Gaio Giulio Cesare: opere e pensiero politico

Pensiero e opere di Gaio Giulio Cesare, politico spregiudicato, abile generale ed esperto oratore, autore di De bello Gallico, De bello civili e altre opere minori.
Gaio Giulio Cesare: opere e pensiero politico
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1Gaio Giulio Cesare

Cesare è uno dei personaggi più famosi dell’antichità e ha segnato l’immaginario collettivo: è stato un politico spregiudicato, un abile generale, un esperto oratore. Pieno di vizi e di virtù, chiacchierato, calunniato e omaggiato, discusso ma fondamentale per quel che riguarda il corso della storia romana e non solo. Il celebre ritratto di Svetonio sottolinea con garbo le luci e le ombre di questo grande personaggio che adesso andiamo a conoscere più da vicino.    

2Giulio Cesare: gli anni giovanili nel difficile scenario della guerra civile tra Mario e Silla

Giulio Cesare, 50 a.C.
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Gaio Giulio Cesare (Roma 100-44 a.C.) nacque il 13 luglio da una antichissima famiglia di origine patrizia, la gens Iulia, che vantava come antenato addirittura Iulo, figlio di Enea e, perciò, discendente anche di Venere. La sua famiglia era rimasta estranea dalla lotta per il potere e questo le aveva consentito di mantenere legami sia con il partito di Silla, sia con il partito di Mario

Seguiti gli studi di grammatica e retorica sotto il grammatico Antonio Gnifone e poi perfezionò i suoi studi in Grecia, precisamente a Rodi, alla scuola del retore Apollonio Molone. 

Il primo gesto di Cesare nella vita pubblica, fu l’opposizione al ripudio della moglie Cornelia, impostogli dal dittatore Silla. Fu per questo incluso nelle liste di proscrizione, e non ebbe altra soluzione che allontanarsi da Roma e aspettare che le acque si calmassero. 

Riparò in Asia nell'81, dove fece le sue prime esperienze militari. Tornò a Roma dopo la morte di Silla nel 78-77 a.C. 

3L'adesione ai populares, il cursus honorum, il primo triumvirato

Con l’adesione al partito dei populares, Cesare iniziò la sua scalata al potere. Si fece eleggere pontefice massimo nel 73, questore nel 68 a. C., curule nel 65. Aderì al cosiddetto partito democratico, i populares, divenendone in breve tempo uno dei capi, ma le sue mire puntavano al consolato, ancora lontano

Nel 62 ottenne la pretura e si arricchì come pro-pretore della Spagna nel 61, ricchezze che usò per acquistare ulteriore influenza a Roma. 

Al 60 a. C. risale il patto segreto con Pompeo e Crasso per spezzare qualunque opposizione da parte del Senato. Grazie all’influenza dei due potenti alleati, Cesare fu eletto console nel 59 e realizzò gli accordi stabiliti, ratificando le richieste di Pompeo al ritorno dalla campagna in Oriente e privilegiando gli affari di Crasso, senza incontrare resistenze. Per non fare la marionetta nella mani di Pompeo e Crasso, Cesare comprese – e la lezione di Mario, Silla e Pompeo era vivida – che occorreva conquistarsi un esercito fedele: il potere passava da lì.  

4Cesare e il proconsolato in Gallia

Gneo Pompeo Magno (106 a.C. - 48 a.C.)
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Si fece affidare per cinque anni il proconsolato dell'Illirico e della Gallia Cisalpina, a cui si aggiunse poi (con la Lex Vatinia) quello della Gallia Narbonense. Si preoccupò di lasciare il tribuno della plebe Publio Clodio a Roma per tenere sotto controllo il Senato e finalmente si recò in Gallia dove, dal 58 al 52 a.C., condusse con grande successo una serie di campagne militari con cui contribuì in modo decisivo all’espansione del territorio romano

Nel 56, a Lucca, venne rinnovato il patto segreto con Pompeo e Crasso ed ebbe così la proroga del proconsolato (56) per altri cinque anni. Rimase in Gallia fino al 50. 

Tuttavia la situazione cominciava a farsi molto difficile: a Roma gli anti-cesariani del Senato avevano richiamato dall'esilio Cicerone (57), campione dell’aristocrazia senatoria. Nel 53 Crasso era stato sconfitto e ucciso dai parti nella battaglia di Carre; e con l'uccisione di Publio Clodio nel 52 da parte di Milone, Cesare si trovò da solo opposto a Pompeo, nominato dal Senato per il 51 a. C. consule sine collega. Sarebbe stato lui l’estremo difensore della legalità repubblicana, contro il potere di Cesare di fatto monarchico fondato sulla forza dell’esercito. 

Dopo inutili tentativi di Cesare di ottenere il consolato, il 7 gennaio del 49 a. C. il Senato, con un Senatus consultum ultimum, lo dichiarò nemico pubblico

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5Giulio Cesare e la guerra civile contro Pompeo e il Senato e la dittatura

Assassino di Gneo Pompeo Magno
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Cesare comprese che non c’era altra strada se non la guerra civile, così si rifiutò di congedare l'esercito come impostogli dal Senato. Il Senato decretò lo stato di emergenza e affidò a Pompeo i pieni poteri. Impadronitosi facilmente dell'Italia, inseguì Pompeo in Oriente. 

Lo scontro decisivo avvenne a Farsalo in Tessaglia nell'agosto del 48, quando Cesare ebbe ragione dell'esercito senatorio di Pompeo, pur numericamente superiore. Pompeo, riparato in Egitto, fu ucciso da Tolomeo XIV. 

Cesare divenne padrone di Roma: a lui spettava l’ingrato compito di ricostruire una società lacerata da decenni di guerre civili. Varò una serie d'importanti riforme e, al contempo, non infierì contro gli ex avversari, verso cui usò la clementia, niente condanne e liste di proscrizione. Per evitare di dividere il potere, gestì di persona o indirettamente tutte le magistrature. 

Il Senato gli assegnò ripetutamente titoli e magistrature, ma era evidente che il potere di Cesare superava le cariche repubblicane, ormai insufficienti. Il cesarismo aveva mostrato il suo oscuro lato: la repubblica esisteva di nome, ma di fatto non c’era più. In uno degli episodi più discussi – e immortalati anche da ShakespeareMarco Antonio durante i Lupercali, danzando nudo, gli offrì per ben due volte la corona di re, ma Cesare, consapevole del significato politico di quella scelta, rifiutò. 

Questo tuttavia non impedì che il cumulo delle cariche e degli onori lo rese sempre più inviso all'oligarchia senatoria che, guidata da Marco Giunio Bruto e da Gaio Cassio, organizzò una congiura in seguito alla quale fu ucciso il 15 marzo del 44

6Le opere minori di Giulio Cesare

La morte di Cesare (15 marzo 44 a.C.). Dipinto di Vincenzo Camuccini  (1771-1844). Napoli, Museo Nazionale di Capodimonte
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Cesare fu un grande amante della letteratura e della grammatica. Ebbe come amici alcuni dei poetae novi quali Varrone Atacino, Furio Bibaculo e lo stesso Catullo che nei carmi 57 e 93 scherza e prende in giro Cesare senza, evidentemente, temere alcuna ritorsione.  

Da giovane Cesare aveva composto un poeta chiamato Laudes Herculis e una tragedia Oedipus. Augusto ne vietò la pubblicazione: forse non erano dei gran capolavori e temeva che nuocessero alla fame di Cesare e alla sua.  

Fu autore anche di un’opera grammaticale, il “De analogia”, dedicata a Cicerone. Cesare – uomo dalla mente lucida e razionale – era un analogista per quel che concerne la grammatica: ogni parola doveva essere al suo posto, tutto doveva essere soggetto a regole ben precise, la sintassi doveva essere regolare e limitato doveva essere l’uso dei neologismi. Persino nella grafia urgeva coerenza. 

Come oratore, fu ammirato (e non ci stupisce) per il suo vigore e per la sua chiarezza espressiva. Era un atticista, ma moderato. Di Cesare pare si conservassero anche dei detti memorabili e, del suo vasto epistolario, ci rimangono sei lettere conservate da Cicerone. 

7Il De bello Gallico: trama e analisi

L’opera di Cesare a tutti più nota è sicuramente il De bello Gallico, commentario diviso in sette libri narranti gli eventi compresi tra il 58 e il 52 a.C., quando Cesare sottometteva militarmente la Gallia

L’incipit di quest’opera è uno dei passi più celebri di tutti i versionari scolastici perché è un esempio limpido dello stile di Cesare, asciutto ed elegante, pragmatico potremmo dire, e di come l’interesse militare e quello per così dire geografico e antropologico si mescolino insieme: 

«Gallia est omnis divisa in partes tres, quarum unam incolunt Belgae, aliam Aquitani, tertiam qui ipsorum lingua Celtae, nostra Galli appellantur. Hi omnes lingua, institutis, legibus inter se differunt. Gallos ab Aquitanis Garumna flumen, a Belgis Matrona et Sequana dividit. Horum omnium fortissimi sunt Belgae, propterea quod a cultu atque humanitate provinciae longissime absunt, minimeque ad eos mercatores saepe commeant atque ea quae ad effeminandos animos pertinent important, proximique sunt Germanis, qui trans Rhenum incolunt, quibuscum continenter bellum gerunt» (De bello gallico, 1.1).  

Gli argomenti dei libri sono rispettivamente:

  • Libro primo: Descrizione geografica della Gallia; Guerra di Elvezia; Guerra contro Ariovisto e i Germani.
  • Libro secondo: Congiura dei Belgi e rispettiva guerra; Publio Licinio Crasso respinge le città dei Galli; Riappacificazione della Gallia.
  • Libro terzo: Guerra sulle Alpi; Guerra contro i Veneti; Guerra contro gli Unelli; Crasso in Aquitania.
  • Libro quarto: Guerra contro gli Usipeti e i Tencteri; Assalto contro i Germani; Prima spedizione in Britannia; Ribellione dei Morini e dei Menapi.
  • Libro quinto: Seconda spedizione in Britannia; Guerra contro Ambiorige; Ribellione dei Treviri.
  • Libro sesto: Il grande spostamento delle truppe galliche; spedizione contro gli Suebi; descrizione dei costumi, della cultura e delle tradizioni Galliche e Germaniche; guerra contro gli Eburoni.
  • Libro settimo: Vercingetorige si autoproclama capo degli Alverni; assedio ad Avarico; Vercingetorige e gli Edui attaccano i Romani; Battaglia di Alesia, cattura di Vercingetorige.

Nel De bello Gallico l’aspetto prevalente è quello militare: Cesare si sofferma spesso sulla strategia, sulla tecnologia utilizzata (ponti, navi e fortificazioni), sulla disposizione delle truppe in base al territorio; inoltre mostra un grande rispetto per il valore militare dei suoi e degli avversari. 

Ci sono episodi di immensa brutalità, con scene di massacri ed eccidi. Cesare non cerca giustificazioni morali, ma descrive solo le condizioni in cui tali fatti si resero necessari. 

8Il De bello civili: trama e analisi

Un’altra opera derivata dall’utilizzo dei commentarii era il De bello civili, suddivisa in tre libri che narrano gli eventi tra il 49 (libri I e II) e il 48 (libro III), fino alla morte di Pompeo.

  • Libro I. Inizia con la riunione del Senato in cui si decide (su pressione di Pompeo) di privare Cesare del comando delle legioni. Cesare scende con l’esercito in Italia, passa il Rubicone, marcia su Roma e i pompeiani fuggono in Grecia e Spagna.
  • Libro II. Prosegue il racconto della guerra: Cesare vince in Spagna e Pompeo organizza le sue difese in Africa.
  • Libro III. In questo libro è riportata la battaglia di Farsalo e sono descritte le azioni militari di Cesare in Egitto, fino all’uccisione di Pompeo.

Cesare non si lascia sfuggire gravi accuse verso la vecchia aristocrazia dirigente corrosa dalla corruzione e si descrive come difensore della legalità: lui è stato costretto alla guerra. Non avrebbe voluto affrontare una guerra civile e quindi tutta l’opera sembra una succinta apologia delle sue azioni e della sua legalità. Lo capiamo dal famoso passo De bello civili I.9. Cesare, da uomo pragmatico, sa che occorreva agire e che nessuna pacificazione era ormai possibile. 

Non manca il tono oggettivo e distaccato nella narrazione storico-politica, ma si notano in controluce delle forzature. Pur non essendoci mai falsificazioni evidenti, ci sono tuttavia delle omissioni importanti che rendono i commentarii cesariani molto parziali. In ambedue le opere Cesare mette in mostra le sue abilità politiche e militari e, con attenzione, non alimenta la sua figura di straordinarie qualità e autocompiacimento

9Lo stile di Cesare

La Gallia al tempo di Giulio Cesare
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Lo stile di Cesare non è tipico dei commentarii dal momento che non utilizza un linguaggio scarno ed esile, quasi una via di mezzo tra la semplice raccolta di materiali e la storiografia. La presenza di scene drammatiche, discorsi e digressioni ma soprattutto l’inimitabile stile cesariano – una storiografia pragmatica, piena di azione – volta a mettere in luce l’aspetto politico-militare delle vicende senza cedere mai allo psicologismo, al patetismo, alla tragedia, fanno di questi commentari un’opera storiografica di alto livello (lo dice persino Cicerone nel Brutus, 262).  

Nessun ruolo spetta al Fato o agli Dei, ma c’è semmai la fortuna e uomini che, dati alla mano, devono scegliere cosa fare nel poco tempo di cui dispongono. Lo stile è chiaro e diretto all’insegna della razionalità con uso moderato delle figure retoriche e un uso sempre appropriato dei vocaboli. Come detto, ogni sentimentalismo è qui bandito, creando così un effetto di spersonalizzazione e di oggettività. 

Per quanto riguarda l’uso dei tempi verbali Cesare utilizza il perfetto per lo sfondo narrativo e il presente storico per i brani di più intensa partecipazione drammatica

10Il pensiero politico di Cesare

Dipinto che raffigura una scena del trionfo di Giulio Cesare
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Il pensiero politico di Cesare è ricavabile in buona parte dalla sua stessa vita, dalle sue due opere e dalle audaci scelte che ha dovuto prendere in momenti drammatici per la sua carriera e per le sorti di Roma. Come tanti altri dittatori prima e dopo di lui, Cesare acccentrò gradualmente il potere nelle sue mani in modo tendenzialmente legale dopo essere partito dalle retrovie: ebbe pazienza, strategia, fortuna e riuscì a dimostrare, una volta e per tutte, che l’istituzione repubblicana a Roma era di fatto superata, cosa che già si era notata con le dittature di Mario e Silla. 

Cesare tuttavia aprì di fatto la strada per l’Impero nella comune, moderna accezione, e fu sospettato – anche per la vicinanza a Cleopatra – di mirare a un regno assolutistico come nelle monarchie orientali. Questo gli fu fatale perché le sacche di resistenza repubblicane erano ancora molto forti. Ottaviano, suo erede, comprese che il nuovo doveva essere mascherato da antico: dietro la parola restaurazione

Cleopatra e Cesare
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Cesare, come abbiamo visto, era un aristocratico, di nobile famiglia, ma scelse di seguire i populares. Occorre una riflessione. Cesare si iscrive al nuovo che avanza, ma le nuove classi sociali minacciano il potere e le prerogative degli optimates e in una società conservatrice come quella romana, tiranneggiata dalla sua più antica istituzione, il Senato, ciò costituisce un campanello d’allarme. 

Per fronteggiare l’aristocrazia senatoria, Cesare scelse di agire su tre fronti in modo perlopiù contestuale: con la legalità, attraverso le stesse istituzioni (fu pontefice massimo, curule, pretore, console); con l’illegalità, attraverso alleanze segrete come il famoso primo triumvirato; con l’esercito, che aveva il duplice compito di garanzia del proprio potere, di proteggerlo da attentati e di tenere sotto scacco il Senato stesso (strumento quindi personale e non statale). 

La carica che più di tutte permise a Cesare di diventare Cesare fu il proconsolato della Gallia e questo aspetto è da sottolineare. Perché? Cosa potevano e non potevano fare i proconsoli? Di fatto questi godevano di immunità giudiziaria, disponevano di un esercito, erano abbastanza lontani dal controllo del Senato e potevano arricchirsi e quindi premiare l’esercito che si legava sempre più a loro. Nel proconsolato, quindi, era il germe del potere personale, in una zona grigia delle istituzioni. Anche la guerra civile contro Pompeo, non è che in fondo l’ultimo atto della lotta alla concezione tradizionale del potere a Roma, incarnata dal Senato ormai corrotto. 

Cesare si propone come garante della legalità nel paradosso di doverla forzare per difenderla: lui si schiera contro un’intera classe sociale, quella senatoria, che ha paralizzato lo Stato. Cesare si ritiene protettore dello Stato: quello che non era riuscito a fare Catilina con la sua famosa congiura lo realizza lui. Nei commentarii sulla guerra civile le istanze apologetiche e propagandistiche sono molto invasive che nel De bello Gallico: Cesare deve rendere conto all'opinione pubblica di aver tentato fino all'ultimo ogni sforzo possibile per evitare un trauma come la guerra tra concittadini. Per questo si presenta come scrupoloso osservatore della legalità: rivendicando il carattere legittimo e regolare delle sue richieste al senato, egli contesta gli abusi commessi dai suoi avversari per impedirgli con cavilli giuridici di candidarsi al consolato. 

Alla morte di Cesare, suo figlio adottivo Ottaviano rivendicherà l’eredità, che voleva dire anche amicizie politiche e militari. Chi nel tempo ha pensato che Cesare e Ottaviano siano due figure divergenti forse si allontana dal vero: senza l’eredità di Cesare, senza la sua visione di uno Stato concentrato velatamente nelle mani di un singolo non ci sarebbe stato Ottaviano e neanche l’impero.  

    Domande & Risposte
  • Cosa ha scritto Giulio Cesare?

    Il poema Laudes Herculis, la tragedia Oedipus, De analogia (opera grammaticale), De bello Gallico e De bello civili.

  • Cosa racconta Cesare nel De bello Gallico?

    Gli eventi compresi tra il 58 e il 52 a.C., quando Cesare sottometteva militarmente la Gallia.

  • Cosa racconta Cesare nel De bello civili?

    Gli eventi storici tra il 49 (libri I e II) e il 48 (libro III), fino alla morte di Pompeo.