Crisi del Seicento in Europa: riassunto
Le cause e le conseguenze della crisi del Seicento in Europa: riassunto. Carestie, malattie e guerre che falciarono l’Europa nel 1600
LA CRISI DEL SEICENTO IN EUROPA: RIASSUNTO
Carestie, malattie e guerre. La crescita demografica ed economica che aveva caratterizzato il Cinquecento subì una battuta d’arresto nel Seicento, quando sull’Europa si abbatté una crisi che colpì le campagne, le manifatture e i commerci.
CRISI DEL ‘600: CAUSE E CONSEGUENZE
Per molti aspetti questa crisi era simile a quella che si verificò nel Medioevo, in particolare nel Trecento.
Le cause profonde, infatti, risiedono nei limiti dell’economia europea: la produzione agricola non aveva conosciuto significativi progressi perché la terra continuava ad essere gestita con metodi feudali ed era destinata prevalentemente alla produzione di un unico tipo di prodotto, i cereali, i cui prezzi erano saliti fino ai primi vent’anni del Seicento.
La crisi fu annunciata da una serie di annate fredde sul finire del XVI secolo, che causarono scarsi raccolti e conseguenti carestie; con la denutrizione ripresero forza le epidemie.
Le guerre che durarono per buona parte della prima metà del secolo seminarono distruzioni, massacri, miseria e fame. Infine, puntuale come sempre nei momenti di gravi difficoltà, ritornò la peste che si dimostrò micidiale soprattutto nelle città.
Guerre, fame e malattie provocarono un nuovo calo demografico, che fu assai sensibile in Italia e in Germania.
A sua volta, la diminuzione della popolazione si tradusse in una caduta della domanda dei beni di consumo e i prezzi dei cereali, il principale prodotto dell’agricoltura europea, crollarono.
Il risultato fu un forte rallentamento della produzione agricola e delle manifatture e l’estendersi della disoccupazione.
La crisi colpisce le classi più povere. Il crollo dei redditi agricoli provocò a sua volta la riduzione della domanda di prodotti delle manifatture, che già avevano un mercato ristretto a causa della povertà delle masse contadine.
La crisi si estese alle manifatture che utilizzavano manodopera specializzata e da queste al commercio continentale dell’Europa.
Si riaccesero i conflitti tra le classi sociali e le guerre commerciali e militari fra le nazioni per spartirsi la ricchezza esistente. In gran parte dell’Europa il Seicento fu il secolo dei poveri, che divennero un problema per la società e per gli stati del nostro continente.
Per finanziare le guerre e mantenere la burocrazia, gli Stati avevano bisogno di molto denaro. I sovrani dovettero inasprire il prelievo fiscale che divenne insopportabile per contadini e salariati, già provati dalle carestie e dalla disoccupazione.
Per questo, nella prima metà del Seicento, insurrezioni e ribellioni si suggerirono in tutta Europa.
Spagna e Italia in declino. Nel Cinquecento la Spagna aveva beneficiato delle importazioni di oro e di argento americano grazie alla scoperta dell'America, ma anziché investire la ricchezza di nuove e più moderne attività agricole o manifatturiere, aveva preferito spenderla importando beni di consumo dai mercati europei.
Quando cominciarono a esaurirsi le miniere del Nuovo continente, il paese si avviò verso la decadenza economica e politica.
In Italia, in buona parte controllata dalla Spagna, le conseguenze della crisi furono particolarmente dure nelle campagne del Meridione, dove i feudatari ampliarono i loro privilegi e imposero una tassazione che pesava esclusivamente sulle classi più povere.
Anche la produzione tessile entrò in crisi e subì nell’arco di un secolo un vero e proprio crollo, dovuto alla concorrenza dei panni inglesi e olandesi, meno raffinati, ma anche meno costosi.
Si salvarono soltanto le manifatture che producevano beni di lusso rivolti alle élite, e alcune regioni centro-settentrionali dove l’introduzione delle colture specializzate del riso e del gelso evitò l’abbandono delle campagne e costituì l’avvio di una più profonda trasformazione che si realizzerà nel Settecento.