Cristianesimo: origini, storia e caratteristiche
Indice
1Cristianesimo, storia di un culto rivoluzionario
Nei primi due decenni dell’Impero romano abbiamo assistito a un evento che avrebbe mutato le sorti dell’intera umanità: la nascita della religione cristiana. Prima di diventare un fenomeno religioso planetario, il cristianesimo aveva trovato spazio nel processo di diffusione dei culti orientali, come già accaduto per il culto del dio Mitra (divinità protettrice dei soldati), diffusosi in Occidente a partire dalla seconda metà del I secolo d.C.
Il culto mitraico aveva trovato fedeli soprattutto in ambiente militare, vista la grande mobilità imposta alla professione della armi.
I legionari romani si spostavano nei domini dell’impero, riportando nell’Urbe dei caratteri religiosi nuovi, che in alcuni casi furono assimilati dalla società romana. Il successo dei culti venuti dall’esterno non è però spiegabile col solo processo di mobilità, che è infondo connaturato alla struttura di qualsiasi forma imperiale con ambizioni di lunga durata.
- Tutto Storia: schemi riassuntivi e quadri di approfondimento
Per conoscere e ricordare i concetti, gli eventi e i principali avvenimenti della storia dalle origini a oggi.
Ben più rilevante era la crisi del carattere pubblico della religione romana, non più adeguata al mutamento di una società che aspirava, per larghi strati, al coinvolgimento del singolo fedele nei culti misterici, portatori di un messaggio considerato rassicurante e consolatorio e capaci di veicolare un inedito rapporto tra condotta terrena e vita nell’aldilà: il destino della beatitudine passava attraverso i meriti della vita sulla terra.
Diffondendosi in Occidente, non fecero alcuna concorrenza ai culti tradizionali: gli uni non escludevano gli altri, perché tutti partecipavano alla comune sensibilità del politeismo. Ben diverso sarebbe stato il caso del cristianesimo, il cui rigido monoteismo fu ben presto avvertito come una minaccia eversiva che rifiutava il credo ufficiale.
La storia delle origini del cristianesimo è legata alle vicende della Palestina, una terra ricca ma martoriata dai continui conflitti. In quel piccolo territorio convivevano popoli diversi, ciascuno attaccato alle proprie tradizioni, ed i tentativi delle potenze straniere di assume il controllo di quel lembo di terra avevano sortito il risultato di destabilizzare la regione.
Con il dominio del regno di Siria, avviato nel 200 a. C, si intensificò il processo di ellenizzazione del Paese. Il modello di vita greco richiedeva enormi costi, che normalmente non erano alla portata delle risorse finanziarie delle comunità locali che subivano una pressione fiscale fortissima.
La conseguenza della tassazione elevata fu un movimento di ribellione guidato da Giuda Maccabeo, che portò nel 168 a.C. alla creazione di uno Stato indipendente di Giudea. Il nuovo Stato “asmoneo” era governato da un sacerdote del Tempio di Gerusalemme, che avviò un processo di sradicamento della cultura ellenica e di abbattimento dei culti stranieri. Intere comunità furono convertite all’ebraismo, ma la persistenza dell’ellenizzazione arginò, almeno in parte, il processo nazionalistico.
In seguito alla conquista romana della Siria (64 a. C), la Giudea vide restringersi i propri confini e finì nel gorgo della guerre civili e, come se non bastasse, sotto costante minaccia della potenza egiziana. A quel punto, i romani consegnarono il territorio ad Erode, uomo non lontano dai principi della romanizzazione. Erode, che governò dal 37 al 4 a. C, era il classico sovrano permeato dall’ellenismo, e dimostrò di rispettare il culto giudaico, costruendo un nuovo Tempio.
Alla morte del sovrano, la Giudea divenne una provincia dell’impero romano con a capo un prefetto. Un cambiamento notevole della forma statuale, che però non incise sulla vita del Sinedrio, massima assemblea religiosa per gli ebrei. Il governatore aveva facoltà di sceglie il sommo sacerdote e il popolo giudaico doveva garantire costanti testimonianze di leale sottomissione (sacrifici a favore dei romani), particolarmente umilianti per la più antica religione monoteistica.
2Il cristianesimo e il verbo del Messia
In quel contesto di costante ostilità al dominatore romano, iniziarono le predicazioni di Gesù Cristo, la cui cronologia di vita è al centro di aspri diatribe tra gli studiosi. Su periodo storico, disponiamo di poche fonti, ed alcune, come i Vangeli, che pur indagano molti aspetti di una realtà storica determinata, non possono essere annoverati come documenti storici in senso stretto. È ineludibile il carattere religioso dei Vangeli. In ogni caso, è ormai lecito affermare, anche tra gli storici, che Gesù nacque negli ultimi anni del regno di Erode.
La prima fase delle sue predicazioni si svolse in Galilea, dove reclutò i primi discepoli, rispondendo alle esigenze di salvezza degli stati più poveri della popolazione. In quella fase delle predicazioni, Gesù si attirò l’ostilità delle sette dei Farisei e i Sadducei. Il fatto che egli si rivolgesse in primo luogo ai poveri e ai diseredati diffuse, fin da subito, il timore di possibili agitazioni sociali.
Fu quindi per ragioni d’opportunismo politico che la classe dirigente giudaica trovò una convergenza d’interessi con governanti romani. Gesù fu arrestato e giudicato congiuntamente dal Sinedrio e dal prefetto Ponzio Pilato. Da un primo nucleo originario, attorno al messaggio di resurrezione di Gesù Cristo, condannato al supplizio e morto sulla croce, si moltiplicarono le adesioni. La distinzione tra cristianesimo e le tante sètte giudaiche divenne netta.
A distinguere i cristiani dagli altri giudei, restava il fatto che questi ultimi non avevano riconosciuto in Cristo il Messia. Frattura che divenne insanabile con l’opera di San Paolo, considerato il padre della teologia cristiana.
L’apostolo Paolo veniva da Tarso, una città portuale dell’Anatolia orientale, i suoi genitori erano ricchi commercianti che erano soliti fare affari con le legioni romane. Grazie ai buoni uffici ottenuti dalla ricca attività, Paolo era divenuto cittadino dell’impero, ottenendo la possibilità di formarsi in Legge ebraica a Gerusalemme, con l’obiettivo di diventare rabbino.
Secondo gli Atti degli Apostoli, la sua conversione fu improvvisa ed avvenne mentre si recava a Damasco per contrastare la sètta cristiana su ordine del Sinedrio. Dal 49 al 52 Paolo intraprese lunghi viaggi con lo scopo di convertire le genti al cristianesimo grazie alla sua fervida attività di missionario. Tornato a Gerusalemme, fu arrestato e condotto a Roma per essere processato. Assolto in una prima occasione, fu nuovamente processato per volere di Nerone, ed in quest’occasione condannato a morte e decapitato (65 d.C.).
Le Lettere che Paolo inviava alle varie comunità cristiane, e che ancor oggi ispirano la riflessione dei teologi cristiani, attestano una profondità di riflessioni filosofiche ed una finezza politica non comuni. Sotto quest’ultimo punto di vista, Paolo aveva intuito che la strada giusta per allargare la famiglia dei cristiani era l’integrazione all’interno dello Stato, accettandone leggi sottomettendosi all’autorità romana.
Inoltre, la diffusone del cristianesimo in tutto l’impero sarebbe stata facilitata dall’assenza di prescrizioni che rientravano nella tradizione giudaica. A differenza del giudaismo, che non era soltanto una religione ma rappresentava anche un popolo, convertirsi al cristianesimo non significava anche cambiare patria per entrare nel popolo eletto d’Israele. La religione cristiana aveva infatti un carattere universale.
3L’organizzazione del cristianesimo e le persecuzioni dei romani
Per entrare nella comunità cristiana era necessario aver ricevuto il battesimo. Originariamente, per ricevere il sacramento bastava dichiarare il proprio pentimento davanti a Cristo, ma successivamente il rito fu preceduto da un periodo di catechesi durante il quale i futuri fedeli ricevevano i principi fondamentali della religione cristiana. Soltanto i cristiani battezzati avevano accesso all’eucarestia, l’atto con cui il fedele entrava in rapporto con Cristo e la comunità dei fedeli, da qui il termine “comunione” che entrerà solo in seguito nel linguaggio comune.
Dal IV secolo in poi, l’aumento dei fedeli impose alle comunità cristiane il delicato problema dell’organizzazione. Ciascuna comunità scelse un vescovo, da cui dipendevano diaconi con funzioni amministrative e presbiteri con compiti spirituali.
Il primato tra i vescovi spettava a quello di Roma, dipendente dal primato dell’apostolo Pietro. Questa posizione eminente del vescovo di Roma, attestata già dal II secolo, preparò la successiva supremazia del pontefice romano. In quella fase il vescovo di Roma non era ancora “papa”, ed aveva semplicemente più prestigio - ma non maggiore potere - rispetto agli altri vescovi.
Nel periodo precedente le difficoltà era ben maggiori, tra la fine del II secolo e la metà del III sec. d. C, i cristiani dovevano infatti sottostare a sacrifici dovuti al “genio” dell’imperatore, per non rischiare di attirare ostilità con rifiuti che sarebbero stati interpretati come una dichiarazione di ostilità nei confronti del potere romano.
La necessità di rispondere a simili accuse spinse molti autori cristiani di lingua greca e latina a redigere scritti apologetici. In questo senso, la figura di Tertulliano è emblematica. L’autore dell’Apologetico respinse le accuse di lesa maestà rivolte ai cristiani in maniera ben più efficace di autori come Clemente Alessandrino e Origene che tentarono invece di conciliare la tradizione letteraria greca con il credo cristiano, con l’obiettivo di renderlo accettabile per le élites romane.
Le fasce più elevate della popolazione erano le più ostili al credo considerato oltremodo pericoloso. I provvedimenti repressivi aumentarono durante il regno di Domiziano (81-96 d.C), che tentò di evitare la penetrazione di elementi cristiani nella corte imperiale.
Le ostilità cessarono solo durante il regno di Traiano che avviò una politica moderata, scoraggiando denunce e delazioni nei confronti dei cristiani. Erano solo una tregua, le persecuzioni sarebbero tornate dalla metà del III secolo, sotto l’imperatore Decio, quando i cristiani affrontarono il martirio per le continue accuse di mancato sacrificio. Tuttavia, le persecuzioni non sortirono l’effetto desiderato, ed i supplizi subiti da alcuni non fecero che aumentare il numero di fedeli.
Il cristianesimo delle origini non solo resisteva, ma continuava a sfidare il potere sfruttando la profonda inquietudine di un’epoca in cui molti non riuscivano a dare una spiegazione razionale dell’improvvisa decadenza, come testimoniato da uno scritto del vescovo di Cartagine Cipriano dedicato ad un pagano: ‹‹Hai torto tu, nella tua stolta ignoranza del vero, di protestare che queste cose accadono perché noi non onoriamo gli dèi, accadono, perché voi non onorate Dio›› (Cipriano, A Demetriano, 3-5).
3.1Guarda il video sull'arte paleocristiana
-
Domande & Risposte
-
Perché si dice cristianesimo?
Deriva da Cristo, in quando i cristiani erano giudei dalla parte di Gesù.
-
Chi è Gesù Cristo per i cristiani?
Per i cristiani Gesù è il Messia e l'unico e il solo figlio di Dio.
-
Dove è morto Gesù Cristo?
Secondo la tradizione è morto fuori dalle mura di Gerusalemme, nel Calvario.