De Monarchia di Dante Alighieri | Video
De Monarchia di Dante Alighieri: analisi e spiegazione del trattato politico di Dante. Guarda il video a cura di Chiara Famooss
DE MONARCHIA
Tra la produzione di Dante troviamo anche diversi trattati, di cui solo uno portato a compimento: il De Monarchia. Qui Dante definisce gli obiettivi e le competenze di papato e impero.
Partiamo dal contesto storico in cui Dante scrive il trattato, perché è importantissimo per comprenderlo. Il papato e l’impero lottavano per il potere dall’XI secolo ma nel XIII i rapporti erano diventati più tesi perché Federico II di Svevia, che regnava sul meridione, aveva provato a riportare i comuni del centro-nord sotto il suo controllo.
I pontefici non potevano però perdere il potere e affermavano la supremazia della Chiesa su quella di tutti i sovrani temporali. I comuni italiani si dividono quindi tra fazioni guelfe fedeli al papa e fazioni ghibelline favorevoli all'imperatore.
Nel De Monarchia Dante s'immagina una società in cui ordinamenti giuridici e leggi morali si connettono e si collegano, giustificati da un'ottica storica sorretta dal disegno della provvidenza divina. La cosa interessante è che propone una distinzione netta tra il potere spirituale e quello temporale: quella che fa Dante del potere è una lettura piuttosto audace, visti i tempi!
Il trattato è diviso in 3 parti:
- Nel primo libro Dante parte dal principio che la monarchia universale sia necessaria perché assicura uno stato di giustizia e armonia tra gli uomini che servono per il raggiungimento della felicità terrena. Ma uno degli ostacoli alla felicità è l’avidità. Il desiderio senza fine dei beni terreni e materiali, infatti, deve essere fermato dal sovrano che dovrebbe possedere per sé tutti i beni. Questo libererebbe i sudditi dal desiderio e il monarca rappresenterebbe, quindi, una guida per tutti gli uomini. Dante prende, come esempio di sovrano universale e perfetto, Augusto, il primo imperatore di Roma.
- Il secondo libro inizia proprio con l’Impero Romano. Secondo Dante questo aveva avuto una natura provvidenziale, era il disegno di Dio per unificare e dare la pace agli uomini. Qui Dante intreccia argomenti storici e teologici per dimostrate il diritto dell’Impero a espandersi e quindi la legittimità del Sacro Romano Impero di dichiararsene erede.
- Nell’ultimo e terzo libro Dante smonta la tesi della supremazia imperiale su quella pontificale per poi smontare la teoria del sole e della luna che, in breve, sintetizzava la superiorità papale. Il potere del papa era considerato l’unico reale perché la chiesa rappresentava un’emanazione diretta della volontà di Dio. Per questa ragione il potere temporale, cioè terreno, non può prescindere da quello spirituale. Volendo sintetizzare: il potere imperiale non brilla di luce propria, esattamente come la luna, ma s’illumina con la luce riflessa del sole, il potere spirituale.
Insomma, Dante scrive un saggio in cui filosofia, politica e teologia s'intrecciano, in cui sono presenti influenze aristoteliche, che fanno da base all'intera impalcatura della teoria dantesca: l'uomo è un essere razionale e sociale, dice Dante, e la sua storia si sviluppa tutta attorno a questi due aspetti della sua personalità.
Dante nel De Monarchia inserisce discorsi urgenti e profondi, concetti che ritroviamo anche nel Purgatorio e nel Paradiso della Divina Commedia e che riguardano la sua concezione e organizzazione del mondo