Destra storica: cronologia, protagonisti e ideologia

Cos'è la destra storica? Ideologia e protagonisti della corrente politica i cui esponenti gestirono gli anni a cavallo dell'Unità d'Italia con un indirizzo politico liberal-conservatore.
Destra storica: cronologia, protagonisti e ideologia
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1La Destra storica: cronologia, nome, composizione

Bettino Ricasoli detto il "barone di ferro": statista italiano e secondo presidente del Consiglio del Regno d'Italia dopo Cavour
Bettino Ricasoli detto il "barone di ferro": statista italiano e secondo presidente del Consiglio del Regno d'Italia dopo Cavour — Fonte: getty-images

Nel 1861 venne proclamato il Regno d’Italia. Nel giugno dello stesso anno morì Camillo Benso conte di Cavour, una delle figure principali del Risorgimento italiano. A partire da questa data e fino al 1876 fu al governo quella formazione politica definita dagli storici come “Destra storica”.  

L’aggettivo “storica” fu aggiunto successivamente per marcare il ruolo fondamentale assunto dai politici di tale schieramento in questa prima fase del Regno d’Italia e per segnalare la distanza con i successivi governi. Il nome dato a questa formazione è riconducibile al posizionamento assunto dai suoi esponenti all’interno del Parlamento. Tale formazione politica era ispirata da valori moderati e liberali.  

Tra gli esponenti della Destra storica comparivano in prevalenza uomini provenienti dalle regioni dell’Italia centro-settentrionale. Molti di essi erano ricchi proprietari terrieri e numerosi erano di origine nobiliare.  

2Legislazione unitaria e accentramento della Destra storica

A livello amministrativo e burocratico, nei governi che si susseguirono tra il 1861 e il 1876 prevalse in maniera netta la tendenza ad accentrare il potere per esigenze pratiche e di controllo.

Tra le prime azioni della Destra storica vi fu l’estensione dello Statuto Albertino a tutto il Regno d’Italia. La legge fondamentale che aveva regolato il Regno di Sardegna dal 1848 divenne così il testo scritto che disciplinava il funzionamento di tutti i territori italiani.

Parimenti, la struttura amministrativa piemontese divenne la struttura amministrativa di tutto il regno d’Italia. Per questa ragione, gli storici, riferendosi alla legislazione varata in questi anni, parlano di piemontesizzazione. Questa tendenza fu accentuata dal fatto che i prefetti, posti a capo delle neonate regioni e figure fondamentali per collegare il centro alla periferia, erano generalmente di provenienza piemontese.

Il politico italiano Gabrio Casati: podestà di Milano e leader del governo provvisorio della Lombardia
Il politico italiano Gabrio Casati: podestà di Milano e leader del governo provvisorio della Lombardia — Fonte: getty-images

Tra le principali riforme volte all’unificazione del Paese, vennero estese a tutto il Regno di Italia importanti leggi:

1. La legge Casati: è la legge che stabiliva l’obbligo per tutti i bambini di seguire i primi due anni della scuola elementare. Questa norma era stata in precedenza emanata nel 1859 e, dopo l’unificazione, venne estesa al resto del Paese.

2. La legge Rattazzi: secondo questo provvedimento la gestione dei comuni era demandata a un consiglio eletto a suffragio ristretto; i sindaci erano nominati dal re e ai prefetti competeva il controllo delle province.

3. Vennero unificati il codice civile e quelli sul commercio e sulla navigazione. Non compiutamente realizzata fu invece l’unificazione del codice penale. Salvo che in Toscana, nelle regioni restò infatti in vigore la pena di morte.

4. Una decisione che più di altre incise anche a livello culturale ed ebbe pesanti conseguenze soprattutto nel Meridione fu l’introduzione della leva obbligatoria. Nel Sud Italia questa era una pratica sconosciuta. Tale misura creò difficoltà inedite per le famiglie contadine meridionali che, tradizionalmente, contavano sugli uomini giovani dei loro nuclei famigliari per lavorare nei campi. Questa norma fu accolta con sfavore nelle regioni del Sud Italia e segnò una spaccatura tra governo centrale e popolazione meridionale.

3La situazione nel Sud Italia: il brigantaggio e la legge Pica

Il Generale Enrico Cialdini: militare e politico italiano. Comandante piemontese all'assedio di Gaeta e delle truppe italiane durante la repressione del brigantaggio nel meridione d'Italia
Il Generale Enrico Cialdini: militare e politico italiano. Comandante piemontese all'assedio di Gaeta e delle truppe italiane durante la repressione del brigantaggio nel meridione d'Italia — Fonte: ansa

Con il processo di unificazione, nelle regioni meridionali si diffuse ben presto un generale malcontento. Non solo la coscrizione obbligatoria che toglieva alle famiglie i lavoratori più importanti per l’attività nei campi, ma un regime di tassazione esoso e centralizzato fecero sì che dal basso e in modo spontaneo scoppiassero delle agitazioni popolari.

Si organizzarono così dei movimenti di protesta al cui interno confluirono non solo ribelli, ma anche ex soldati dello stato borbonico e contadini poveri.

Costoro, chiamati briganti dallo stato che intendeva reprimerli, si muovevano di villaggio in villaggio spesso commettendo saccheggi e omicidi nei confronti dei notabili del luogo. Lo stato unitario affrontò con estrema durezza il fenomeno del brigantaggio, ricorrendo all’esercito. 

Nel 1863 fu inoltre emanata la legge Pica in base alla quale erano previsti i tribunali militari per giudicare i cosiddetti briganti e furono istituite come pene la fucilazione per chiunque opponesse resistenza alla autorità e il lavoro forzato.

La repressione durissima segnò un netto distacco tra istituzioni e masse meridionali. Il governo colpì infatti gli atti più violenti, ma non risolse i problemi di fondo del Mezzogiorno. Nel 1865 il brigantaggio era un fenomeno ormai sedato e controllato, il disagio e l’arretratezza di queste terre, invece, continuavano a essere il nodo irrisolto dell’unificazione nazionale.

4La politica economica

A livello economico, la politica della destra storica fu improntata ai principi del liberismo che avvantaggiò soprattutto il settore dell’agricoltura. Per unificare il Paese anche a livello economico si procedette in questi anni all’estensione di una unica moneta – la lira – in tutto il territorio e all’introduzione di pesi e misure uniformi.

Lo Stato investì soprattutto per la costruzione delle reti ferroviarie in modo avviare un processo di unificazione anche territoriale e rendere più efficace e veloce il sistema degli scambi commerciali. Tuttavia, il passaggio all’unità nazionale non segnò in generale un miglioramento delle condizioni di vita delle masse rurali.

A fronte delle ingenti spese volte ad accentrare il potere e a modernizzare il paese, la Destra storica decise di rispondere con la vendita dei beni dell’asse ecclesiastico e con un aumento notevole della tassazione diretta e indiretta.

Quintino Sella: Ministro delle Finanze del Regno d'Italia (1862)
Quintino Sella: Ministro delle Finanze del Regno d'Italia (1862) — Fonte: getty-images

Tra le imposte che maggiormente incisero sulla vita quotidiana delle persone e generarono un diffuso malcontento vi fu la tassa sul macinato. Essa venne introdotta nel 1868 e doveva essere pagata direttamente ai mugnai al momento della macinazione del grano. Tale imposta fu vissuta come un tributo sul prodotto di base dell’alimentazione degli italiani dell’epoca: il pane.

Proprio in opposizione a questa tassa scoppiarono alcuni moti di protesta in tutta Italia di fronte ai quali la Destra storica non mancò di attuare una politica repressiva, ricorrendo anche in questa occasione all’esercito. Il bilancio delle vittime fu molto duro: 250 furono i morti in seguito all’azione delle forze militari.

Il governo decise inoltre di introdurre il corso forzoso della lira. Con questa iniziativa era possibile stampare una maggior quantità di carta moneta e non vi era obbligo di convertire in oro il denaro.

La politica economica si concluse con il raggiungimento del pareggio di bilancio nel 1875, l’ultimo anno in cui la Destra storica fu al governo. Ad essa succedette, a partire dal marzo 1876, il primo dei governi della Sinistra Storica.

5L’unificazione territoriale dell’Italia

Una riproduzione d'epoca dell'interno del primo Senato del Regno d'Italia (1861-1864)
Una riproduzione d'epoca dell'interno del primo Senato del Regno d'Italia (1861-1864) — Fonte: ansa

Durante il governo della Destra storica, si procedette inoltre nel tentativo di completare l’unificazione del territorio italiano. Tale obiettivo fu raggiunto solo in parte. Al 1861 mancavano ancora all’Italia i territori del Veneto, la Venezia Giulia, il Trentino, il Lazio e Roma. La Destra storica riuscì a ottenere alcune importanti acquisizioni territoriali. Il Veneto e il Lazio con Roma furono i territori ottenuti in questi anni attraverso l’impiego degli eserciti:

1) Nel corso della guerra austro-prussiana del 1866, l’Italia si schierò con la Prussia contro l’Austria. Nonostante le sconfitte subite dall’esercito italiano a Custoza, un paese nei pressi di Mantova, e dalla flotta nell’isola di Lissa nel Mar Adriatico, l’Italia riuscì a ottenere il Veneto. Per gli italiani questo conflitto è ricordato come Terza Guerra d’indipendenza.

2) Il 20 settembre 1870 i bersaglieri, un corpo di fanteria, dopo essersi scontrati con le truppe del Papa, entrarono a Roma attraverso la breccia di Porta Pia. Roma venne occupata – con l’eccezione dei palazzi del Vaticano – e un successivo plebiscito sancì l’annessione dei territori di Roma e del Lazio al Regno d’Italia. L’anno successivo la capitale fu spostata da Firenze a Roma. I rapporti tra Regno d’Italia e Santa Sede vennero regolati dalla legge delle guarentigie che, emanata nel maggio 1871, riconosceva al papa numerose libertà e tutele.

    Domande & Risposte
  • Quali sono gli anni della Destra storica?

    1849 - 1876.

  • Perchè questa corrente politica si chiama Destra storica?

    Per distinguerla dalla Destra successiva del XX secolo.

  • Chi sono i protagonisti della Destra storica?

    Ricasoli, Minghetti, Spaventa, Lanza, Sella, La Marmora, Visconti Venosta.