Distribuzione della popolazione: cosa la influenza

Di Redazione Studenti.

Cosa influenza la distribuzione della popolazione: fattori fisici e non fisici dell'andamento demografico. Spiegazione e riassunto breve

DISTRIBUZIONE DELLA POPOLAZIONE

Cosa influenza la distribuzione della popolazione?
Cosa influenza la distribuzione della popolazione? — Fonte: getty-images

Cosa influenza la distribuzione della popolazione di una società? Moltissimi fattori, fisici e non fisici.

Vediamo quindi nel dettaglio quali sono i fattori principali da tenere a mente quando si parla di demografia.

DISTRIBUZIONE DELLA POPOLAZIONE: FATTORI FISICI

I fattori fisici possono alterare la distribuzione della popolazione e possono portare all’assenza di popolazione in determinati territori: se ci avviciniamo ai poli il freddo delimita la possibilità di insediamento non solo per le temperature fredde, ma anche perché il suolo è perennemente gelato. Da qui l'impossibilità di avere una vita agricola.

Tra i fattori fisici, quello da collocare vicino a noi è l’altitudine: intesa come quote altimetriche fredde sia come disagio creato dalla forte pendenza che troviamo in alcuni casi: no insediamenti, ma insediamenti sparsi.

Nell’ultimo decennio anche queste aree sono state raggiunte dall’agricoltura (mete, vigne). Un’altra causa fisica decisiva è l’aridità del suolo, che porta alla mancanza di precipitazioni che unite a una consistente calura comportano il rarefarsi della vegetazione. No risorse agricole, no risorse alimentari e mancanza di allevamento. Anche le regioni umide e calde possono essere poco popolate a causa del poco spazio che lasciano le foreste pluviali.

DISTRIBUZIONE DELLA POPOLAZIONE: FATTORI NON FISICI

Le caratteristiche di un territorio sono legate al clima, ala disponibilità idrica, all’altitudine, alla latitudine, alla distanza dal mare e anche ad altri fattori quali lo sviluppo tecnologico, culturale, sociale e politico. Le differenze che riscontriamo nel popolamento dipendono in parte dai fattori fisici – ambientali e in parte dal grado di evoluzione di una determinata società (o civiltà). Possiamo cominciare a vedere alcune esemplificazioni: paragonare Asia e Africa.

Fonte: redazione

In determinati casi possiamo affermare che lo spazio territoriale corrisponde allo spazio coltivato più che a quello abitato.

Se guardiamo i nuclei di popolamento europei, non hanno un’antichità come quelli asiatici ma sono il frutto di una serie di rivoluzioni politiche, economiche, agricole e industriali.

Nella fine degli anni '50 le popolazioni americane erano distribuite in modo diffuso: solo con il processo di industrializzazione fondato sullo sfruttamento delle materie prime (in primis con materiali come ferro e carboneàfonti energetiche) viene favorita la concentrazione delle attività secondarie in determinate zone e  a seguito di questo settore secondario segue quello terziario nella medesima area regionale.

Il processo di urbanizzazione accentua la concentrazione della popolazione, rafforza l’enorme attrazione esercitata da questa aree regionali. Se c’è il processo di urbanizzazione, al tempo stesso c’è un esodo continuo dalle aree rurali che rende ancora più marcata questa differenza tanto che in Europa si ingrandiscono gli squilibri nella distribuzione della popolazione. Negli ultimi 30 anni in Europa assistiamo a una situazione prima di stasi mentre nelle città asiatiche accade l’inverso: i numeri delle città salgono in maniera sempre più consistente. L’efficienza dei trasporti garantisce di de localizzare le industrie: i trasporti marini hanno modificato sostanzialmente i dati della geografia della popolazione: il risultato sono grandi spazi disabitati che possono fornire nutrimento attraverso l’agricoltura a gigantesche porzioni di persone. Più abbiamo la possibilità di sfruttare nuove risorse più sono possibili cambiamenti tra i nuclei di popolazione. Tutte le concentrazioni urbane hanno una struttura del primario, secondario e terziario ben organizzata mentre tutti i paesi in via di sviluppo (paesi poveri) non possono organizzare (a causa della mancanza di ricchezze) lo spazio circostante.

La situazione ottimale a livello demografico è costituita da uno stato di equilibrio fra una popolazione e le risorse disponibili tenendo presente il modo di produzione di quell’area.

Vi è la soglia della sovrappopolazione: un paese è sovrappopolato quando non ha risorse per mantenere i suoi abitanti e la soglia della sovrappopolazione può essere aumentata a seconda della disponibilità delle risorse di cui questi paesi dispongono.

Nei paesi che sono in via di sviluppo questa soglia è critica.

ANDAMENTO DEMOGRAFICO

Alla base di questi discorsi c’è l’andamento demografico, la crescita (o diminuzione) della popolazione e ci sono 4 parametri per calcolarla:

  • Tasso di natalità: espresso dal numero dei nati vivi ogni 1000 abitanti
  • Tasso di mortalità: numero di morti ogni 1000 abitanti (calcolato nella stessa unità di tempo del tasso di natalità)
  • Saldo naturale: differenza tra i nati e i morti ed è anche il movimento naturale di una popolazione
  • Tasso di fecondità: il tasso di natalità dipende da questo: è il numero dei nati ogni 1000 donne comprese tra i 15 e i 49 anni.

Ci sono popolazioni che hanno questi parametri in positivo ma uno sviluppo limitato, per questioni di migrazione, cosa che riguarda soprattutto i paesi poveri. Ci sono gruppi che hanno un tasso di natalità molto basso o addirittura negativo che però hanno uno sviluppo demografico molto elevato perché questi paesi sono destinatari dell’immigrazione.

Emigrazione e immigrazione costituiscono due fattori artificiali dell’andamento demografico.

Tutti questi indici (soprattutto natalità e mortalità) sottostanno a fattori di ordine naturale e umano: nel passato molti studiosi hanno dato importanza all’ambiente biologico e climatico in cui le popolazioni vivevano oppure anche al tipo di alimentazione (vegetariana, caloricamente alte o basse) ma in realtà oggi si dà più importanza a caratteristiche legate e fattori politici e culturali.

L’azione politica è in grado di influenzare la dinamica demografica mettendo in atto una serie di provvedimenti che stanno all’opposto l’uno dell’altro: da una parte mirano ad accrescere il tasso di natalità (politica popolazionista) dall’altra è anti – popolazionista.

La politica popolazionista può essere praticata dai paesi che considerano la popolazione come base della potenza nazionale o anche dai paesi che hanno abbondanti risorse ma con numero di abitanti inadeguato per valorizzarle.

Già ai tempi di Roma si cercava di incrementare il numero di nascite, nel XVI secolo in Francia è concessa una pensione ai padri che avevano 12 figli. Nel 1900, i regimi tedeschi e italiani favorirono le famiglie con un numero di figli piuttosto alto e la stessa cosa fece il governo sovietico dal 1935 in poi per favorire l’incremento demografico per popolare le aree siberiane (deserte ma ricchissime dal punto di vista minerario).

Generalmente la politica anti – popolazionista è adottata dai paesi in via di sviluppo e sovrappopolati: qui i metodi sono molto diversi: si va dalla propaganda della contraccezione a imporre restrizioni (Cina) sia per ritardare i matrimoni sia per limitare il numero di figli.

I valori culturali sono intesi come guida a tutti i comportamenti della vita materiale e spirituale di un gruppo umano. Dal punto di vista demografico i fattori culturali che esercitano la maggiore influenza sono la religione, i costumi sociali e lo sviluppo economico.

Le religioni, sia evolute sia primitive, favoriscono l’alta natalità: ci sono le religioni evolute sono depositarie della vera fede da diffondere in tutto il mondo, le principali di queste sono la cattolica (profondamente natalista perché nega l’interruzione della gravidanza e i metodi contraccettivi), islamista (religione profondamente natalista perché insegna che la famiglia ha come fine la procreazione, è più radicale di quella cattolica perché consente al marito di ripudiare la moglie sterile). Il ruolo delle religioni meno evolute si esplica attraverso il culto degli antenati: sono nataliste perché in questo culto c’è l’obbligo di garantire la continuità della stirpe (in alcune culture il numero di figli deve essere almeno di 8).

I costumi sociali: possiamo avere due risvolti a livello di influenza sociale sul tasso di natalità: l’organizzazione sociale basata sulla poligamia implica un numero di figli molto alto (Africa) mentre a volte troviamo situazioni di contenimento dell’accrescimento demografico.

Importante per l’epoca attuale è il livello di sviluppo economico, che mostra una stretta correlazione con le dimensioni della famiglia. Nelle società industriali vi è un reddito elevato e la coppia tende ad avere un numero di figli limitato x garantire a ciascuno di essi un alto livello di vita mentre nelle società poco evolute i redditi sono bassissimi e in numero di figli è molto alto x la pura necessità della coltivazione dei campi. La natalità è sempre più alta nel mondo agricolo che non nelle aree urbane, dove tende a ridursi ancora di più durante le crisi economiche.

RUOLO DELLE MIGRAZIONI

Le migrazioni sono la mobilità della popolazione che influisce sull’andamento demografico e a questa dinamica sono correlate le risorse terrestri, che prima o poi saranno insufficienti per garantire la sopravvivenza. Le migrazioni sono un fenomeno costante in tutta la storia dell’umanità e sono determinate non solo da situazioni di contingente disagio: disagio ambientale e psicologico – esistenziale, insite in ogni essere umano (bisogno di stare meglio).

Classificazione delle migrazioni:

  • Carattere internazionale: la popolazione si sposta da un paese all’altro o da un continente all’altro
  • Carattere interno: la popolazione si muove all’interno di uno stato e può essere considerata migrazione il fenomeno che spinge le persone a spostarsi dalla montagna alla pianura (massiccia migrazione in Italia nel dopo guerra dal Sud al Nord)
  • Coatte: la popolazione si sposta dal luogo d’origine verso un altro, non per propria scelta ma perché vi è costretta con la forza. Le popolazioni africane furono costrette con la schiavitù a essere deportate all’interno delle aree americane
  • Permanenti: la popolazione si trasferisce in maniera stabile nel luogo d’arrivo (avvenne per alcuni paesi come Inghilterra e Francia già nel 1700)
  • Temporanee: l’individuo si sposta per un lasso di tempo più o meno limitato per poi rientrare dopo alcuni mesi o anni al luogo d’origine.
    Spessi queste migrazioni diventano permanenti
  • Movimenti di grande scala o meno (movimenti pendolari): le persone si spostano ogni giorno dalla propria residenza al posto di lavoro percorrendo distanze

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