Crin d'oro crespo e d'ambra tersa e pura: parafrasi e spiegazione
Crin d'oro crespo e d'ambra tersa e pura: parafrasi e analisi. Figure retoriche e spiegazione del sonetto di Pietro Bembo
CRIN D'ORO E CRESPO E D'AMBRA TERSA E PURA
Crin d’oro e crespo e d’ambra tersa e pura: parafrasi
Capelli ricci biondi come l’oro, lucenti e nitidi come l’ambra, che ondeggiate e volate sul volto candido all’aria, occhi dolci e più chiari del sole, tanto splendenti da trasformare la notte più scura in un giorno luminoso,
sorriso che calma e placa anche le sofferenze più crudeli, portando la pace e la serenità, labbra e denti, da cui escono parole così dolci che l’anima no desidera nessun altra gioia, mani bianche come l’avorio, che incatena e ruba i cuori,
canto, che sembra un’armonia divina, assennatezza e prudenza, nella più giovane età, grazie mai veduta prima fra noi,
somma onestà congiunta alla massima bellezza, l’esca da cui sprigionò il fuoco, e sono in voi tante grazie, che il cielo destina a poche persone.
CRIN D'ORO E CRESPO E D'AMBRA TERSA E PURA: ANALISI
Le immagini più significative sono quella che caratterizzano l’aspetto della donna amata:
- “crin d’oro crespo” per rappresentare i capelli biondi
- “su la neve” che sta ad indicare il viso di colore candido, rappresenta la purezza
- “occhi soavi e più chiari che il sole” per aumentare l’idea di luminosità e brillantezza, che viene ulteriormente accentuata nel v.4 “ da far giorno seren la notte oscura”
- “riso, ch’acqueta ogni aspra pena e dura”, quindi un sorriso che riesce addirittura a calmare le sofferenze più crudeli
- “rubini e perle” che rappresentano rispettivamente le labbra rosse (color rubino) e i denti bianchi (colore delle perle)
- “mani d’avorio” che rappresentano il colore delle mani quindi non logorate da nessun tipo di lavoro
- “cantar, che sembra d’armonia divina”.
Quest'ultima immagine viene usata per elevare al massimo la donna, in quanto le viene aggiunto addirittura un tocco divino, “senno maturo a la più verde etade”: nonostante sia giovane, la ragazza è comunque dotata di grande senno e prudenza tipico delle donne mature. Abbiamo poi “e sono in voi grazie, ch’a poche il ciel largo destina“: qui Bembo da un’ulteriore tocco divino alla donna, in quanto conferisce a Dio il merito delle sue grazie, aggiungendo che è stato proprio Dio a scegliere lei tra le tante persone presenti sulla terra.
Le immagini sono tutte legate tra loro perché rappresentano tutte la bellezza e le virtù della donna amata, si possono tuttavia distinguere in immagini riferite all’aspetto puramente estetico della donna quindi che esaltano la bellezza: “crin d’oro”, “su la neve”, “occhi più chiari chel sole”, “riso ch’acqueta ogni aspra pena e dura”, “rubini e perle”, “man d’avorio”.
Inoltre vi sono le immagini che rappresentano le virtù della donna: ”cantar, che sembra d’armonia divina”, “giunta a somma beltà somma onestade”, “e sono in voi grazie, ch’a poche il ciel largo destina”.
È possibile dividere il sonetto in due aree semantiche differenti la prima costituita dalle prima due quartine ed è caratterizzata dalla presenza di elogi verso la donna amata di carattere estetico: capelli, viso, occhi, sorriso, bocca, denti e mani. La seconda area semantica è invece costituita dalle due terzine finali ed è individuata dalla presenza di virtù che vanno oltre la bellezza del corpo ma arrivano alla bellezza dell’anima e addirittura raggiungono la volontà divina.
Il componimento segue le caratteristiche del tipico sonetto petrarchesco: è quindi formato da due quartine iniziali più due terzine finali, in totale quindi è composto da quattordici versi.
I versi sono tutti endecasillabi, infatti c’è regolarità nella loro misura.
CRIN D'ORO CRESPO E D'AMBRA TERSA E PURA: FIGURE RETORICHE
È presente un’allitterazione al verso 12, dove si ha una ripetizione della parola somma: “giunta a somma beltà, somma onestade”.
Sono presenti due enjambement uno al verso 6 “rubini e perle, ond’escono parole/ sì dolci, ch’altro ben l’alma non vòle” e uno al verso 13 “fur l’esca del mio foco, e sono in voi/ grazie, ch’a poche il ciel largo destina”.
È presente un’allitterazione al primo verso: “cRin d’oRo cRespo e d’ambRa teRsa e puRa”.
È possibile collegare il sonetto di Bembo con il sonetto di Petrarca “erano i capei d’oro a l’aura sparsi”; questo a causa della presenza della parola “l’aura”, inconfondibile allusione al sonetto di Petrarca.
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