte di un territorio), da parte dei musulmani, che portò a scontri sanguinosi.

La divisione interna dell'India

Nel 1947, l’India fu divisa in due parti:

  1. L’Unione Indiana induista con a capo il ministro Pandit Nehru
  2. Il Pakistan musulmano (paese dei puri), formato da due regioni distanti tra loro 1700 Km, separate dal territorio Indiano.

La separazione dei due Stati portò a un esodo incrociato di indù e musulmani da una nazione all’altra, con spaventosi massacri.

Gandhi, lottò per riappacificare India e Pakistan, ma il 30 gennaio 1948 all’età di 78 anni,  fu ucciso da un fanatico indù con colpi di pistola, dopo aver combattuto per tutta la vita per un’ideale di nonviolenza e amore.

L’India ebbe un’evoluzione positiva, con una riforma agraria che dava latifondi ai contadini, una rapida industrializzazione e alcuni diritti civili, come l’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, parità tra i sessi, norme per frenare la poligamia.

Il Pakistan invece, cadde sotto violente dittature militari che ancora oggi ne impediscono lo sviluppo economico e democratico.

Dopo il 1945, i popoli colonizzati cominciarono la conquista dell’indipendenza, chiamata decolonizzazione. Gli elementi che contribuirono a dare ai popoli il diritto di far valere le proprie ragioni, furono:

  • la disfatta militare delle nazioni imperialiste nella II Guerra Mondiale (Giappone, Francia, Olanda, Belgio);
  • il fatto che la Gran Bretagna avesse vinto grazie all’URSS e agli Stati Uniti;
  • l’educazione occidentale delle élite locali, che mise indiani ed africani in scuole bianche dove erano, sì, sottoposti a una discriminazione psicologica pesante, ma potevano imparare sui libri nuovi concetti, come la libertà e l’uguaglianza di tutti gli uomini davanti alla legge.

Questo, più i problemi economici (le nazioni imperialiste sottraevano materie prime e pagavano la manodopera con salari miseri); e un’esplosione demografica che non consentiva di trovare un lavoro, li portò a ribellarsi, ma la debolezza dei loro Stati attirò le nazioni più ricche che fecero una nuova forma di oppressione, il neocolonialismo (sfruttamento economico e controllo politico indiretto).

Le più grandi potenze neocolonialiste non erano più le nazioni, ma le Multinazionali (società finanziarie, o industrie potentissime, con grandi capitali , che hanno ramificazioni in diverse parti del mondo e spesso il monopolio delle merci), che sfruttavano questi paesi economicamente.

L’Urbanesimo incontrollato e l’alto tasso di natalità sono ancora oggi un grave problema sociale. Inoltre periodicamente si riaccende la guerra tra Pakistan ed India, tra gruppi etnici o religiosi estremisti.

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