Il duello tra Ettore e Achille: testo, riassunto e parafrasi

Il duello tra Ettore e Achille e la morte di Ettore: testo, riassunto e parafrasi del passo più celebre dell'Iliade di Omero

Il duello tra Ettore e Achille: testo, riassunto e parafrasi
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Duello tra Ettore e Achille

La morte di Ettore
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Il duello tra Ettore e Achille è forse il passo più famoso dell'Iliade di Omero. Omero ci racconto come, dopo che Ettore ha ucciso Patroclo, amico di Achille, la perdita dell'uomo genera nell'eroe - che aveva smesso di combattere offeso dal rapimento della sua schiava Briseide - una furia incredibile. Achille, infuriato, uccide Ettore, che combatte per difendere la sua città, lasciando vedova sua moglie Andromaca e orfano suo figlio Astianatte, che sarà poi ucciso dai greci per evitare che la stirpe di Priamo abbia una discendenza.

È un passo molto importante nel poema, in cui la brutalità della morte dell'eroe rappresenta la sconfitta di un'intera città.

Prima di leggere il testo, vediamo insieme un breve riassunto del passo. Achille scaglia per primo la propria asta, ma manca il nemico, che esulta e lancia a sua volta: il colpo è preciso, ma l’arma si pianta nello scudo di Achille. Ettore chiede allora un’altra asta a Deifobo, ma il fratello-scudiero è scomparso e l’eroe comprende l’inganno di Atena; sguaina allora la spada e assale il nemico nel corpo a corpo: lo scontro è furioso, Achille ferisce l’avversario al collo, lo fa stramazzare al suolo ed esulta su di lui.

Testo

Disse e, dopo avere palleggiato la lunga lancia,
la scagliò, ma lo splendido Ettore la vide prima
e la evitò curvandosi: gli passò sopra
la lancia di bronzo e si piantò in terra; la prese Pallade Atena,
e la ridiede ad Achille all’insaputa di Ettore, capo d’eserciti.
Ed Ettore parlò così al grandissimo Achille:
«Mi hai mancato; e dunque da Zeus tu non sapevi,
Achille pari agli dei, la mia sorte, come dicevi:
non sei che un furbo ed un chiacchierone, e pensavi
che per paura scordassi la mia forza e il valore.
Non mi pianterai la lancia nel dorso mentre ti fuggo,
piantala qui nel petto mentre ti assalgo,
se te lo concede un dio, ma frattanto tu evita
la mia lancia di bronzo. Oh, se tutta potessi riceverla
nel tuo corpo! La guerra sarebbe più leggera ai Troiani,
dopo la tua morte; per loro tu sei la peggiore sciagura».
Disse e, dopo avere palleggiato la lunga lancia,
la scagliò e colpì al centro lo scudo di Achille;
non fallì, ma fu respinta dallo scudo la lancia;
s’adirò Ettore, che un colpo inutile gli era partito di mano.
Rimase fermo, abbattuto: non aveva altre lance di frassino.
Chiamò a gran voce Deifobo, l’eroe dallo scudo splendente,
e gli chiedeva una lancia, ma quello non gli era più accanto.
Allora Ettore capì nel suo cuore e così disse:
«Ahimè, certo gli dei mi chiamano a morte:
credevo che mi fosse vicino l’eroe Deifobo,
ma è dentro le mura, e mi ha ingannato Pallade Atena.
Ora mi è accanto la morte crudele, non è lontana,
non è evitabile: da qualche tempo questo volevano
Zeus e il figlio di Zeus, l’arciere, che prima benignamente
mi proteggevano, e adesso il destino m’ha colto.


Ma non voglio morire senza lotta né senza onore,
bensì facendo qualcosa di grande, che anche i posteri ricorderanno».
Dette queste parole, sguainò la spada acuta
che gli pendeva al fianco, grande, robusta;
prese lo slancio e attaccò, come l’aquila alta nel cielo,
che piomba sulla pianura attraverso le nuvole oscure
per prendere qualche agnello tenero, o qualche timida lepre:
così Ettore si scagliò, agitando la spada acuta,
e anche Achille si mosse, l’animo pieno di furia
selvaggia: aveva il petto coperto dal bellissimo scudo,
ben lavorato, e muoveva l’elmo splendente
a quattro cimieri; le belle criniere dorate
che Efesto aveva disposto fitte si agitavano in cima.
Come nel mezzo della notte s’avanza fra le altre stelle
la stella di Espero, la più bella nel cielo,
così risplendeva la punta acuta che Achille
brandiva nella destra, meditando la morte di Ettore,
e guardando il bel corpo, dove meglio avrebbe ceduto.
Tutto era coperto dalle armi di bronzo,
le belle armi che aveva tolto a Patroclo dandogli morte,
tranne che si vedeva il punto dove la clavicola divide il collo
dalle spalle, la gola, il punto dove la morte è più rapida.
Là, mentre attaccava, lo colpì con la lancia il nobile Achille,
e la punta gli attraversò diritta il morbido collo,
ma l’asta pesante di bronzo non gli recise la gola,
così che poteva parlare e rispondere; cadde riverso
nella polvere e su di lui si vantò il nobile Achille:
«Ettore, tu credevi, quando spogliasti Patroclo, d’essere
al sicuro e non contavi per niente me che ero lontano;
pazzo! Lontano, ma difensore molto più forte,
restavo indietro io accanto alle navi,
io che ti ho tolto la vita; cani ed uccelli
ti sbraneranno orrendamente, lui lo seppelliranno gli Achei».
(Trad. G. Paduano)

Parafrasi

Quando si trovarono uno di fronte all’altro, Ettore dall’elmo scintillante parlò ad Achille per primo: “Non fuggirò più di fronte a te, Achille, come adesso così successe per ben tre volte che di fronte alle mura di Troia, non riuscii a difendermi dal tuo attacco; adesso il mio animo mi sprona a non fuggire più, qualunque sia la mia sorte. Ci rivolgiamo agli dei: perché essi saranno i migliori testimoni e conservatori degli accordi; io non intendo portarti disonore, se grazie all’aiuto di Zeus riuscirò a toglierti la vita; quando, Achille, ti avrò rimosso le tue gloriose armi, restituirò il tuo corpo agli Achei: e anche tu farai così”.

Ma Achille guardandolo minacciosamente disse: “Ettore, o tremendo, non scenderò a patti con te: come non vi è alcuna alleanza tra uomini e leoni, e tra lupi e agnelli, i quali non sono mai in accordo, ma si detestano ininterrottamente, così non potrà mai succedere che noi ci vogliamo bene; fra di noi non ci saranno patti, il primo che morirà appagherà Ares con il sangue del nemico.

Ricordati che ora devi essere perfetto nell’usare l’asta e veloce nel combattere, senza commettere errori! Ormai non puoi più sfuggire al tuo destino, gli dei hanno già deciso e Atena ti ucciderà per mezzo della mia lancia: sconterai tutto il dolore che hai portato al mio popolo”.

Mentre parlò Achille scagliò l’asta contro Ettore; ma egli vedendola prima riuscì ad evitarla: si abbassò e l’asta lo schivò, conficcandosi nel terreno; ma Atena, senza essere vista da Ettore, la ripose nelle mani di Achille.

A quel punto Ettore disse ad Achille: “La tua mira non ha avuto un esito positivo! Allora in realtà tu non sapevi quello che mi sarebbe successo, Zeus non vuole la mia morte. Eppure tu lo hai dichiarato. Eri molto abile nel parlare, ma l’hai detto perché volevi che io mi scoraggiassi. No, non fuggirò di fronte al tuo attacco, ma ti affronterò a viso aperto, se mi vorrai uccidere, lo dovrai fare mentre ti attacco, se un dio ti aiuterà. Intanto cerca di evitare questa lancia che sto per scagliarti e spero che ti entri nel corpo. Certamente se riuscissi ad ucciderti la guerra risulterebbe molto più facile per i Teucri, perché tu sei il più grande problema”.

Mentre parlava, bilanciò l’asta e la scagliò ma centrò lo scudo di Achille, non fallì il colpo; ma l’asta rimbalzò cadendo per terra; Ettore si innervosì, perché il suo lancio fu inutile, e preso dallo sconforto, perché non aveva più lance; chiamò il fratello Deifobo, perché gli passasse un’altra lancia: ma egli non gli era più vicino. Allora Ettore capì il suo destino interpretato dal fato e gridò: “Ahi! Adesso non ho più alcun dubbio, gli dei hanno decretato la mia morte. Pensavo di aver vicino Deifobo, ma egli è all’interno di Troia, Atena mi ha imbrogliato. 

Il mio destino è di dover morire, tutto questo era già stato stabilito da Zeus e da suo figlio, Apollo, che adesso mi sono nemici però un tempo furono benevoli nei miei confronti. Ormai la morte mi ha raggiunto. So che devo morire, ma non mi ritirerò, lotterò fino all’ultimo perché io possa morire gloriosamente così che i miei posteri mi possano stimare”.

E mentre parlava così, estrasse la spada, che gli pendeva da dietro al fianco, grande e pesante, e partì di scatto all’attacco, come un’aquila che piomba verso la pianura, attraversando le nuvole buie, per uccidere un giovane agnello o una lepre: in tal modo scattò Ettore, agitando la spada acuminata.

Ma anche Achille scattò all’attacco, con il cuore selvaggio carico di collera: pose davanti a sé lo scudo bello, decorato, scuotendo la chioma lucente, che Efesto aveva creato fitta attorno al cimiero.

Come la stella procede tra i vari astri durante la notte, Espero, l’astro più lucente del cielo, così luceva la spada del glorioso Achille nella sua mano destra, riflettendo intensamente come poter uccidere Ettore, cercando con gli occhi un punto del suo corpo che fosse scoperto dall’armatura.
Le armi bronzee ricoprivano tutto il corpo di Ettore, colui che uccise Patroclo; ma vi era una fessura dove le clavicole dividono le spalle dalla gola e dal collo, e quello è un punto di rapida morte.

Qui Achille lo colpì, la punta dell’asta passò attraverso il morbido collo di Ettore, però non gli tagliò le corde vocali così che Ettore riuscisse a parlare. Achille si vantò: “Ettore, mentre spogliavi Patroclo delle sue armi credevi forse di poter sfuggire da me, che ti ero lontano! Ma io rimanevo suo difensore sulle navi. Ora cani e uccelli ti sbraneranno: ma lui seppelliranno gli Achei”.

Senza più forze Ettore gli rispose: “Ti prego per la tua vita, per le ginocchia, per i tuoi genitori, non lasciare che venga sbranato dai cani degli Achei, ma accetta oro e bronzo senza fine, i doni che ti verranno dati da mio padre e dalla mia nobile madre: rendi il mio corpo alla mia patria, perché il mio corpo possa essere bruciato”.

Ma guardandolo bieco, Achille disse: “No, cane, non mi pregare per nessun motivo; che la rabbia e il furore mi spingano a tagliuzzare le tue carni e a divorarle per quello che tu hai compiuto: nessuno allontanerà dal tue corpo le cagne, per nessun motivo, nemmeno se Priamo offrirà tanto oro quanto pesi.

Così la tua nobile madre non potrà piangere sul tuo letto, perché così i cani e gli uccelli ti sbraneranno. Rispose così Ettore: “Va, ti conosco! Non potevo persuaderti perché tu hai il cuore di ferro, che non prova passione. Bada però che la mia morte non ti porti l’odio degli dei; quel giorno che Paride, guidato da Apollo, ti ucciderà, tu ancora coraggioso, sopra le porte Scee”.

Mentre parlava morì Ettore: il suo spirito volò via e scese nell’Ade, rimpiangendo la giovinezza e il vigore.

Rispose al cadavere Achille illustre: “Ah, muori! Anch’io dovrò morire quando gli dei lo vorranno!”

Disse e tolse al morto le armi insanguinate dopo aver strappato l’asta, accorsero gli altri ammirando la statua e la bellezza stupenda di Ettore, e nessuno si avvicinò senza martoriare e colpire il cadavere dell’eroe.

E così diceva qualche infido volto al vicino: “Davvero, è più morbida la carne d’Ettore, di quando appiccò fuoco alle nostre navi”.

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