Filippo Brunelleschi: vita e caratteristiche delle opere
Indice
- Filippo Brunelleschi e l’Umanesimo nell’Arte
- Brunelleschi e il concorso del Battistero di Firenze
- Il Sacrificio di Isacco di Brunelleschi: descrizione e significato
- Filippo Brunelleschi e Roma
- Filippo Brunelleschi e il concorso per la cupola di Santa Maria del Fiore
- Brunelleschi e l’attività a Firenze
- Spedale degli Innocenti: descrizione e significato
- Brunelleschi e la scoperta della prospettiva
- Concetti chiave
1Filippo Brunelleschi e l’Umanesimo nell’Arte
Filippo Brunelleschi ha saputo incarnare, come pochi altri artisti, l’essenza dell’Umanesimo rinascimentale, sapendo conciliare lo studio dell’antico con la ricerca artistica più avanzata e padroneggiando con sicurezza tutte le tecniche ed elevando il ruolo dell’artista da abile esecutore ad intellettuale. Orafo, scultore, pittore e prospettico, architetto e appassionato archeologo Brunelleschi è l’uomo che spalanca per le arti figurative le porte dell’età moderna.
1.1Brunelleschi: vita
Brunelleschi nasce a Firenze nel 1377, figlio del notaio ser Brunellesco Lippi, sin da giovanissimo è formato alle lettere e alle scienze matematiche in cui si mostra molto versato. Ben presto esplode però la passione del disegno e il padre, a malincuore, accetta di sostenere il suo apprendistato di orafo.
La formazione è veloce perché nel giro di poco tempo Filippo Brunelleschi supera in abilità il suo maestro, padroneggia la tecnica dell’incastonatura delle pietre così come il niello e il cesello, e dall’oreficeria alla fusione il passo è breve e a vent’anni è già un maestro affermato tanto da realizzare un altare in argento per la Cattedrale di San Jacopo a Pistoia. A Firenze la concorrenza è spietata ma il giovane Brunelleschi ha presto la sua occasione.
2Brunelleschi e il concorso del Battistero di Firenze
Racconta Vasari che dai tempi di Andrea Pisano non si metteva più mano al Battistero di Firenze. Nessuno scultore aveva saputo realizzare i battenti bronzei della seconda porta dopo quelli fusi all’inizio del Trecento. Ora però i tempi erano maturi, una nuova generazione di artisti si affacciava sulla scena toscana e portava un vento carico di talento e di novità. L’Arte di Calimala si assume l’onere e l’onore di finanziare il nuovo progetto e di invitare i più bravi scultori a concorrere tra loro per aggiudicarsi il prestigioso lavoro.
Sempre Vasari ci racconta che tra i partecipanti furono “Filippo e Donato, Lorenzo Ghiberti, Iacopo della Fonte, Simone da Colle, Francesco di Valdambrina e Niccolò d’Arezzo”. Ognuno di loro si cimenta con la storia del sacrificio di Isacco e subito appare chiaro che la gara è tutta tra Brunelleschi, il giovane, la rivelazione, e Ghiberti, lo scultore già affermato, solido rappresentante della tradizione tardo gotica.
I consoli faticano non poco a designare il vincitore. Alla fine la scelta ricade sul Ghiberti, artista d’esperienza, garante della buona riuscita dell’impresa. A Brunelleschi viene offerto di collaborare con il più maturo maestro Lorenzo ma egli rifiuta “avendo animo di volere essere più tosto primo in una sola arte, che pari o secondo in quell’opera”. Già è evidente l’ambizione del giovane che si è messo in evidenza per la sua perizia tecnica e la sua innovativa energia espressiva ma che non vuole dividere la gloria con nessuno.
Com’è noto Ghiberti realizzerà la splendida seconda porta bronzea del Battistero mentre Filippo lascerà Firenze per andare a Roma con l’amico Donatello dove trascorrerà un periodo fecondo di studi e di totale immersione nell’antichità, dove condurrà la sua appassionata ricerca filologica sui principi dell’architettura antica, dove scoprirà e riscoprirà le ragioni matematiche e geometriche della prospettiva, dove in altre parole maturerà pienamente il concetto di “Rinascita”, propulsore della grande stagione del Quattrocento fiorentino.
3Il Sacrificio di Isacco di Brunelleschi: descrizione e significato
Le due formelle bronzee, realizzate da Brunelleschi e Ghiberti per il concorso del 1401, oggi conservate al Museo del Bargello, costituiscono uno dei confronti più importanti e suggestivi della Storia dell’Arte di tutti i tempi. Segnano il punto di non ritorno, il tramonto del Medio Evo e l’alba sul nuovo orizzonte dell’Età Moderna.
Il soggetto biblico è ben noto: al Patriarca Abramo, che ha sancito l’alleanza con Dio e a cui lo stesso Dio ha promesso una terra e una discendenza numerosa come le stelle del cielo, viene richiesta una prova di cieca obbedienza. L’anziano patriarca deve sacrificare Isacco, suo amatissimo e unico figlio legittimo, sul monte Moria, ma mentre sta per compiere il gesto estremo l’angelo arriva a fermarlo.
La scena ideata da Ghiberti è divisa in due parti nel senso longitudinale. In primo piano a sinistra due servitori attendono a breve distanza, parlano tra loro e forse si interrogano su cosa sta accadendo, uno è di spalle, l’altro in posizione frontale, tra loro fa capolino l’asino, superbo esempio di resa naturalistica. I due personaggi sono rivestiti da eleganti panneggi e le loro capigliature arricciate sono cesellate con estrema finezza.
A destra, separata da un costone roccioso, si svolge la scena dell’imminente sacrificio: Abramo, barbuto e anch’esso panneggiato, è modellato in un elegante anchement, il braccio destro è sollevato ad affettare il pugnale. Isacco invece è nudo, il suo corpo è robusto, con la muscolatura in tensione, si trova in ginocchio su un’ara scolpita con girali vegetali (simili a quelle dell’Ara Pacis), non sembra spaventato, anzi pare offrire il petto al sacrificio.
In alto, sopra le teste dei protagonisti, appare l’angelo in volo, che con un gesto della mano e con la voce, richiama l’attenzione di Abramo, per interromperne il sacrificio. La scena è sempre stata, giustamente, descritta come esempio di perfetto equilibrio compositivo, perizia tecnica e raffinatezza nella resa dei dettagli. Si tratta senz’altro del vetrice più alto raggiunto dalla tradizione tardo gotica.
Brunelleschi sceglie all’opposto una suddivisione con andamento orizzontale, l’unica che, nello spazio ristretto della formella, consente una scansione in profondità degli elementi compositivi, che suggerisce cioè una visione prospettica.
In basso troviamo gli stessi motivi dell’asino e dei due servitori. L’animale si trova in posizione centrale e occupa la maggior parte della scena, si sta abbeverando in un corso d’acqua mentre i due uomini sono raffigurati in posizioni estremamente complesse, dato che indica un accurato studio anatomico. Il ragazzo a sinistra è impegnato nel togliersi una spina dal piede, sulla scorta del celebre modello ellenistico dello spinario, quello a destra, anch’esso seduto e piegato in avanti, è intento a pulirsi i calzari. I tre protagonisti della parte bassa della composizione sono quindi intenti in operazioni umili, banali e sono del tutto ignari di quanto sta accadendo nel registro superiore, la loro totale indifferenza accentua ancora di più il dramma che si sta consumando sopra le loro teste.
Isacco, molto più piccolo e esile, è inginocchiato sull’ara, il braccio forte del padre lo afferra alla gola e lo costringe ad una dolorosa torsione, il pugnale non è distante, a mezz’aria come nella scena di Ghiberti ma sta già affondando nella carne del giovane, spinto dall’intera figura del patriarca che letteralmente si getta contro di lui.
L’angelo arriva, in alto a sinistra, ma per scongiurare il peggio non è sufficiente un cenno, non basta chiamare da lontano, deve afferrare il braccio di Abramo con altrettanta forza, deve respingerlo con altrettanta energia. Immediatamente al di sotto dell’angelo, il capro che sarà sacrificato al posto di Isacco, muove la testa in modo inquieto.
La scena di Brunelleschi è più movimentata, forse più caotica, rispetto a quella di Ghiberti. Il dramma che la pervade, l’impatto emotivo che genera nell’osservatore ci rendono però evidenti una nuova potenza espressiva, un nuovo linguaggio, lo stesso che sapranno parlare Donatello e Masaccio e dopo di loro i grandi protagonisti del Rinascimento italiano.
4Filippo Brunelleschi e Roma
Lo scarto dell’arte brunelleschiana nei confronti della tradizione trecentesca subisce una ulteriore accelerazione con il trasferimento a Roma. Il soggiorno dura circa cinque anni e Filippo Brunelleschi si dedica anima e corpo allo studio dell’antico e in cui si manifesta più che mai il suo interesse per l’architettura “tra tutte le arti la più necessaria all’utilità degli uomini”.
Tutto vede, tutto misura, tutto disegna, dalle piante dei grandi edifici alle semplici cornici, dai monumenti imponenti ai singoli capitelli, in tutto cerca la regola, la proporzione, il principio che lega tra loro i singoli elementi. Sono anche gli anni in cui approfondisce la conoscenza di Vitruvio, in cui elabora soluzioni tecniche per la costruzione di macchine da cantiere, in cui riscopre i principi matematici della prospettiva centrale e in cui comincia a mettere a fuoco l’impresa di una vita: la cupola del Duomo di Firenze.
Tornato a casa Brunelleschi si dedica ancora per qualche anno alla scultura affrontando anche la lavorazione della pietra, l’intaglio del legno e le grandi dimensioni. Ne è un superbo esempio il Crocifisso ligneo di Santa Maria Novella, realizzato intorno al 1410, in cui traduce nel sacro i principi proporzionali dell’uomo vitruviano. Stupisce i suoi concittadini con i sorprendenti scorci prospettici della città che realizza su tavolette e superfici a specchio e insegna questa tecnica ai giovani pittori che vogliono apprenderla… ma dal 1417 tutta la sua attenzione è catalizzata sul quel vuoto che la sua città ancora non è riuscito a colmare.
5Filippo Brunelleschi e il concorso per la cupola di Santa Maria del Fiore
L’Opera del Duomo lancia un concorso di idee, diciassette gli architetti chiamati a trovare una soluzione. La sfida non è soltanto quella di progettare una cupola immensa ma di trovare le soluzioni tecniche adeguate e soprattutto di contenere la spesa, il costo delle armature e delle centine rischia infatti di superare quello delle murature. Era stato lo stesso Brunelleschi a suggerire di consultare architetti toscani, francesi e tedeschi ma al solo scopo di rendere ancora più grande la sua impresa, di dare risalto alla sua genialità.
Brunelleschi propone una soluzione innovativa: una doppia calotta autoportante costituita cioè da due cupole, l’una dentro l’altra con un camminamento tra le due e un cantiere fisso con ponteggi istallati all’altezza del tamburo anziché innalzati dal suolo. Accorgimenti che consentivano un notevole risparmio sul materiale e rendevano sicura la permanenza degli operai a quaranta metri d’altezza.
A Brunelleschi , inizialmente preso per pazzo dai consoli dell’Arte della Lana che finanziava l’impresa, l’opera viene affidata nel 1420. Lo affianca Ghiberti ma a tutti è chiaro che solo a lui si devono il progetto e l’esecuzione della più grande opera architettonica mai condotta dai tempi dell’impero romano. I lavori proseguono per oltre vent’anni e alla morte di Brunelleschi, nel 1446, alla cupola manca ancora la lanterna per la quale il maestro lascia però un modello e precise indicazioni esecutive.
5.1Brunelleschi, un architetto moderno
Filippo Brunelleschi diede il via alla figura dell'architetto moderno. Infatti, oltre ad essere coinvolto nei processi tecnico-operativi, diventa anche protagonista della fase progettuale. L’architettura del Brunelleschi si caratterizzò per la realizzazione di opere monumentali costruite partendo dal modulo (una misura di grandezza che viene ripetuta più volte in maniera da dare proporzioni equilibrate agli edifici) a numeri interi espressi in braccia fiorentine, da cui derivano multipli e sottomultipli per ricavare le proporzioni di un intero edificio. Brunelleschi riprese gli ordini architettonici classici e l'uso dell'arco a tutto sesto, fondamentali per la razionalizzazione geometrico-matematica delle piante e degli alzati. La purezza e il rigore delle forme furono altri capisaldi dell’architettura di Brunelleschi così come l’utilizzo della grigia pietra serena che risaltava sull’intonaco delle pareti.
6Brunelleschi e l’attività a Firenze
L’impegno nella fabbrica del Duomo non impedisce a Brunelleschi di lasciare la sua impronta anche nel resto della città. Santa Maria del Fiore, pur con la nuova cupola era pur sempre un edificio medievale, la nuova sfida è portare a Firenze l’antico imparato a Roma.
I progetti di ristrutturazione per le chiese di San Lorenzo e di Santo Spirito realizzati negli anni venti si basano su strutture di forte impronta classica: lo spazio interno è scandito in navate sul modello delle basiliche paleocristiane, file di colonne con eleganti capitelli corinzi sorreggono archi a tutto sesto.
Il soffitto cassettonato della navata centrale si interrompe in prossimità dell’incrocio dei bracci della croce, su cui si innesta la cupola a spicchi. La visione prospettica sottolinea l’andamento in direzione dell’altare. A differenza delle chiese romaniche e gotiche queste sono strutture contenute, bilanciate, non esageratamente slanciate in altezza. Brunelleschi, pur nelle grandi dimensioni, crea uno spazio armonico, equilibrato a misura d’uomo. I principi dell’umanesimo prendono in questi spazi una forma concreta, non sono pensati tanto per esaltare il divino quanto per calarlo nella dimensione umana.
Equilibrio, proporzione e armonie geometriche guidano la progettazione di Brunelleschi anche quando deve cimentarsi con piccoli spazi. Nella Sacrestia Vecchia di San Lorenzo, progettata nel terzo decennio, elabora una soluzione semplice e geniale al tempo stesso: sulla pianta perfettamente quadrata si innesta una cupola sorretta da pennacchi e suddivisa in dodici spicchi, lo stesso schema è ripetuto in dimensioni più piccole nel sacello dell’altare, i due elementi sono uniti mediante l’elemento dei pilastri angolari e della cornice marcapiano che li percorre senza soluzione di continuità.
L’idea è ripresa negli anni quaranta nella Cappella de’ Pazzi, in cui l’elemento dello spazio cubico sormontato da una cupola è ripreso anche nel piccolo elegante portico antistante.
Nel curriculum di Brunelleschi non mancano gli edifici civili, il più celebre dei quali assume un vero e proprio valore urbanistico, determinando l’assetto di un’intera piazza e dando forma tangibile all’idea antica e moderna di bello e utile.
7Spedale degli Innocenti: descrizione e significato
La Firenze del Quattrocento, ricca, creativa e turbolenta, non dimentica le emergenze sociali. L’Arte della Seta, commissiona a Brunelleschi, l’artista più colto e all’avanguardia della città, la progettazione di un orfanotrofio (un po’ come se oggi Renzo Piano fosse chiamato a disegnare una casa famiglia che accoglie ragazzi in situazione di disagio). Si affronta un problema impellente, anche scabroso, senza negarlo, senza relegarlo ai margini della città e della società. L’infanzia abbandonata e il suo edificio vengono al contrario perfettamente integrati, accolti e una criticità diventa punto di forza.
La costruzione di Brunelleschi, iniziata nel 1419, praticamente in contemporanea con la cupola del Duomo, prevede un porticato rettilineo che si affaccia sulla piazza della Santissima Annunziata e che da accesso ad un cortile quadrato intorno a cui si dispongono gli edifici che ospitano i dormitori, la sala comune, la chiesa, la scuola e i laboratori.
La facciata, lunga circa settanta metri è scandita da nove volte a vela, retta da altrettanti archi a tutto sesto su colonne corinzie. Non è un elemento di separazione ma al contrario, con il suo leggero e luminoso porticato mette in relazione gli spazi dell’ospedale con il resto della città. Ancora oggi la struttura ospita asili, scuole e opere di assistenza all’infanzia.
8Brunelleschi e la scoperta della prospettiva
Già nel XIV secolo gli artisti sono alla ricerca di un sistema rigoroso per rappresentare lo spazio, ma il raggiungimento di un primo risultato scientificamente accettabile si ottiene con Brunelleschi che, sfruttando la sua formazione come orafo, mette a frutto lo studio dei procedimenti ottici e realizza nel 1413 una tavoletta prospettica.
La tavoletta quadrata di 30 cm per lato riporta minuziosamente il dipinto del battistero (ma rovesciato da destra a sinistra), con un foro svasato al centro; l’osservatore reggendo uno specchio con una mano e tenendo nell'altra la tavola poteva ammirare la perfetta corrispondenza della realtà e della rappresentazione, grazie all’utilizzo di un preciso punto di vista.
Grazie a lui nasce la prospettiva lineare, raggiunta secondo il Vasari con lo studio incrociato della pianta e del prospetto di un edificio.
-
Domande & Risposte
-
Chi è stato Filippo Brunelleschi?
Architetto, orafo, ingegnere e scultore del Rinascimento italiano.
-
In quale epoca è vissuto Brunelleschi?
Rinascimento.
-
Quali sono le opere più famose realizzate da Filippo Brunelleschi?
Altare argenteo di San Jacopo a Pistoia, Sacrificio di Isacco, Crocifisso ligneo di Santa Maria Novella, Cupola di Santa Maria del Fiore, Spedale degli Innocenti, Sagrestia Vecchia nella Basilica di San Lorenzo di Firenze, Cappella Pazzi a Firenze.