Chi è don Pietro Pappagallo, il prete partigiano ucciso alle Fosse ardeatine

Di Redazione Studenti.

Prete partigiano, don Pietro Pappagallo è stato ucciso dai tedeschi nella strage delle Fosse Ardeatine. Ricordato anche in una nota fiction

FOSSE ARDEATINE

L'entrata alla grotta in cui si consumò l'eccidio delle Fosse ardeatine
L'entrata alla grotta in cui si consumò l'eccidio delle Fosse ardeatine — Fonte: getty-images

La strage delle Fosse Ardeatine del 24 marzo 1944 ricorda la rappresaglia nazifascista che fu ordinata dai tedeschi in seguito all'attentato partigiano di via Rasella, fatto il giorno precedente ai danni dei soldati del battaglione Bozen.

Durante l'occupazione tedesca nella seconda guerra mondiale la città di Roma visse un periodo di profondo disequlibrio: gli attentati partigiani si susseguivano e le risposte dei tedeschi arrivavano con inaudita violenza. La figura di Herbert Kappler, l'ufficiale nazista che dopo via Rasella diede l'ordine di rastrellare e uccidere i famosi "dieci italiani per ogni tedesco", ebbe un ruolo chiave in questo contesto.

DON PIETRO PAPPAGALLO: CHI ERA

In questi anni emerse la figura di don Pietro Pappagallo, pugliese d'origine e trasferito a Roma nel 1925. Qui entra a far parte parte del Collegio dei Beneficiati della Basilica di Santa Maria Maggiore e diventa padre spirituale delle Suore Oblate del Santo Bambino Gesù di via Urbana, oltre che vice parroco della Basilica di San Giovanni in Laterano.

Il suo ruolo durante l'occupazione tedesca è cruciale: fornisce aiuto agli oppositore del regime, siano essi partigiani, ebrei o ricercati. Viene per questo arrestato dalle SS il 29 gennaio del 1944, dopo che Gino Crescentini, spia al soldo dei tedeschi, lo denuncia agli occupanti.  

Anche in carcere don Pappagallo si dimostra solidale con gli altri prigionieri, dividendo il suo cibo con loro.

Il 24 marzo 1944 viene ucciso alle Fosse Ardeatine insieme agli altri prigionieri. Un superstite racconta che il prete riuscì a liberarsi dai legacci che gli stringevano i polsi, e a benedire i condannati prima che fossero uccisi.

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La figura di don Pietro Pappagallo è talmente rilevante per il periodo, da essere stata ricordata in targhe onorifiche, pietre d'inciampo, e persino una sezione romana dell'ANPI.

Il cinema e la televisione lo hanno omaggiato: lo ha fatto Roberto Rossellini con Roma città aperta, dove il personaggio interpretato da Aldo Fabrizi è chiaramente ispirato a lui, e lo ha fatto la Rai, con la fiction interpretata da Flavio Insinna La buona battaglia.

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