Tappe dell'espansione di Roma: riassunto
Riassunto delle tappe dell'espansione di Roma: Guerre puniche, conquiste e trasformazioni sociali tra il II e I secolo a.C.
Indice
L'espansione di Roma
Nel 396 a.C. la città di Roma conquistò la città di Veio, avendo la meglio sugli Etruschi. Sorse subito un problema: come ricompensare tutti i combattenti che si sono impegnati in guerra? Il senato decise che i soldati avrebbero dovuto avereuna ricompensa per il loro lavoro chiamata stipendio (da stips, cioè moneta, e pèndere, cioè pagare), che si ricavava dalle tasse che ognuno versava allo Stato in base alla ricchezza.
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Successivamente la civiltà romana sconfisse altri popoli:
- nel 390 a.C. i Galli
- tra il V e IV secolo a.C., Etruschi, Volsci ed Equi, alleati in un’alleanza antiromana
Roma ebbe, quindi, la supremazia sul Lazio. Successivamente sconfissero anche Taranto, conquistando il vasto territorio della Magna Grecia.
I Romani a questo punto si posero immediatamente un dubbio: continuare la conquista dei territori oppure fermarsi? Alla fine decisero di continuare l’espansione territoriale.
Organizzazione dei territori conquistati
Nell’organizzazione dei territori conquistati Roma si comportò in modo astuto: le popolazioni conquistate non furono mai schiave, ma furono incluse fra i socii di Roma (cioè gli alleati): venivano riconosciuti loro tutti i diritti, eccetto il diritto di voto, che ottenevano solo in caso di totale fedeltà.
In cambio pagavano i tributi e offrivano guerrieri. Nacque così uno Stato realizzato attraverso le fodera (cioè trattati): nasce uno stato federale. Le città vennero chiamate municipi (mùnera càpere, cioè assumere degli obblighi).
Roma e Cartagine
Cartagine è stata una colonia fenicia, fondata da Tiro nell’814 a.C.: il suo nome, KartHadasch, significa Città nuova. Si trova al centro del Mediterraneo, sulla costa dell’Africa a sud del fiume Bagradas (oggi Megreda, in Tunisia).
Era retta da un’aristocrazia di commercianti e di generali. Il suo esercito era formato da soldati mercenari, e venne fornito di elefanti da guerra, che avevano una funzione simile agli attuali carri armati.
Cartagine aveva due porti:
- Da guerra, di forma circolare, poteva contenere fino a duecento triremi o quinqueremi (navi formate da tre o da cinque ordini di rematori)
- Da commercio, di forma rettangolare, ricco di battelli da carico e da merci.
La prima guerra punica (264-241 a.C.)
Nel 264 a.C. scoppiò il primo scontro tra le due città. La Sicilia a quel tempo era abitata da soldati mercenari di origine campana, i Mamertini (uomini di Mamers, cioè di Marte), in lotta con Siracusa e che, per resistere, si allearono con i cartaginesi. Ben presto si accorsero che erano alleati scomodi, quindi chiesero aiuto ai Romani. Roma allora dichiarò guerra a Cartagine.
Dal 264 al 256 a.C. Roma portò a termine molte vittorie in Sicilia e riuscì a respingere Cartagine all’estremo ovest siciliano. I Romani, successivamente, si misurarono con Cartagine in una guerra navale nella battaglia di Milazzo del 260 a.C.. Il loro segreto nella vittoria stava nell’installazione nelle navi dei corvi, ovvero ponti levatoi, i quali servivano ad agganciare la nave nemica, trasformando così la guerra navale in una guerra terrestre.
Nel 256 a.C. il console Attilio Regolo, il quale comandava l’esercito, decise di sbarcare in Africa allo scopo di chiudere la guerra. Qui le cose non vanno bene: Roma subisce una forte sconfitta, la quale si aggrava con la sconfitta navale nel 249 a.C.. Nel 241 a.C. Roma, nella battaglia delle isole Egadi, sconfisse Cartagine, la quale dovette chiedere la pace. Essa comprendeva:
- Cessione della Sicilia e delle isole poste tra essa e l’Africa, le quali avrebbero formato la prima provincia romana;
- Proibizione di navigare con quinqueremi nei mari italiani;
- Pagamento in indennità di dieci anni di guerra (3200 talenti d’argento = lire 18 milioni)
Tra la prima e la seconda guerra punica (venti anni circa) Roma approfittò della situazione, occupando Sardegna e Corsica, terre che formarono la seconda provincia romana; invase la pianura padana, conquistandola e trasformandola in un’unica provincia, la Gallia Cisalpina.
I cartaginesi, invece, conquistarono la Spagna.
La seconda guerra punica (219-201 a.C.)
I progressi compiuti da Cartagine non sfuggirono a Roma, la quale si preoccupò molto. Nel 219 a.C. il generale Annibale, della potente famiglia dei Barca, si impadronì di Sagunto, città alleata di Roma, la quale, quindi, decise di dichiarare guerra.
Il generale cartaginese nell’estate del 218 a.C. superò i Pirenei, il Rodano e le Alpi arrivando, quindi, in pianura padana. I Romani vennero sconfitti due volte, ma in seguito, guidati dal console Flaminio, tentarono di fermare Annibale, ma vennero sconfitti di nuovo sul lago Trasimeno: lo stesso console venne ucciso in battaglia.
Annibale proseguì la sua avanzata verso la Puglia e, successivamente, in Campania, ma i Romani nominarono un dittatore, Fabio Massimo, detto il Temporeggiatore. Nel 216 a.C. un console romano sfidò Annibale a Canne sulle rive dell’Ofanto. I Romani ebbero un’ulteriore sconfitta.
Roma prepara nuove unità militari, arruolando anche gli schiavi. Dalla Spagna, intanto, arrivò con rinforzi anche il fratello di Annibale, Asdrubale: nella guerra del Metauro nel 207 a.C. venne sconfitto dai Romani.
I Romani nominarono un nuovo generale, Publio Cornelio Scipione, il quale conquistò la Spagna e, seguendo l’idea del generale Regolo, Roma cercò di provocare la guerra in Africa, proprio sotto le mura della città. Cartagine richiamò in patria Annibale.
Nel 202 a.C. a Zama, a ovest di Cartagine, i Cartaginesi vennero sconfitti. Cartagine chiese, quindi, la pace, ma a dure condizioni:
- Consegna di tutte le navi da guerra (eccetto dieci);
- Cessione di tutti i possessi cartaginesi fuori dall’Africa;
- Impegno a non fare mai una guerra, senza l’autorizzazione romana;
- Pagamento di un’indennità di guerra, da pagare in cinquant’anni;
- Riconoscere il regno di Numidia a Massinissa, alleato dei Romani.
La terza guerra punica (149-146 a.C.)
I Cartaginesi, nonostante la grave sconfitta subita, si risollevarono rapidamente. Annibale fuggì in Oriente.
A Roma un uomo politico, Catone, detto il Censore, insistette che fosse necessario distruggere Cartagine (censeo Carthaginem esse delendam). Roma cercò un pretesto per attaccare la città: l’alleato romano, Massinissa, provocò i Cartaginesi.
Roma impose delle condizioni umilianti, quindi Cartagine decise di combattere: resistette agli attacchi di Scipione Emiliano, ma, nel 146 a.C., la città di Cartagine venne conquistata, data alle fiamme e distrutta.
Le trasformazioni sociali tra il II e il I sec. a.C.
Con le conquiste in Oriente, Roma entrò in contatto con la cultura e la filosofia greca, che influenzarono enormemente la cultura romana, provocando un profondo cambiamento della società.
I Patrizi erano contrari alla cultura greca: fecero fatica ad adeguarsi ai nuovi cambiamenti. Il circolo degli Scipioni esaminò l’integrazione fra le due culture, affermando che solo la cultura può dare solidità ad un impero così vasto.
Cambiamenti sociali
Intanto avvennero dei cambiamenti sociali: le guerre puniche avevano tenuto occupati i piccoli proprietari terrieri, i quali, una volta tornati dalle guerre, avrebbero ritrovato i terreni non coltivati e, quindi, sarebbero stati costretti a venderli.
I bottini di guerra e i tributi imposti ai territori conquistati erano diventati la ricchezza dei cavalieri (investivano nei commerci e nell’industria, ma non sempre correttamente). Iniziò la corruzione.
Nei latifondi vennero impiegati un grande numero di schiavi, facendo nascere così un vero e proprio mercato di esseri umani, soprattutto in Sicilia, e l’aristocrazia divene proprietaria, quindi, di immensi latifondi.
Gli alleati italici, i socii, avevano partecipato alla guerra, apportando il loro contributo. Roma non li ammise alla distribuzione delle terre, ma imponeva loro pesanti tributi senza riconoscere loro il diritto di voto. I magistrati abusarono del loro potere.
I Gracchi
Entrarono in scena i Gracchi, due tribuni della plebe il cui scopo era proporre una riforma agraria per riformare la distribuzione delle terre fra i cittadini e, quindi, ricostituire la piccola proprietà contadina.
- Tiberio (eletto nel 133 a.C.). Riformò una vecchia legge: nessuno poteva possedere più di 500 iugeri (125 ettari) di terreno pubblico. Chi aveva più di un figlio poteva ottenere più di 1000 iugeri (250 ettari).
- Caio (eletto nel 123 a.C.). Le principali azioni: 1. ammise i cavalieri a far parte dei tribunali incaricati di giudicare i governatori delle province 2. costruì nuove strade 3. fondò colonie nelle province 4. ripropose la riforma agraria di suo fratello.
La guerra civile
Il potere tornò nelle mani dei patrizi (gli optimates), ai quali si opponevano i populares (cavalieri, plebei e italici). Nel 107 a.C. i cavalieri e i populares riuscirono a far eleggere console Caio Mario:
- L’esercito diventò professionale;
- Il servizio militare venne aperto ai proletari.
In contrapposizione a Mario c’era Silla, rappresentante degli optimates.
La classe senatoria continuò ad ignorare le richieste dei socii italici: il riconoscimento dei diritti di cittadinanza. Scoppiò così una guerra sociale (91-89 a.C.): i socii riuscirono ad ottenere la cittadinanza romana.
Il Senato voleva che Silla fosse capo dell’esercito, mentre i populares volevano Mario. Scoppiò una guerra civile. Nell’88 a.C. Silla entrò a Roma e partì per l’Oriente. Mario fu costretto a fuggire; l’anno seguente Mario approfittò dell’assenza di Silla e saccheggiò la città per cinque giorni.
Nell’86 a.C. Mario morì e Silla tornò dall’Oriente. La guerra civile continuò, ma i populares vennero sconfitti.
Silla si nominò dittatore a tempo indeterminato e creò le cosiddette liste di proscrizione in cui venivano segnati tutti gli oppositori al suo regime e che dovevano essere repressi con la violenza e a cui dovevano venir confiscati tutti i beni.
Silla, inoltre, decise che i plebei non potessero più affrontare il cursus honorum per poter diventare consoli.