La Francia nel XIX secolo: dalla Restaurazione del 1815 alla Comune di Parigi del 1871
Indice
1Introduzione alla Francia del 1800
Tra le nazioni protagoniste della storia europea nel corso del XIX secolo, la Francia merita sicuramente un posto di primo piano soprattutto per essere stata la “culla” di gran parte delle idee politiche moderne, come il principio di autodeterminazione e quello di nazionalità, la separazione dei poteri, l’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e l’affermazione di importanti libertà individuali come quelle di stampa e associazione.
Tutte idee che affondano direttamente le radici nella Rivoluzione Francese, l’evento cardine destinato a cambiare il profilo sociale e storico del Vecchio Continente: in questo senso la storia della Francia durante l’Ottocento, una storia di rivoluzioni riuscite e mancate e di grande instabilità politica, può essere letta come “l’onda lunga” del principale evento avvenuto nel 1789, e delle conseguenze che questo ha causato non solo nella stessa Francia, ma in tutta Europa, durante il secolo successivo.
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2Dalla Restaurazione alla “Monarchia di luglio” (1815-1831)
Con la sconfitta subita da Napoleone a Waterloo nel 1815, si chiudeva la lunga serie di guerre che avevano opposto la Francia rivoluzionaria alle altre potenze continentali. Durante il Congresso di Vienna, il consesso incaricato di ridisegnare la politica europea, le potenze vincitrici (tra cui Inghilterra, Austria, Russia e Prussia) si accordarono per restaurare il sistema politico e sociale precedente la Rivoluzione.
In Francia tornò quindi al potere, dopo il grande sconvolgimento rivoluzionario, la dinastia reale dei Borbone, spodestata nel 1792, intenzionata nuovamente a rendere il paese uno dei pilastri del sistema conservatore europeo.
L’obiettivo primario del Congresso era anzitutto quello di cancellare le conseguenze politiche e sociali della Rivoluzione, impedendo il ripetersi di un simile evento; certamente questo tentativo si scontrava con la realtà di un paese, la Francia, fortemente segnato dall’esperienza rivoluzionaria.
Anche per questo con il ritorno di Luigi XVIII la Restaurazione in Francia assunse un carattere “morbido” e il paese transalpino fu tra i pochi in Europa a mantenere, nonostante le limitazioni, un sistema costituzionale, che prevedeva l’esistenza del parlamento e il rispetto di libertà individuali come quelle di stampa e associazione.
Un simile clima, a cavallo tra restaurazione e liberalismo, non poteva che suscitare lotte tra fazioni e malcontenti: da un lato i "legittimisti” - anche noti come “ultras” - ritenevano che la Francia andasse riportata interamente al clima dell’antico regime e dovessero essere restaurati i propri privilegi, dall’altra parte era presente uno schieramento più moderato e costituzionalista, mentre erano attivi gruppi di opposizione a sinistra legati allo spirito più propriamente rivoluzionario, talvolta organizzati in gruppi clandestini decisi a mobilitare il popolo e rovesciare la monarchia.
Nel 1824 l’ascesa al trono del conservatore Carlo X sembrò segnare un punto a favore delle componenti “legittimiste”: Il nuovo re non aveva mai tollerato lo spirito liberale e le aperture costituzionali. Lo scontro divenne aperto nel luglio del 1831, quando leggi a favore del clero e dell'aristocrazia vennero respinte dal parlamento.
A quel punto il re arrivò a progettare un colpo di Stato, emanando ordinanze restrittive delle libertà costituzionali: fu però il popolo parigino, con un atto tipicamente rivoluzionario, a fermare i piani del monarca, scendendo in piazza e scontrandosi per 3 giorni, dal 27 al 29 luglio, con le truppe regie.
Il 29 luglio il parlamento dichiarava decaduta definitivamente la dinastia borbonica, e nominava Luigi Filippo d’Orleans nuovo reggente del regno. La “monarchia di luglio” adottava nuovamente il tricolore francese come bandiera, accettando il principio della sovranità popolare e ponendosi fuori dall’ordine della Restaurazione.
A dominarla internamente furono soprattutto le componenti borghesi moderate, preoccupate a loro volta che l’insurrezione popolare potesse sfociare in nuove forme rivoluzionarie più radicali; a prendere le redini del nuovo governo fu infatti il banchiere dell’alta borghesia Jacques Laffitte.
3Dalla “Seconda Repubblica” all’elezione di Luigi Bonaparte (1831-1848)
Negli anni successivi il regime Orleanista dovette però confrontarsi con le spinte, sempre più forti, ad una rivoluzione dal carattere sociale più marcato, che superasse il suffragio per censo ed estendesse le libertà democratiche a tutta la popolazione. Sul fronte dell’opposizione i gruppi socialisti e repubblicani, organizzati in varie associazioni, continuavano a proporre agitazioni e tentativi insurrezionali.
Per aggirare le restrizioni, le opposizioni agivano attraverso la “campagna dei banchetti”, ovvero riunioni pubbliche in cui i leader potevano mantenere contatto con i propri seguaci e portare la protesta nelle piazze.
Il 22 febbraio 1848 una di queste riunioni venne però vietata dal nuovo primo ministro Guizot, sempre più indirizzato verso una politica moderata. La scintilla accese nuovamente la miccia della rivoluzione: il popolo di Parigi si mobilitò nelle piazze contro un regime ormai divenuto impopolare, rovesciandolo anche grazie alla solidarietà della Guardia Nazionale, che in teoria avrebbe dovuto reprimere la rivolta.
Dopo tre giorni di duri scontri, la monarchia Orleanista venne dichiarata decaduta e sostituita dalla nuova “Seconda Repubblica”: era il preludio delle rivoluzioni che avrebbero interessato, nello stesso anno, gran parte dell’Europa.
Il governo provvisorio, nominato dopo l’insurrezione, vedeva al suo interno i maggiori capi dell’opposizione, oltre ad una novità di rilievo: per la prima volta nella storia trovavano posto due leader, Blanc e Albert, legati al socialismo, le cui teorie stavano avendo In Europa una importante diffusione.
Le prime riforme proposte dal nuovo esecutivo furono l’abolizione delle restrizioni alla libertà di stampa e riunione, oltre ad una prima forma di legislazione sul lavoro, che ne sanciva il diritto per ogni cittadino da realizzarsi attraverso lavori di pubblica utilità. Inoltre il diritto di voto venne allargato a tutti i cittadini maschi, indipendentemente dal loro reddito.
Tuttavia la presenza dei socialisti nel governo fu di breve durata: nell’aprile 1848 le nuove elezioni a suffragio universale sancirono, anche nella nuova Repubblica, una prevalenza delle componenti moderate, a discapito tanto dei socialisti che dei nostalgici della monarchia.
Esclusi Blanc e Albert dal governo, il popolo parigino era di nuovo pronto a scendere in piazza per evitare una soppressione dei diritti acquisti: così accadde il 23 giugno, quando a Parigi sfilarono 50.000 persone. Questa volta la Guardia Nazionale non aiutò però gli insorti, reprimendo duramente la manifestazione di protesta con una dura lotta tra le barricate della capitale.
Il significato delle tragiche giornate del giugno 1848 riguardò non solo la Francia, ma tutto il resto d’Europa, dove nel frattempo le rivoluzioni avevano preso piede in maniera analoga al caso francese. La rivolta dei lavoratori parigini aveva preoccupato gran parte delle componenti borghesi, preoccupate di nuove possibili rivendicazioni sociali e sommovimenti rivoluzionari. Il blocco conservatore francese si schierò a quel punto per l’elezione alla presidenza della Repubblica di Luigi Napoleone Bonaparte, in grado di rassicurare le anime moderate e di attrarre, tramite il prestigio del suo nome, le simpatie dei rivoluzionari.
4Dal “Secondo Impero” alla Comune di Parigi (1851-1871)
Con l’elezione del futuro Napoleone III, si chiudeva la fase democratica della “Seconda Repubblica”: l’ambizione di Bonaparte andava ben oltre un semplice ruolo di garante dell’ordine conservatore, e nel clima di debolezza della nuova Repubblica approfittò facilmente della situazione per imporre il suo potere personale.
Tra il 1851 e il 1852 attraverso un colpo di Stato ed una serie di plebisciti, si attribuì il potere di redigere la nuova costituzione, con cui si stabiliva una durata del mandato presidenziale di 10 anni. La resistenza delle componenti popolari rispetto ad un progetto così autoritario fu stroncata, e la Repubblica cessò di esistere dopo appena 4 anni.
Al suo posto venne proclamato il “Secondo Impero”, nome che rievocava la continuità con il periodo napoleonico, al vertice del quale Napoleone III si era garantito il diritto di trasmettere il titolo ai propri eredi. Nell’Europa di metà ‘800 la Francia continuò ad essere un caso anomalo, diverso dai regimi parlamentari e dalle monarchie tradizionali. Il principio della sovranità popolare, espresso tramite il ricorso ai plebisciti, nascondeva in realtà un sistema centrato sulla forza delle armi. A sostenere attivamente il governo dell’imperatore era anche la borghesia francese e il mondo degli affari, che vissero un’ “età dell’oro” durante il Secondo Impero.
Giunto al potere grazie all’aiuto dei militari, la politica estera di Napoleone III era improntata anche ad una forte aggressività verso l’esterno, inaugurando un periodo di contrasti con le altre potenze nel tentativo di incrinare gli equilibri della Restaurazione. Il primo banco di prova fu la Guerra di Crimea del 1853, che vide la Francia opporsi al desiderio di espansione russo; in seguito l’alleanza con il Piemonte nelle vicende del Risorgimento vide la Francia schierarsi contro l’Austria. Lo scontro destinato ad essere fatale al Secondo Impero e alle ambizioni di Napoleone III fu però quello contro la Prussia, una giovane potenza europea guidata da uno spregiudicato e astuto cancelliere: Otto Von Bismarck.
Nell’estate del 1870 la Francia rimaneva infatti l’ultimo ostacolo per i prussiani al compiersi dell’unificazione tedesca: lo scontro tra le due potenze si consumò a Sedan, con il risultato di una disastrosa sconfitta per i francesi. Con la caduta di Napoleone III, catturato dal nemico, la Francia precipitava nel caos politico, e le rivendicazioni rivoluzionarie potevano trovare nuovo spazio.
Il nuovo governo provvisorio, guidato da Adolphe Thiers, aveva allacciato trattative con i prussiani, ma alla notizia delle dure condizioni imposte alla Francia il popolo parigino prese nuovamente le armi, occupando la capitale.
Fra il marzo e il maggio del 1871, per circa due mesi, Parigi fu quindi teatro di un esperimento rivoluzionario di tipo socialista, diretto da un gruppo di forze di sinistra che andavano dai democratici agli anarchici. La democrazia diretta praticata nella capitale e alcune innovative riforme sociali (come l’uguaglianza di retribuzione tra operai e impiegati) suscitarono l’entusiasmo dei rivoluzionari europei.
Tuttavia l’esperimento non poté spingersi più là, e lo scontro con il governo provvisorio era destinato ad interrompere dopo pochissimo tempo, con una dura repressione, le ambizioni dei comunardi.
Repressa nel sangue la Comune, la Francia vide la nascita di una nuova Repubblica, la “Terza”, che nonostante una naturale conflittualità politica riuscirà a mantenersi in vita fino al 1940, anno in cui la Francia verrà invasa dalle truppe naziste. Parte delle aspirazioni rivoluzionarie troveranno in questa fase espressione in un sistema democratico, basato sulla centralità del parlamento e sull’equilibrio dei poteri.
Con l’inizio della Terza Repubblica, si chiudeva il lungo periodo di instabilità politica che aveva caratterizzato la Francia dalla fine della Rivoluzione Francese.