La cultura europea tra le due guerre

Storia della cultura europea nei vent'anni tra la fine della Prima guerra mondiale e l'inizio della Seconda. Letteratura e arte tra sconvolgimenti bellici e crisi economica.
La cultura europea tra le due guerre
getty-images

1L'Europa dopo la Prima guerra mondiale

La copertina del primo numero del periodico "Poesia" fondato da Marinetti
Fonte: getty-images

La prima guerra mondiale è un evento traumatico per l’intero continente europeo. Un dispiegamento di forze mai visto prima, l’uso massiccio di mitragliatrici, carri armati e aerei, avevano trasformato il volto stesso della guerra, rendendola per molti aspetti un vero e proprio massacro.

La guerra era stata favorita, oltre che da rapporti geopolitici sempre più tesi che sembravano inevitabilmente portare allo scontro, anche dalle idee e dalle posture ultranazionaliste che si diffondono nel continente grazie ad alcune avanguardie artistiche e letterarie;

in Italia gli esempi più evidenti di queste tendenze si trovano nel futurismo, in particolare negli scritti di Marinetti, e nel nazionalismo di scrittori irredentisti come Scipio Slataper

Alla fine della guerra lo scenario politico e ideologico, e quindi anche quello culturale, appaiono mutati, si aprono vent’anni di pace in cui si condensano avvenimenti storici epocali. 

A oriente la Rivoluzione bolscevica porta prepotentemente un nuovo attore sul palcoscenico della politica, mentre a occidente gli Stati Uniti si affermano definitivamente come soggetto di riferimento per l’Europa sia da un punto di vista economico che culturale, proponendo modelli letterari, come ad esempio la scrittura asciutta e giornalistica di Hemingway o Steinbeck, o musicali come il jazz

Un’epoca che ha il suo spartiacque nella crisi economica del 1929, e nel passaggio dagli anni Venti caratterizzati dalla ricerca di una nuova stabilità e da una fase economica di crescita, ai Trenta in cui una nuova crisi e il polarizzarsi definitivo dello scontro politico e portano allo scoppio del nuovo conflitto mondiale.

2La situazione italiana tra le due guerre

Nella generale complessità della situazione post-bellica, il caso italiano presenta più di una peculiarità.

La profonda crisi economica e il dissesto sociale creati dalla pessima gestione della guerra, insieme al disconoscimento delle richieste territoriali da parte degli alleati, creano un malcontento diffuso che è alla base prima delle decise proteste sindacali, che sfociano nell’insurrezione del biennio rosso, e poi del fascismo guidato da Mussolini.

Il movimento fascista, diventato partito nel 1921, si caratterizza come un movimento antisindacale espressione della parte più reazionaria della società italiana, e si contrappone al Partito Socialista e alla nascente ala comunista.

Uno scontro che avviene anche sul piano culturale: infatti, quando nel 1926 il governo Mussolini viene accusato dell’omicidio Matteotti, trova sostegno nelle personalità che aderiscono al Manifesto degli intellettuali fascisti promosso da Giovanni Gentile e che tra i firmatari vede anche personaggi del calibro di Ungaretti, Pirandello, D’Annunzio e Marinetti

Negli stessi anni si forma il Partito Comunista d’Italia (1921) che riunisce diverse personalità tra cui spicca quella di Antonio Gramsci, singolare figura di filosofo, linguista e militante politico che sconta la sua opposizione al regime fascista con il carcere, dove trova la morte nel 1937. 

Nonostante le dure condizioni di vita Gramsci ha comunque modo di scrivere e riflettere sulla realtà sociale italiana, lasciando un’eredità intellettuale tutt’ora viva

In risposta al Manifesto di Gentile viene promosso da Benedetto Croce il Manifesto degli intellettuali antifascisti che viene a sua volta sottoscritto da molte personalità della cultura italiana come Montale e Calamandrei

È interessante notare come in Italia le avanguardie letterarie e artistiche, così dirompenti a inizio secolo, dopo il conflitto perdono efficacia, venendo anche fortemente contestate da intellettuali di correnti classiciste, e perdono progressivamente la loro funzione di critica sociale venendo progressivamente assorbite dal regime

3Le nazioni sconfitte della Prima guerra mondiale

Lo scrittore austriaco Joseph Roth a Parigi nel 1925 circa
Fonte: getty-images

I costi politici, umani ed economici sono devastanti per gli stati usciti sconfitti dal conflitto.

L’impero austro-ungarico cessa di esistere: Carlo I d’Asburgo fugge in esilio e l’impero viene suddiviso in stati nazionali con costituzione repubblicana, ma nonostante il ridimensionamento, l’Austria continua a essere uno dei centri culturali europei di maggiore importanza.

Tra i letterati più importanti ci sono Joseph Roth, giornalista e autore de La marcia di Radetzky (1932), un romanzo in cui si racconta dello scioglimento del secolare impero asburgico, e Robert Musil, autore della monumentale, e incompiuta, storia di Ulrich, la cui esistenza viene raccontata nel romanzo dal significativo titolo di Uomo senza qualità.

Bertold Brecht, drammaturgo tedesco
Fonte: ansa

Dal punto di vista sociale e politico, una sorte peggiore tocca alla Germania che viene ridotta sul lastrico dall’alienazione delle regioni minerarie più ricche e da indennizzi di guerra esorbitanti

come in Italia, la tensione sociale si trasforma rapidamente in un aspro scontro politico che si riflette anche nella letteratura

nel campo socialista si distinguono le opere teatrali di Bertolt Brecht mentre, sull’opposto versante ideologico, è notevole l’opera di Ernst Junger che parte dalla sua esperienza bellica per sviluppare riflessioni fortemente conservatrici. 

Tedesco è anche Erich Maria Remarque, autore del celebre Niente di nuovo sul fronte occidentale in cui racconta la sua esperienza nelle trincee in maniera cruda.

Ma la nuova Germania repubblicana si distingue per la sua vivacità culturale in senso assai ampio, e non solo strettamente letteraria. 

Durante la breve esistenza della cosiddetta Repubblica di Weimar, prima della presa di potere dei nazisti, c’è tutto un fiorire di sperimentazioni artistiche e architettoniche, campo in cui, ad esempio, nasce il Bauhaus, una scuola di architettura e design che cerca di coniugare le più recenti scoperte della tecnica con le nuove esigenze di una società che si avviava ad essere di massa

4Lo smarrimento inglese

Lawrence d'Arabia durante la Rivolta araba. Odierna Giordania, 1916-1918
Fonte: getty-images

Uscita vincitrice dal conflitto, l’Inghilterra si ritrova comunque fortemente indebolita sul piano internazionale. Le ferite sociali, psicologiche e collettive del conflitto si riflettono nell’ambito letterario nei modi più vari e originali.

Originale è senza dubbio il racconto autobiografico della guerra che Thomas E. Lawrence, diplomatico inglese attivo sul fronte arabo contro l’impero ottomano, racchiude nell’opera dai forti toni filosofici ed evocativi intitolata I sette pilastri della saggezza.

Lo spettro della guerra si agita anche nelle pagine del Signore degli anelli, grande opera di fantasia scritta dal filologo John R. R. Tolkien, che aveva combattuto violentissime battaglie sul fronte franco-tedesco; in questo poderoso romanzo riecheggia il trauma della violenza e della distruzione dei legami di amicizia provocati dalla guerra.

La letteratura inglese di questo periodo concentra la sua riflessione soprattutto sull’alienazione prodotta dalla società massificata e capitalista, che sembra svuotare gli uomini della loro anima e della loro parte spirituale. Idee che si ritrovano nella poesia dal titolo Gli uomini vuoti scritta da Thomas Eliot nel 1925.

Lo stesso argomento viene trattato, con un approccio marcatamente diverso, da Aldous Huxley che ne Il mondo nuovo racconta un futuro distopico in cui l’esistenza umana è determinata da una tecnologia pervasiva, gestita da un potere impersonale e oppressivo, che sopprime qualsiasi espressione sincera dei sentimenti, e quindi impedisce di immaginare un diverso modo di vita.

Una copia del romanzo "1984" di George Orwell
Fonte: getty-images

Gli stessi timori sulla pervasività della tecnologia si ritrovano in 1984 di George Orwell, dove però il futuro distopico immaginato dall’autore sviluppa le caratteristiche di quei regimi totalitari e oppressivi che, per la prima volta, si affacciano sul palcoscenico della storia. 

Orwell, inoltre, partecipa come volontario internazionalista alla guerra civile spagnola, esperienza determinante nel fargli prendere posizione contro tutti i totalitarismi, e che racconta nel suo Omaggio alla Catalogna