David Hume: vita, filosofia ed il Trattato sulla natura umana

Vita e pensiero di David Hume, filosofo scozzese rappresentante dello scetticismo radicale e del naturalismo, autore del Trattato sulla natura umana
David Hume: vita, filosofia ed il Trattato sulla natura umana
getty-images

1David Hume: vita e opere

David Hume (1711-1776): filosofo e storico scozzese
Fonte: getty-images

David Hume nasce ad Edimburgo, in Scozia, nel 1711 e, seguendo le volontà della famiglia studia per divenire avvocato, pur non nutrendo un grande amore verso la giurisprudenza. I suoi interessi, infatti, si dirigono verso la cultura umanistica: legge Cicerone, Virgilio e si appassiona alla filosofia, al punto da ambire, appena maggiorenne, ad una rielaborazione dello studio dell’uomo, di cui ci occuperemo nel prossimo paragrafo. L’intensa attività intellettuale porta Hume ad un esaurimento nervoso, seguito da crisi depressive, che solo dopo innumerevoli cure mediche riesce a superare.  

Hume decide, così, nel 1734 di trasferirsi in Francia per approfondire i suoi studi: qui dà alla luce il suo scritto più importante, il Trattato sulla natura umana, pubblicato tra il 1739 e il 1740, che però non riceve un’accoglienza benevola da parte dei contemporanei.   

Riddle's Close, Edimburgo: qui, David Hume visse per un po' di tempo. Incisione di Daniel Wilson
Fonte: getty-images

Dopo che l’università della città natale rifiuta la sua candidatura ad una cattedra di filosofia, Hume intraprende la carriera politica, che lo porta a soggiornare in Austria e poi in Italia.
Nel 1752 Hume diventa bibliotecario ad Edimburgo, compone una Storia dell’Inghilterra che gli garantisce finalmente la notorietà a cui aspirava, e poi accetta di trasferirsi nuovamente in Francia con l’incarico di segretario dell’ambasciatore inglese a Parigi. 

A Londra diventa, anche se per un breve periodo, sottosegretario al ministero degli Esteri, e ritorna, infine, a Edimburgo, dove conduce una vita agiata e ritirata insieme alla sorella sino alla sua morte, avvenuta nel 1776.

2La "nuova scena di pensiero"

Hume era fermamente convinto che la maggior parte delle filosofie sino ad allora esposte e conosciute, fossero profondamente fragili e illegittime. Bisognava, a suo parere, fondare un nuovo “pensiero” che avesse finalmente per oggetto la natura umana, non più analizzata in modo grossolano e astratto, ma su base sperimentale. Ciò a cui Hume aspirava era diventare, nel campo della “scienza” della natura umana, ciò che era stato Newton per la fisica.  

Secondo Hume, basandosi sull’osservazione e sul metodo scientifico si sarebbe finalmente potuto accedere alla reale comprensione dell’uomo in tutti i suoi aspetti (conoscitivi, morali, politici ecc): un’operazione fondamentale e urgente in quanto tutte le altre scienze “dipendono in qualche modo dalla natura dell'uomo”.   

George Berkeley (1685-1753): ritratto del filosofo e autore irlandese
Fonte: getty-images

Questa “nuova scena del pensiero” richiedeva, dunque, una totale abiura di qualsiasi approccio metafisico, per abbracciare invece una visione genuinamente e radicalmente empiristica. In prosecuzione con il filone empirista aperto da Locke e proseguito da Berkley, Hume spingerà la sua ricerca dell’uomo sino a degli esiti estremi, depotenziando enormemente le possibilità della ragione di fungere da guida, a tutto vantaggio dell’istinto e del sentimento. Ma addentriamoci con ordine in questo argomento, analizzando il suo capolavoro: il Trattato sulla natura umana.

3Il Trattato sulla natura umana di David Hume

La statua del filosofo David Hume sulla Royal Mile, a Edimburgo
Fonte: getty-images

3.1Su cosa si basa la nostra conoscenza?

Secondo Hume, la nostra conoscenza si basa unicamente sulle “percezioni”, divise in due classi: impressioni e idee.
- Le impressioni sono le percezioni che si presentano in noi nel momento stesso in cui le viviamo, le sentiamo, le proviamo e sono dotate di grande forza. Risultano essere vivide ed evidenti.
- Le idee sono le immagini delle impressioni un po’ sbiadite che si presentano in noi in un momento successivo.

Le conseguenze di questo modo di intendere le cose sono dunque che:
1) non abbiamo conoscenze che non derivino dalla nostra esperienza (percezione). Non esistono idee innate, ma ogni idea è sempre il frutto di una impressione originaria e precedente.
2) Non esistono idee astratte, ovvero idee che non si possano ricondurre a delle impressioni specifiche. Tali sono le idee della metafisica, che non hanno dunque alcun valore.

3.2In che modo conosciamo?

Una volta stabilito che la conoscenza inizia con l’ avere impressioni e, conseguentemente idee, si tratta di capire in che modo si formino in noi delle forme di sapere più complesse.
Nella nostra mente operano due facoltà:
- La memoria, attraverso cui cerchiamo di ricordare l’ordine temporale e spaziale delle nostre idee (per esempio quando e dove abbiamo fatto esperienza di un certo ristorante)
- L’immaginazione, con cui mettiamo in relazione le idee tra di loro con un maggiore grado di libertà. 

Tuttavia, nota Hume, l’immaginazione non è completamente libera, ma è guidata dal cosiddetto “principio di associazione” che, al pari della legge gravitazionale di Newton, si configura come una “dolce forza che comunemente si impone, facendo che la mente venga trasportata da un’idea all’altra”. Per dirla in modo elementare, la nostra mente associa le idee tra loro sempre seguendo alcuni schemi fissi, ovvero seguendo i criteri di somiglianza, contiguità e causalità.
Dall’associazione di una o più idee semplici (idee corrispondenti ad una singola impressione), derivano le idee complesse, che rappresentano tutto il nostro sapere.

3.3L'esito scettico (critica al principio di causalità)

David Hume, filosofo scozzese (1711 - 1776)
Fonte: getty-images

Attraverso l’associazione di idee semplici ricaviamo delle idee complesse e conduciamo, dunque, dei ragionamenti con cui raggiungiamo delle conoscenze. Ma quali saperi possiamo considerare veri e certissimi?
Per Hume unicamente l’algebra e la geometria rappresentano delle conoscenze sempre vere, mentre dobbiamo considerare il resto unicamente come “probabile”. Perché? 

Hume spiega che esistono due forme di relazione tra idee:
- Le relazioni di idee vere e proprie, attraverso cui ricaviamo un’idea derivandola a priori (senza il ricorso all’esperienza) da un’altra. Si basano unicamente sulla nostra logica basata sul principio di non contraddizione e sono, quindi, sempre vere. A questa tipologia appartengono tutte le verità matematiche.
- La relazione tra dati di fatto, che non si basano su nessun principio a priori, bensì sull’esperienza e sono conoscenze solo probabili. È il caso delle scienze naturali. 

David Hume, un disegno a matita
Fonte: istock

Soffermiamoci sulla seconda tipologia: da questo tipo di conoscenze, secondo Hume, non possiamo ricavare nessuna certezza, in quanto c’è sempre la possibilità che “ogni cosa che è, può non essere”.
Ciò avviene perché tutti i ragionamenti che hanno a che fare con dati di fatto si fondano sul rapporto di causa-effetto (affermo, ad esempio, che ai Tropici c’è un clima caldo perché l’ho appreso da un amico). Tuttavia, qualunque effetto non può mai essere ricavato a priori ma è tale solo in quanto è stato conosciuto tramite l’esperienza. E quest’ultima ci rassicura solo su ciò che riguarda il passato, ma non abbiamo nessuna garanzia circa il futuro. 

Il rapporto causale secondo Hume non è, dunque, in nessun modo necessario e valido ma, al contrario, è assolutamente arbitrario.
Ma allora perché l’uomo considera assolutamente certo che domani il sole sorgerà ancora o che tutti gli esseri umani continueranno ad essere mortali? 

Secondo Hume ciò accade per via dell’abitudine: un istinto naturale, un’inclinazione ad aspettarci (senza che intervenga alcun ragionamento) che ciò che si è presentato come regolare nel passato, continuerà a ripetersi anche nel futuro. Dunque, è solo in base ad un nostro istinto soggettivo che riusciamo a fare previsioni, a sentirci ancorati a delle certezze che ci permettono di orientarci perché, confessa Hume, in verità le conoscenze scientifiche (basate sulla causalità) non possiedono nessuna assoluta certezza, ma sono unicamente probabili (scetticismo)

3.4La credenza (critica all'idea di sostanza)

Dall’abitudine deriva la credenza che è un istinto, un sentimento, che ci spinge a riconoscere la realtà di qualcosa e che Hume descrive come “uno dei più grandi misteri della filosofia”. Nonostante, cioè, la ragione possa tranquillamente condurci a pensare che domani il sole potrebbe non sorgere, noi siamo intimamente convinti del contrario. E crediamo, soprattutto, che esiste un mondo esterno (anche mentre noi stiamo dormendo e non ne facciamo esperienza diretta, ad esempio) o un “io”. La critica di Hume alle sostanze materiali (il mondo esterno) e alle sostanze spirituali (l’io, l’anima) è radicale.

Lettera di David Hume a Richard Davenport con riferimento a una proposta per ottenere una pensione dal governo inglese per Rousseau
Fonte: getty-images

1) Gli uomini credono che esista un mondo esterno che abbia un’esistenza permanente e che i corpi, gli oggetti, le cose abbiano una oggettività e realtà che prescinde dalla loro percezione. Secondo Hume, si tratta solo di “credenze”, in quanto ciò che esiste sono unicamente le nostre singole e discontinue impressioni particolari, che noi invece associamo ad una presunta “sostanza

2) Per lo stesso motivo, gli uomini associano ad un “io” l’insieme delle impressioni che hanno. Sentono, cioè, l’esigenza di individuare un qualcosa di unitario e stabile da cui scaturiscono le varie percezioni che si susseguono nel corso della vita.
Non ho impressioni del mio “io”, come non ho impressioni delle “cose esterne”. Nella totale incertezza in cui muoviamo, ciò che ci rimane è dunque unicamente il nostro istinto che funge da guida e ci rassicura nella nostra condotta pratica. 

L'abitudine... è la grande guida della vita umana. D. Hume

    Domande & Risposte
  • Chi è stato Hume?

    E’ stato un filosofo scozzese rappresentante dello scetticismo radicale e del naturalismo.

  • Da chi è stato influenzato Hume?

    Da John Locke, Cartesio, Thomas Hobbes.

  • Qual è la sua opera più importante?

    Il trattato sulla natura umana.