Donne nel regime fascista: mass media, organizzazioni femminili e politica demografica
Indice
1La donna nel fascismo: premesse
Durante la Grande Guerra, con gli uomini spediti a combattere al fronte, l’Italia vede aumentare in maniera significativa la manodopera femminile nelle fabbriche, condizione indispensabile per sostenere lo sforzo bellico e permettere alle famiglie di procurarsi di che vivere. Però nell’immediato dopoguerra la grossa crisi economica che investe tutta l’Europa costringe a ripensare l’ordine sociale: le donne uscite di casa per andare a lavorare, ora sono percepite come una minaccia per i posti di lavoro da restituire agli uomini reduci dal fronte.
È in questo clima di forte incertezza che il fascismo si inserisce, facendo grandi promesse e prospettando il futuro saldo e luminoso che tutti desiderano. Il nuovo regime si impone proponendo una ristrutturazione politica e sociale, basata su un'ideologia tradizionalista e rassicurante ma contemporaneamente tendente verso il nuovo.
La prospettiva di ricostruzione sociale è allettante e le donne, le intellettuali specialmente, sono schierate a suo favore, perché il fascismo inizialmente porta avanti alcune questioni fondamentali, come il diritto di voto femminile, il pieno accesso al mondo del lavoro e il divorzio.
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2La donna fascista e i mass media
In risposta alla crisi sociale, già nel 1919 il parlamento approva la prima legge sulla capacità giuridica femminile e quella sull'estensione alle donne del diritto elettorale. La costruzione del consenso da parte del partito fascista continua in questo senso, e per la prima volta la politica si interessa alla questione femminile, con il movimento che si fa carico delle richieste più pressanti da parte delle proprie sostenitrici e allo stesso tempo inizia a costruire l’immagine della “donna nera”, simbolo della nuova italiana.
Con un analfabetismo diffuso (solo quello femminile si aggira intorno al 25% nel 1921), il regime investe moltissimo nei mezzi di comunicazione di massa a partire dalle riviste. Le principali riviste specializzate del periodo sono:
- Rassegna femminile italiana di Elisa Majer Rizzioli;
- Almanacco della donna fascista.
Ma ne esistono anche altre, meno schierate, che nel corso degli anni subiscono censura o bando definitivo:
- Elle et lui (nel 1937 viene bandita);
- la rivista Lei, che viene accusata di avere un titolo "straniero e servile" (nel 1938 il titolo diventa Annabella);
- Vita femminile (sequestrata nel 1938);
- Almanacco della donna italiana;
- Lidel.
3Le organizzazioni femminili durante il fascismo
Nelle linee guida per l'attività dei gruppi femminili, pubblicate il 14 gennaio 1922, il regime inizia a mettere in chiaro che alle donne è riservato un ruolo importante sì, ma secondario, con una rigida suddivisione tra impegno pubblico e domestico:
- obbligo di partecipazione a riunioni e raduni;
- contributo sociale con attività caritatevoli;
- propaganda attiva.
Dopo il 1925 vengono ufficialmente costituite le organizzazioni femminili fasciste:
- Fasci femminili: associazione formata da donne italiane di provata fede fascista e irreprensibile condotta morale dai 21 anni d'età in su, ogni sede da istituire presso un Fascio di Combattimento e retto da una segretaria. Il suo compito era indirizzare e coordinare tutta l'attività delle organizzazioni femminili del Partito.
- Giovani Italiane: organizzazione per bambine e ragazze dai 4 ai 17 anni, dipendente dall'Opera Nazionale Balilla, dove le ragazze possono fare sport e uscire in occasione delle adunate per il sabato fascista.
- Massaie rurali: donne che risiedono in aree rurali o che appartengono a famiglie di proprietari terrieri, coltivatori diretti, coloni, mezzadri, inquadrate e formate per educare e istruire le donne di campagna (autarchia economica, allevamento della prole).
4La politica demografica
La sfera privata viene analizzata e regolamentata per consentire una ripresa della nazione a partire da una virtuosa gestione della propria vita familiare, ma accanto a quelli che di fatto per le donne diventano obblighi, come l’esercizio fisico e l'attivismo politico, vengono definite costrizioni e limitazioni dei propri diritti.
In questo panorama politico, inizia a presentarsi l’idea che la donna debba occuparsi di attività da svolgere a casa: partorire e allevare figli, ma deve anche perseguire tutta una serie di azioni che contemplano una minima libertà di base, come la gestione di piccole attività commerciali legate all’economia familiare, che sono alla base dell’autarchia nazionale.
I salari femminili vengono stabiliti a un terzo di quello degli uomini, per scoraggiare il lavoro femminile non domestico, viene limitato l’accesso agli impieghi pubblici alle donne, per loro le tasse universitarie costano molto di più rispetto agli studenti maschi. Non solo: nel 1926 i contraccettivi, ogni mezzo di controllo delle nascite e l’aborto vengono dichiarati fuori legge, perché la crescita demografica è considerata indispensabile per rafforzare il Paese.
Ma ben presto si crea un paradosso: gli imprenditori assumono più donne, perché il loro lavoro costa molto meno, la smobilitazione sociale legittima le donne a lavorare fuori casa per contribuire all’economia familiare e, in scala maggiore a quella nazionale, e spontaneamente o forzatamente queste rinunciano a mettere al mondo un gran numero di figli, come invece richiesto dal partito "per il risanamento della patria". La politica demografica si rivela inefficace e il ruolo tradizionale femminile contemplato dal regime svanisce sul nascere.
5Proteggere la famiglia ad ogni costo
Il tasso di natalità passa dal 28 per mille del 1927 al 23,4 per mille del 1939 e allo scoppio della guerra c’è un ulteriore calo, dovuto allo spontaneo rifiuto di mettere al mondo un figlio con un futuro reso incerto dal conflitto, ma il regime continua ad alimentare il culto della maternità e della cura dei figli, costruendo una propaganda culturale incentrata sulla figura della madre coraggiosa e sul suo spirito di sacrificio.
Per dieci anni viene progettata e costruita una rete di protezione sociale per la famiglia con diverse azioni:
- nel dicembre 1925 viene creata l'Opera Nazionale per la Maternità ed Infanzia;
- nel 1927 parte la campagna per l'aumento delle nascite con il discorso dell'Ascensione tenuto dal Duce;
- inizia la politica per la riduzione dell'impiego femminile nel settore pubblico come nel privato;
- nel 1933 viene istituita la Giornata della Madre e dell'Infanzia;
- la prostituzione viene statalizzata, con l’eliminazione del sesso “abusivo” (praticato senza scopo riproduttivo) e la chiusura delle donne nella case di tolleranza, con controlli medici obbligatori ma di fatto prigioniere delle strutture.