Le figure mitologiche nell'Inferno di Dante Alighieri

Quali sono le principali figure mitologiche che Dante e Virgilio incontrano nel loro viaggio nell'Inferno? Eccole tutte, canto per canto

Le figure mitologiche nell'Inferno di Dante Alighieri
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Inferno di Dante

Nell'Inferno di Dante compaiono moltissime figure mitologiche
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Già nel primo canto, Dante incontra uno dei numerosi Esecutori Del Volere Divino, figure che in alcuni casi aiuteranno il proseguimento del viaggio del poeta e che sono poste a guardia dei vari cerchi infernali, e precisamente il più importante di tutti: Virgilio, il maestro che guiderà Dante attraverso l’Inferno e il Purgatorio fino alle porte del Paradiso, accompagnandolo nel viaggio voluto da Dio.

Nel III canto i due si imbattono in Caronte, il primo delle varie figure mitologiche classiche collocate dal poeta nell’Inferno come guardiani dei vari cerchi e trasformati in esseri demoniaci. Figlio di Erebo e di Notte, è il traghettatore delle anime nell’Aldilà: vecchio nocchiero canuto, dagli occhi di fuoco e le guance pelose, Caronte minaccia le anime dei dannati e acquietato da Virgilio, che gli dice che il viaggio di Dante è voluto da Dio, fa salire i due poeti e li trasporta al di là del fiume.

Minosse e Cerbero

Nel V canto i due incontrano Minosse, mitico re di Creta, figlio di Zeus ed Europa, giudice severo e capace legislatore che qui è un giudice orribile e ringhioso, ma anche goffo ed irriverente; ha il compito di giudicare le anime e di condannarle, arrotolando la coda attorno al suo corpo un numero di volte pari a quello d’ordine del cerchio cui un’anima è destinata. Anche Minosse ammonisce Dante dicendogli di non fidarsi di nessuno, neanche di Virgilio. A queste parole Virgilio risponde come aveva in precedenza risposto a Caronte.

Nel VI canto i due poeti incontrano Cerbero, figlio di Echidna e Tifeo, custode del terzo cerchio, quello dei golosi, in quanto ritenuto il simbolo dell’ingordigia. È un cane a tre (o più) teste, antropomorfo, bestia crudele e mostruosa, che latra continuamente, ha occhi rossi, barba unta e nera, ventre largo e mani unghiate con cui dilania i dannati. Quando Cerbero scorge i due, apre le bocche, mostrando i denti e tremando per tutto il corpo dal desiderio di divorare; ma Virgilio, preso del fango a piene mani, lo getta dentro le avide gole e il mostro si acquieta, lasciando passare i due poeti.

Pluto e Flegiàs

All’inizio del VII canto Dante e Virgilio si imbattono in Pluto, figlio di Iasione e Demetra, dio della ricchezza e per questo a guardia del IV cerchio dove sono puniti gli avari e i prodighi, o, seguendo altre fonti, potrebbe trattarsi di Plutone, figlio di saturno e fratello di Giove, re dell’Averno, che Cicerone identifica con Dite per lo stesso significato del nome sia in greco che in latino (ricco). Alla vista dei poeti Pluto, gonfio di rabbia, esce in una frase minacciosa e oscura: “Pape Satàn, Pape Satàn Aleppe!”. Virgilio, rassicurato Dante, si rivolge al demonio con parole simili a quelle usate per Caronte e Minosse, al che Pluto cade a terra, fiaccato.

Poi, all’inizio del VIII canto, appare ai due poeti, sulle luride acque della palude, una barca, velocissima come una saetta, guidata da un solo nocchiero, che avanza gridando parole minacciose: costui è Flegiàs, figlio di Marte e Crise che incendiò il tempio di Apollo a Delfi, irato contro il dio che gli aveva sedotto la figlia e per questo simbolo dell’ira violenta e quindi custode del V cerchio, che, disingannato da Virgilio sul fatto che i due poeti fossero anime dannate assegnate al suo controllo, carica i due e li trasporta al di là dalla palude.

Le Furie

Nel IX canto i poeti incontrano le tre Furie, che nell’antica mitologia rappresentavano i rimorsi in quanto, figlie di Acheronte e di Notte, tormentavano coloro che avevano commesso delitti di sangue, in cima ad una torre arroventata, che gridano invocando l’avvento di Medusa per impaurire il visitatore vivo e si graffiano il petto: sono Megera a sinistra, Aletto a destra e al centro Tesifone. Virgilio ordina allora a Dante di chiudere gli occhi perché se le guardasse sarebbe vano sperare nel ritorno e lo aiuta a tenere gli occhi chiusi con le proprie mani. Sempre in questo canto, seppur non appartenente all’Inferno, incontriamo un altro Esecutore Del Volere Divino, un messo celeste che apre la porta di Dite e rimprovera i diavoli che l’avevano chiusa e non volevano far passare i poeti perché il loro viaggio è voluto da Dio e non ci si può opporre al volere divino.

Il Minotauro e i Centauri

All’inizio del XII canto Dante e Virgilio si imbattono in un’altra mostruosa figura, distesa sulle rocce che, all’apparire dei due viaggiatori, s’infuria mordendosi: il Minotauro, “l’infamia di Creti”, nato da Pasifae, la moglie del re di Creta Minosse, e da un toro di cui si era innamorata, che qui è atto a rappresentare la violenza. Le parole sarcastiche di Virgilio lo fanno ancora più imbestialire, e mentre quello saltella goffamente i due poeti continuano il loro cammino. Più avanti, sempre nello stesso canto, quando giungono alle rive del Flegetonte, il fiume di sangue bollente in cui sono immersi i violenti contro il prossimo, Dante e Virgilio trovano i Centauri, esseri mezzi cavalli e mezzi umani che nella mitologia erano rappresentati come violenti e rapaci, che corrono armati di saette e alla vista dei due poeti si fermano, incoccando le frecce mentre uno di loro, Nesso, ordina loro di fermarsi: Virgilio dice di voler dare spiegazioni a Chirone, centauro maestro di Achille rappresentato nella mitologia come un saggio educatore, medico, astronomo e musico, diverso per umanità da tutti gli altri centauri, e indica a Dante Nesso, Folo e Chirone. È proprio quest’ultimo che nota che sotto ai piedi di Dante i sassi si muovono, e Virgilio gli spiega che il suo discepolo è vivo e il viaggio che compie è voluto da Dio; a questo punto poi chiede un centauro che porti Dante sulla groppa per attraversare il fiume: Nesso è il prescelto che, mentre attraversa il fiume, indica al poeta toscano alcuni violenti immersi nel sangue bollente del Flegetonte.

Le Malebranche e Anteo

Un altro Esecutore Del Volere Divino lo troviamo nel XVII canto, il demonio Gerione, che rappresenta la frode e per questo è custode del VIII cerchio dei fraudolenti: con il volto umano, il corpo di serpente, tutto cosparso di nodi e rotelle, con due branche pelose e la coda armata di una forbice velenosa. Il mostro fa salire i due poeti sulle spalle e planando li porta sul fondo del baratro dove si trova il VIII cerchio.

Nel XXI canto incontriamo le Malebranche, un gruppo di diavoli che puniscono i dannati della quinta bolgia, che poi si offrono di accompagnare i due poeti lungo l’argine dove potranno trovare un ponte illeso, mentre quello sulla sesta bolgia è crollato. Cosi proseguono il cammino accompagnati dai diavoli, ma quando questi si mettono a litigare perché si sono fatti ingannare da un dannato, Dante e Virgilio li lasciano indietro andando avanti da soli. Più tardi, Virgilio scoprirà l’inganno dei diavoli venendo a sapere che non era rimasto illeso nessun ponte.

Infine, nel XXXI canto non troviamo propriamente un Esecutore Del Volere Divino, ma comunque vi è una figura che aiuterà il proseguimento del viaggio di Dante: è il gigante Anteo che, senza dir parola, afferra i due poeti e li deposita sul fondo del pozzo, tornando poi alla sua eterna immobilità.

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