Eschilo e il teatro greco: biografia, stile, temi
Storia e caratteristiche del teatro greco e delle tragedie di Eschilo. Vita, stile e temi dell'Orestìade, la sua trilogia
ESCHILO E LA TRAGEDIA
La tragedia greca si ritiene sia nata ad Atene nel VI secolo a.C. e se ne attribuisce la paternità al poeta Tespi che - in occasione delle feste in onore del dio Dioniso - avrebbe rappresentato il primo dramma.
LE CARATTERISTICHE DEL TEATRO GRECO
La produzione teatrale della Grecia classica – di cui Eschilo è uno dei massimi esponente - è molto diversa da quella moderna, come la intendiamo noi: diversa nei contenuti, nello stile, nell’allestimento scenico ma anche nella tipologia di persone a cui è rivolta. L’opera teatrale moderna, infatti, è una manifestazione artistico-letteraria destinata a un pubblico di intenditori e appassionati che, oggi, non sono molti.
Questi confini, invece, non esistevano nel teatro greco che, al contrario, interessa e coinvolge l’intera popolazione nei suoi aspetti religiosi, etici, sociali.
Il teatro nella Grecia antica, insomma - sia nel dramma che nella commedia - era un evento “politico” perché riguardava tutti, non solto una ristretta élite di appassionati. Una rappresentazione era una “questione di Stato”: era infatti questo (la Polis) che si assumeva l’onere e i costi della messa in scena, sempre lo Stato che promuoveva concorsi fra i vari autori e che dava persino un indennizzo ai cittadini per la giornata lavorativa persa nell'assistere ad una rappresentazione. E questo perché l’opera teatrale greca era concepita in funzione educativa: lo stesso Aristotele ne parla come di una catarsi, una purificazione dalle passioni e dai mali. Un evento di carattere sacro e religioso; ed è a questi suoi aspetti che si deve la presenza della musica, della danza, del coro, sempre intesi come parte di un evento sacro.
ESCHILO
Eschilo viene considerato il primo dei poeti tragici dell’antica Grecia, il più grande e l’unico di cui ci sono arrivate opere complete.
Eschilo nacque a Eleusi nel 525 a.C. e vinse per 28 volte il concorso per tragedie che si teneva ad Atene. Soggiornò più volte in Sicilia e questo ci dice molto dell'attrattiva culturale che le corti di Siracusa e Agrigento esercitarono per circa mezzo millennio sugli uomini di cultura del tempo. Morì a Gela nel 456 dopo una vita dedicata alla creazione di tragedie che ancora oggi vengono studiate e rappresentate, considerate vere e proprie rappresentazioni degli aspetti più reconditi dell'animo umano, soggetto alle forze del destino e della giustizia divina.
Eschilo è stato un autore decisamente fecondo: ha scritto circa novanta tragedie di cui purtroppo ce ne restano solo sette complete. Questo però basta a trasmettere l’originale impronta che diede alla sua produzione: il raggruppamento di opere in trilogie, un espediente nuovo per l’epoca e tutto suo, grazie al quale tre lavori si presentano intrecciati e concatenati fra loro per contenuti e concezione, per non limitare narrazione e analisi psicologica alle contingenti vicende di un singolo personaggio, ma di espandere la ricerca allo scenario di una intera famiglia o addirittura di una generazione.
Lo sguardo sagace di Eschilo, profondo conoscitore dell’animo umano, lo spinge verso una concezione ereditaria della colpa e alla ineluttabile ereditarietà della punizione divina, per cui la sua opera non può limitarsi al breve momento di una singola vicenda umana.
La sua trilogia è detta Orestìade ed è composta dalle tragedie Agamènnone, Le Coèfore e Le Eumènidi.
E’ in questa trilogia che si basa la sua concezione del teatro classico ed è qui che si raggiunge il livello più alto della poesia drammaturgica. Tre drammi che coinvolgono e travolgono in una sequenza di rappresentazioni che sono a sé stanti ma anche collegate tra loro, dove i personaggi sono concatenati e fatalmente protesi verso l’orlo di un baratro.
In questa trilogia Eschilo compie un profondo lavoro psicologico: qui i personaggi non vengono resi meschini a causa delle proprie colpe; nonostante queste, i personaggi appaiono sempre grandi e solenni in modo particolare quando, pur macchiate dal crimine, sono toccate dalla maestà della morte.