De Vulgari Eloquentia | Video

De Vulgari Eloquentia: analisi e spiegazione del trattato, incompiuto, in cui Dante affronta il tema della lingua. Video a cura di Chiara Famooss

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DE VULGARI ELOQUENTIA

De Vulgari Eloquentia di Dante: analisi e spiegazione. Video a cura di Chiara Famooss
Fonte: redazione

Il De vulgari eloquentia di Dante è un trattato in prosa costituito da 19 capitoli che ha come fine la costruzione di un volgare ideale. Prima di iniziare, un po' di informazioni sul contesto: dal X secolo in poi il volgare si era progressivamente affermato anche come lingua scritta in tutta l’Europa occidentale, e in Italia arriva ad una definitiva imposizione proprio nell’ambito della società comunale, dove giuristi, commercianti, notai, uomini religiosi e poeti lo utilizzano al posto del latino per le loro attività quotidiane.

Insomma, Dante nel De Vulgari Eloquentia affronta in maniera critica i problemi attorno alla lingua volgare che si stava progressivamente imponendo come lingua letteraria e, perciò, colta. Ma di cosa parla? Analizziamo i temi del primo e del secondo libro.

DE VULGARI ELOQUENTIA: PRIMO LIBRO

Il primo libro del De Vulgari Eloquentia è composto da 19 capitoli in cui Dante affronta da un punto di vista storico il discorso sulla lingua. Il latino, secondo Dante, è una lingua artificiale e inadatta all'uso quotidiano. Prima della distruzione della torre di Babilonia, ci dice Dante. Gli uomini parlavano un unico linguaggio ma nel tempo si sviluppano i diversi volgari, a seconda della geografia e dei popoli che li parlano. In poche parole Dante intuisce e descrive l’evoluzione del linguaggio su base temporale. Dante distingue in tre grandi gruppi i volgari europei: quello greco, quello germano/slavo e quello occidentale. Dopo questa prima divisione, Dante analizza i diversi volgari della nostra penisola per capire quale si adatta meglio all’uso letterario. Ma nessuno soddisfa i suoi requisiti.

Secondo Dante il volgare deve essere illustre, nel senso che deve dare decoro a chi lo usa, cardinale, in quanto deve fungere da cardine rispetto alle altre parlate, aulico, cioè degno di poter essere usato alla presenza di un sovrano, ed infine curiale, cioè tanto nobile da poter essere usato a corte. Non trovando un volgare che soddisfa questi requisiti, cerca di definirlo a partire dalle opere di alcuni autori.

DE VULGARI ELOQUENTIA: SECONDO LIBRO

Nel secondo libro del De Vulgari Eloquentia comincia così un excursus letterario in cui indica quali autori, e in quali opere, hanno espresso meglio i vari argomenti, da quelli morali a quelli amorosi o guerreschi. Per farlo, esplicita i legami tra la poesia provenzale e la scuola siciliana, ma non parla di fenomeni come quello della poesia religiosa umbra (di cui erano parte pure Francesco d’Assisi), e svilisce autori come Guittone d’Arezzo e Brunetto Latini. Secondo Dante la linea evolutiva del volgare trova il suo culmine nella poetica stilnovista. Ma il secondo libro è incompiuto e si ferma al XIV capitolo.

Prima di lasciarti chiariamo ancora un concetto: perché è così importante il De Vulgari Eloquentia? Perché Dante qui anticipa il dibattito intorno all’uso della lingua volgare.

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