Dialogo di Tristano e un amico | Video

Dialogo di Tristano e un amico: guarda il video con l'analisi e il commento del dialogo di Giacomo Leopardi. A cura di Emanuele Bosi

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DIALOGO DI TRISTANO E UN AMICO

Dialogo di Tristano e di un amico di Leopardi: video lezione
Fonte: redazione

Il Dialogo di Tristano e di un amico di Leopardi è stato composto nel 1832, cinque anni dopo la prima edizione delle Operette morali (1827). Chi si nasconde dietro al protagonista di questo dialogo, Tristano?

Se hai imparato a conoscere un po’ Leopardi, forse puoi arrivarci da solo: esatto, Tristano è l’alter ego del nostro poeta, e deve il suo nome a un personaggio letterario molto famoso. Hai mai sentito parlare di Tristano e Isotta? Ecco: Tristano è protagonista di molti romanzi medievali che narrano la storia del suo amore infelice per Isotta, appunto. Da Tristano a Leopardi il passo è breve: il nome qui rappresenta l'infelicità dell'autore, anche lui amante sfortunato.

Tristano discute con un amico di un suo libro uscito a stampa, che possiamo identificare proprio con le Operette. L'amico chiede a Tristano il perché di visioni tanto pessimistiche, ma Tristano confessa: ha cambiato idea, e ora crede alla «felicità della vita», «una delle grandi scoperte del secolo decimonono». Non solo: dice di essere favorevole all'idea del progresso della natura umana, anche se gli antichi erano fisicamente molto superiori ai suoi contemporanei.

Tristano si dice poi sostenitore del progresso della conoscenza, anche se, dice, la maggior parte dei libri pubblicati nel suo tempo sono del tutto inutili. Non solo: mette in dubbio la superiorità del passato sul presente.

Davvero Tristano, cioè Leopardi, può essere convinto di idee del genere? Ovviamente no: il piglio qui è del tutto ironico. Lo capiamo quando Tristano critica l’idea che le contraddizioni del tempo presente si risolveranno davvero, come vorrebbe l’ottica positivista ottocentesca. Per Leopardi le contraddizioni del suo tempo, infatti, sono destinate a restare tali.

Leopardi poi si scaglia contro quelli che chiama inganni dell'intelletto, frutto di elaborazioni filosofiche e credenze che sostengono un destino di felicità per l’uomo. Li contrappone, in questa visione, ai cosiddetti inganni dell’immaginazione, che sono le illusioni, il prodotto della fantasia, la poesia.

Ora: molte considerazioni che troviamo in questo dialogo possiamo leggerle anche nello Zibaldone. Tra le altre, il paragone tra la credulità dell'uomo e quella dei mariti traditi, per cui, per sopportare una situazione spiacevole, si ha bisogno di credere che non lo sia. Lo stesso avviene per le "tre verità" a cui nessun uomo vuole credere. Leopardi ce le elenca: non saper nulla, non essere nulla, non poter sperare nulla dopo la morte.

Torniamo alle Operette: per avvalorare il proprio pensiero, Tristano cita le due più alte autorità della sapienza antica: Salomone e Omero. Qui l’amico, come noi, si accorge finalmente del piglio ironico del discorso di Tristano, e il Dialogo si trasforma in un’accorata confessione. Se alle sue Operette non si vuole riconoscere la dignità di sistema di pensiero, dice Leopardi, le si prenda allora per bizzarre creazioni poetiche.

Tristano si dice pronto a morire, tanto da augurarsi una vita il più possibile breve.

È solo in questa prospettiva di totale distacco dalle preoccupazioni terrene che Leopardi esprime un augurio ai propri contemporanei: poter ottenere il meglio per il loro futuro. Attenzione, però: dice anche «non invidio però i posteri, né quelli che hanno ancora a vivere lungamente».

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