Filippo Brunelleschi e la prospettiva: studio della costruzione prospettica e breve biografia dell'artista del Rinascimento
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FILIPPO BRUNELLESCHI

Filippo Brunelleschi è stato uno scultore, architetto e ingegnere famoso per la cupola di Santa Maria del Fiore, ed è uno dei più importanti artisti del Rinascimento Italiano. Figlio di un notaio, svolse il suo apprendistato di artista in una bottega di orafo, prima di mettersi in luce con il concorso per la seconda porta bronzea del battistero di Firenze; la sua formella col Sacrificio di Isacco fu giudicata ex aequo con quella vincitrice del Ghiberti, al cui sereno classicismo si contrappongono la tensione drammatica e il vibrante plasticismo dell'opera brunelleschiana.
BRUNELLESCHI E LA PROSPETTIVA
Con il termine prospettiva si indica quella costruzione geometrica elaborata nel Quattrocento, in ambiente fiorentino, atta a rappresentare oggetti tridimensionali su un piano bidimensionale. Essa si fonda sulle leggi elementari dell'ottica, e in particolare sul fatto che gli oggetti distanti sembrano più piccoli e meno definiti rispetto a quelli vicini. La prospettiva lineare di matrice quattrocentesca traduce graficamente l'effetto di riduzione scalare degli oggetti determinato dalla distanza. L'inventore del metodo della corretta costruzione prospettica fu Brunelleschi, che lo esemplificò in due tavolette prospettiche (perdute, ma descritte dalle fonti) rappresentanti l'una il Battistero, visto dalla porta del duomo, e l'altra la piazza della Signoria. Il metodo brunelleschiano di riduzione prospettica con punto di fuga unico, la cosiddetta "costruzione legittima", fu codificato dall'Alberti nel suo trattato De Pictura (1435, non a caso dedicato a Brunelleschi) divenendo un elemento fondamentale delle esperienze figurative dell'umanesimo fiorentino. Nella teoria prospettica rinascimentale confluivano da un lato i risultati della scienza ottico-fisiologica medievale e gli stimoli del pensiero matematico contemporaneo, e dall'altro l'esperienza empirica di formule e rappresentazioni spaziali trasmessa dalla pratica delle botteghe pittoriche del Duecento e del Trecento; in effetti già Giotto e il suo maestro Cimabue avevano elaborato tecniche pittoriche atte a dare una vaga impressione di tridimensionalità.
Viene a questo punto da chiedersi quanto l’invenzione delle tecniche prospettiche abbia influito sull’attività più prettamente artistica del Brunelleschi. Se sicuramente Brunelleschi fu l’uomo con cui si realizzò l’intellettualizzazione degli artisti e grazie a cui l’architetto passò dall’essere un semplice capo cantiere ad essere un esperto che agiva prevalentemente in fase di progetto, egli non riunì a tal punto ambito teorico e ambito pratico da ispirare tutta la sua arte alla prospettiva, anche perché ciò non avrebbe avuto semplicemente senso. Come sarebbe infatti possibile impostare un’architettura “prospettica”, se per definizione tale tecnica grafica è dedicata a superfici bidimensionali e al contrario l’architettura non può che lavorare a tre dimensioni? Nonostante questa ovvia considerazione, Brunelleschi architetto rimase nettamente legato, come è normale, alle sue scoperte geometriche, che lo condizionarono prevalentemente in due ambiti.
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