Analisi e commento al Dei sepolcri di Ugo Foscolo
Di Redazione Studenti.Ugo Foscolo, Dei sepolcri: analisi e commento dell’opera scritta in forma epistolare sul tema dell’utilità delle sepolture.
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DEI SEPOLCRI: ANALISI E COMMENTO

Il carme Dei Sepolcri di Ugo Foscolo fu scritto nel 1806 e dedicato a Pindemonte. È costituito da 295 endecasillabi sciolti e il testo è suddivisibile in quattro parti: la prima va dai versi 1-90 e dimostra come i monumenti funebri siano inutili per i morti ma importanti per i vivi perché riescono a risvegliare gli affetti virtuosi che sono stati lasciati in eredità ai vivi dalla persone per bene, solo i malvagi non si curano di lasciare un proprio ricordo ai vivi: si tratta di una condanna a due editti, il primo è quello di Saint-Cloud di Napoleone che voleva che le tombe fossero tutte uguali e in una prima stesura dell’editto prevedeva che sulla tomba non ci fosse il nome del morto, presente solo sulla parete delle mura del cimitero; in questo modo le sepolture dei buoni e dei malvagi sarebbero state uguali e non ci sarebbe stata nessuna dignità di ricordo. L’altro editto era stato emanato da Maria Teresa d’Austria e prevedeva che al di fuori delle mura cittadine fossero recintati luoghi adibiti a cimitero con fosse dove mettere i corpi indifferentemente e con calce viva che bruciasse la carne insieme alla terra. Questo fu il destino di Mozart e di Parini. Foscolo condanna esplicitamente questi due editti.
DEI SEPOLCRI: COMMENTO
Dei sepolcri: vv. 1-22. La prima parte può essere divisa a sua volta in due sezioni: una che comprende i versi 1-22 dove il poeta ribadisce le tesi materialistiche, quindi l’indifferenza nel modo di seppellire i defunti perché la morte è un momento del ciclo perenne della materia che è destinata a disgregarsi entrando nel ciclo di vita di altri esseri. La morte è vista come distruzione totale dell’individuo, come un nulla eterno, il morto non sente più nulla ed è inutile la tomba che non dà nessun conforto al morto, per di più anche le tombe sono destinate a sparire.
Dei sepolcri: vv. 23-90. Dai versi 23 a 90 cambia la sua concezione: l’uomo può illudersi di continuare a vivere perché la tomba crea un rapporto affettivo tra morte e familiari, una continuità di affetti tra vivi e morti. L’uomo viene strappato alla sua condizione effimera e sembra quasi ottenere l’immortalità degli dei.
Dei sepolcri: vv 91-150. Le tombe e la pietà verso i defunti sono tratti distintivi della civiltà umana e lo sono insieme alle istituzioni che hanno reso gli uomini civili. Riprende Giambattista Vico che aveva scritto un’opera ‘La scienza Nuova’ il cui frontespizio portava il disegno con in alto un triangolo dal quale partiva una luce, come la trinità che con la luce della sapienza colpiva la statua della dea Minerva posta su un piedistallo perché gli uomini antichi avevano basato la vita sul rapporto con gli dei (Do ut des). Ai piedi del piedistallo c’è la selva con le tavole dove sono incise le lettere latine e greche ad indicare la prima forma di incivilimento con la scrittura e i primi alfabeti con lettere greche e latine, come nascita della cultura.
Dei sepolcri: vv. 151-212. Nella terza parte parla dei valori che possono avere le tombe degli uomini famosi. Le tombe sono simbolo dei valori civili di un popolo e travalicano il tempo. Foscolo canta tombe di grandi uomini, mentre Thomas Gray aveva cantato le tombe della gente umile e sconosciuta perché il valore di un popolo è insito in tutti, mentre per Foscolo solo le tombe dei grandi possono far rinascere lo spirito eroico: rivaluta la concezione aristocratica ed eroica, mentre Gray seguiva una concezione cristiana e borghese. In questa parte la tomba non ha solo valore civile, ma anche storico e diventa il simbolo del travalicare del tempo da parte di una civiltà; così parla delle tombe dei grandi uomini ed è dominante Santa Croce, con tutte le tombe delle Itale Glorie, ossia di quei personaggi che hanno dato grandezza all’Italia. Il tema dei grandi sepolcri in Santa Croce è positivo, pur essendo tombe in Chiesa come quelle inglesi. Le tombe dei grandi uomini rendono sacra la terra e incitano tutto il popolo a cercare la propria libertà, quindi Foscolo supera la delusione rivoluzionaria che gli aveva dato Napoleone cedendo Venezia. La letteratura assume la funzione di strumento civile e politico e deve avere tra i suoi argomenti la storia.
Dei sepolcri: vv. 213-295. Nella quarta ed ultima parte Ugo Foscolo presenta il valore della poesia. Le tombe hanno il compito di vincere l’azione distruttrice del tempo e della natura, però sono sottomesse anch’esse all’opera distruttrice della natura e in quanto oggetti la loro funzione è limitata nel tempo, ma la loro funzione e la loro importanza rimarrà se la poesia l’avrà cantate. La poesia sfida il silenzio dei secoli e lo fa con l’armonia presente nei versi. Foscolo vuole rivalutare la figura del poeta, vuole che non sia solo simbolo della borghesia, ma anche dell’aristocrazia culturale e intellettuale: il poeta deve essere simbolo di un’elite culturale. Torna l’immagine dell’eroe romantico rappresentato da Aiace, che con il suo scudo ricopriva tutto il corpo, nonostante fosse molto più alto di tutti gli altri. Sul suo scudo era stato posto il corpo di Paride. Al guerriero più valoroso dovevano toccare le armi del guerriero più valoroso man mano che moriva; le armi di Achille però erano state date a Ulisse e Aiace era impazzito facendo strage di greci e per il dolore era morto.