L'emigrazione europea verso gli Stati Uniti
Indice
1Gli europei negli Stati Uniti
Gli Stati Uniti furono terra di approdo per milioni di europei in particolare dal XIX secolo. Le grandi concentrazioni urbane della costa nord orientale con le loro industrie e attività commerciali, le grandi aziende agricole degli Stati del Sud, la disponibilità di terre da dissodare e coltivare nelle zone occidentali furono per gli europei un potente richiamo.
Gli Stati Uniti conobbero a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento un notevole incremento demografico: dai 23 milioni di abitanti alla metà dell’Ottocento, gli Stati Uniti passarono ad averne ben 97 nel 1914. L’aumento della popolazione era connesso a una molteplicità di fattori legati sia all’espansione della società nordamericana, sia alla mole di arrivi di individui dall’Europa.
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È stato infatti calcolato che tra il 1821 e il 1924 circa 50 milioni di cittadini europei si trasferirono negli Stati Uniti. Nel periodo tra il 1870 e l’inizio del Novecento a emigrare furono ventuno milioni di cittadini europei. Ogni anno, fra il 1845 e il 1875, 300mila europei emigravano negli Stati Uniti; all’inizio del Novecento si arrivò a un milione di europei che annualmente lasciavano il loro continente di origine per approdare negli Stati Uniti.
Le differenti nazioni europee non furono coinvolte da questo fenomeno in maniera omogenea. Si possono individuare alcune fasi che vedono cittadini di alcune nazioni emigrare in misura maggiore rispetto ad altre.
Dagli anni Venti dell’Ottocento fino al 1870/1880 emigrarono negli Stati Uniti soprattutto tedeschi, inglesi, scozzesi e scandinavi.
Un caso specifico è rappresentato dall’Irlanda, piegata da una grande carestia tra il 1845 e il 1849. Oltre a un incremento demografico registrato negli anni precedenti e a una situazione economica particolarmente complessa, alla metà degli anni Quaranta dell’Ottocento, la patata, l’ortaggio alla base dell’alimentazione della popolazione, venne colpita da una malattia che ne ridusse drasticamente la produzione. L’Irlanda visse così anni tragici e la popolazione ne uscì decimata, sia per il numero di morti per fame – circa un milione – sia per il numero di persone che decisero di emigrare. Tra gli anni Quaranta e Cinquanta dell’Ottocento, gli irlandesi emigrarono in massa negli Stati Uniti e vennero impiegati prevalentemente nell’industria e come manodopera nella costruzione delle ferrovie che collegavano le sponde oceaniche degli Stati Uniti.
Dagli ultimi decenni dell’Ottocento fino alla Prima Guerra Mondiale si registrò una emigrazione di massa di persone provenienti dall’Europa orientale e meridionale. Soprattutto polacchi, italiani del Sud della Penisola, ebrei che partivano dall’impero zarista per sfuggire ai pogrom e alla violenza antisemita, ma anche greci e spagnoli si riversarono negli Stati Uniti.
Queste aree erano state infatti colpite in misura maggiore rispetto al resto del continente dalla profonda crisi economica che tra il 1873 e il 1896 investì tutti i settori dell’economia e principalmente quello agricolo. L’aumento della concorrenza e la sovrapproduzione di prodotti agricoli portò a un loro crollo dei prezzi, in particolare dei cereali. I Paesi europei che non furono in grado di ammodernare le tecniche agricole e di reagire con efficacia alle trasformazioni del mercato vissero un periodo di grande povertà alla quale risposero con una emigrazione massiccia. Ecco perché proprio dall’area mediterranea e orientale dell’Europa, le regioni che più furono colpite dalla crisi, la popolazione partì in massa alla volta degli Stati Uniti.
Con la Prima Guerra Mondiale, il numero delle partenze si ridusse drasticamente. L’industria europea aveva infatti bisogno di manodopera da destinare alla produzione di armi e di guerra; al contempo, con la chiamata alle armi, milioni di giovani furono arruolati in Europa e mandati a combattere e a morire nel corso del conflitto.
La contrazione del numero di europei che giungevano sulle coste dell’America del Nord continuò nei decenni seguenti, a causa anche della legislazione introdotta dagli Stati Uniti per controllare, limitare e selezionare gli individui che arrivavano sulle sue coste. Dopo il secondo conflitto mondiale, l’emigrazione verso gli Stati Uniti riprese, ma non in modo considerevole come era accaduto nei decenni precedenti.
2La legislazione degli Stati Uniti
Le persone provenienti dall’Europa furono una risorsa formidabile per la crescita economica di tutti gli Stati Uniti. I migranti infatti erano indispensabili allo sviluppo del Paese e costituivano un bacino pressoché inesauribile di manodopera a basso costo. Alla fine dell’Ottocento le migrazioni erano incentivate e l’ingresso negli Stati Uniti era sostanzialmente libero, fatta eccezione per i criminali e i malati di mente. Nel 1862 venne emanata una legge che concedeva appezzamenti di terreno a un prezzo molto basso in cambio dell’impegno a coltivare la terra ottenuta e a richiedere la cittadinanza statunitense.
Tuttavia, nel corso dei decenni vennero introdotte una serie di normative volte a controllare i flussi delle persone in arrivo. Tra i provvedimenti legislativi principali si possono ricordare:
- il Literacy Act del 1917 vietava l’ingresso negli Stati Uniti a coloro che non fossero stati in grado di dimostrare di saper leggere e scrivere nella loro madrelingua;
- durante gli anni Venti, vennero emanate alcune disposizioni volte a privilegiare l’arrivo di persone dal Nord Europa piuttosto che dalle aree meridionali e orientali. Forme di razzismo, teorie basate sul darwinismo sociale, pregiudizi spinsero quindi a emanare, nel 1921, l’Emergency Quota Act. In base a questo provvedimento, poteva immigrare negli Stati Uniti da un determinato Paese europeo un numero di persone che non fosse superiore al 3% del totale dei connazionali già residenti negli Stati Uniti al censimento del 1910. Tanto più numerosa era la comunità nazionale già presente negli Stati Uniti, tanto maggiore era il numero di connazionali che, dal 1921, poteva fare il suo ingresso nel Nuovo Continente. In questo modo venne limitato l’ingresso di individui dell’Europa Meridionale e Orientale, poiché da qui le partenze erano iniziate in tempi successivi e non avevano ancora raggiunto l’ampiezza di quelle che avevano avuto luogo nei Paesi del Nord Europa, della Germania e della Gran Bretagna.
- Nel 1924 le quote che regolamentavano gli accessi vennero ulteriormente ridotte.
- Nel 1965 con l’Immigration and Nationality Act il sistema delle quote venne abolito e la possibilità di immigrare negli Stati Uniti fu connessa non al Paese d’origine, ma al titolo di studio posseduto, alla professione svolta – per privilegiare dunque l’immigrazione di persone qualificate – e alla presenza di famigliari negli Stati Uniti ai quali ricongiungersi.
2.1Italiani negli Usa
Molti italiani che raggiunsero l’America prima dell’ Unita' d’Italia si riunirono secondo distinzioni regionali. Secondo lo United States Census Bureau, il censimento ufficiale del 2000 rivela che quasi 16 milioni di persone, ovvero il 5,6% di quelle residenti negli Stati Uniti, hanno dichiarato di avere ascendenze italiane, rappresentando così il sesto gruppo etnico della nazione. Nel censimento del 2010 tale numero risulta aumentato a circa 17.250.000 ma secondo associazioni culturali italo-americane autorevoli, gli statunitensi che possiedono una qualche discendenza italiana nella loro famiglia sono stimati in circa 25-30 milioni di persone. Di queste, gli iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero (AIRE) sono oltre 200.000, per l'esattezza 223.429 stando all'ultima rilevazione fatta alla fine dell'anno 2012. A fine 2020 la cifra era di 313.450.
3Il caso degli italiani negli Stati Uniti
Tra il 1861 e il 1985 sono emigrati dall’Italia 30 milioni di individui, di cui 14 nel periodo compreso tra il 1876 e il 1915. Verso gli Stati Uniti emigrarono, tra gli anni Ottanta dell’Ottocento e la Prima Guerra mondiale, circa 5 milioni di italiani, soprattutto originari delle regioni meridionali.
Il viaggio avveniva su battelli e navi a vapore e dopo un paio di settimane gli emigrati arrivavano sulla costa atlantica degli Stati Uniti, nei pressi della città di New York.
Non appena sbarcati, la prima tappa era Ellis Island. Su questa isola fu in funzione tra il 1891 e il 1954 un centro di raccolta e controllo dei migranti. Qui tutti gli immigrati venivano sottoposti a controlli in merito alla loro identità, alla professione svolta, alla disponibilità di denaro. Gli immigrati subivano anche accurati controlli medici finalizzati all’accertamento del loro stato di salute fisico e mentale. Coloro che erano giudicati non adeguati dovevano fare ritorno al loro Paese d’origine.
Tra gli italiani emigrati, una percentuale consistente era rappresentata da uomini giovani e partiti soli. L’obiettivo era trasferirsi per un determinato periodo, trovare lavoro e guadagnare una certa quota di denaro, per poi tornare in Italia. Se ad emigrare erano invece intere famiglie, esse miravano a un trasferimento a lungo termine.
Gli italiani si stabilirono in prevalenza nelle aree nord orientali (Stato di New York, New Jersey, Pennsylvania, Massachusetts, Connecticut), ma anche in Ohio, California, Missouri, Louisiana, Illinois. Tra le città nelle quali sorsero consistenti comunità di italiani vi furono:
- New York
- Chicago
- Philadelphia
- Boston
Tendenzialmente, gli italiani si trasferirono nelle città e venivano impiegati come manovali e operai nel settore industriale e dell’edilizia. Nelle grandi città spesso gli italiani vivevano nei medesimi quartieri che presero il nome di Little Italy.
3.1Il razzismo contro gli italiani
Negli Stati Uniti il razzismo contro gli italiani era molto diffuso. Sui giornali o nei dibattiti politici gli italiani venivano sovente descritti come individui inferiori, non in grado di integrarsi, inclini alla delinquenza. Numerose erano le vignette che li ritraevano come loschi figuri, violenti, sporchi, piccoli e scuri di carnagione, dediti al malaffare.
Il razzismo si manifestò nella sua forma violenta in numerosi casi, uno dei più tragici occorse nel 1891 a New Orleans. L’anno precedente era stato ucciso un Sovraintendente della polizia della città. Indagata la comunità italiana, la polizia arrestò nel 1891 undici italiani, ma al processo la maggior parte di essi fu assolta. La popolazione, convinta che l’assoluzione fosse frutto di un processo farsa, assaltò allora il carcere della città e compì un massacro: undici italiani, la maggior parte dei quali siciliani, vennero linciati.
Un altro episodio drammatico e tristemente noto anche al giorno d’oggi riguardò due giovani operai italiani e anarchici, Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti. Nel 1920 vennero accusati di aver ucciso due uomini e condannati per questo alla sedia elettrica nel 1921. La sentenza di morte era l’esito di un processo politico indifferente alle numerose prove che scagionavano Sacco e Vanzetti dalle accuse. Essi vennero uccisi il 23 agosto 1927, nel carcere di Boston. Solo nel 1977 venne riconosciuta ufficialmente la loro piena innocenza.
3.2Ascolta il Podcast sull'emigrazione italiana verso gli U.S.A.
Ascolta su Spreaker.3.3Guarda il video: cos'è l'immigrazione
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Domande & Risposte
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Quali sono le cause dell'emigrazione italiana?
La povertà, la disoccupazione, i problemi politici interni, la criminalità organizzata e la sovrappopolazione, soprattutto nell’Italia meridionale.
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Dove erano diretti gli emigranti italiani?
Gli italiani si stabilirono in prevalenza nelle aree nord orientali (Stato di New York, New Jersey, Pennsylvania, Massachusetts e Connecticut), ma anche in Ohio, California, Missouri, Louisiana e Illinois.
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Quanti europei sono emigrati negli Stati Uniti tra il 1820 ed il 1920?
Circa 50 milioni.