Il concetto di sé: definizione, significato e teorie
Indice
1Il concetto di sé
Il concetto di sé è oggetto di numerosi studi nel campo delle scienze sociali. Il sé è ciò che un individuo pensa di se stesso, l’immagine che ha di sé nei vari contesti sociali in cui è immerso, è espressione di specifici punti di vista e prospettive, è legato allo sviluppo cognitivo del soggetto e alle differenti esperienze che egli affronta nel corso della sua vita e in relazione con gli altri.
2Cos'è l'autostima?
L’autostima può essere definita come la percezione che un individuo ha di sé, delle proprie capacità e competenze misurate in tutti i contesti nei quali egli conduce la sua vita; al contempo, l’autostima è un sistema di giudizio in base al quale è possibile modulare la valutazione di eventi passati e organizzare la progettazione di comportamenti da seguire nel presente e nel futuro.
Secondo lo psicologo William James, le aspettative da un lato e i successi dall’altro sono determinanti nel rafforzare o indebolire l’autostima di un individuo. Alla base dell’autostima vi è infatti il rapporto tra il Sé percepito, cioè l’idea che ognuno ha di se stesso, e il Sé ideale, cioè quello che si aspira a essere. Se lo scarto tra queste due entità non viene mai colmato, si può incorrere in un basso livello di autostima; al contrario, se la discrepanza tra i due sé è annullata o tende a ridursi, si raggiunge un alto grado di soddisfazione.
Le relazioni con gli altri sono determinanti nella costruzione della propria valutazione: prima la famiglia, poi i pari, soprattutto per ciò che concerne il periodo dell’adolescenza, sono decisivi. Charles Horton Cooley ha sottolineato la centralità dell’interazione sociale nella costruzione dell’identità e la sua influenza sull’autostima.
Secondo la sua teoria del “looking glass self”, gli altri, infatti, mostrando ciò che pensano di un individuo, permettono a costui di costruire una immagine di se stesso che, come il riflesso in uno specchio, gli fornisce informazioni sulla propria persona. A partire da queste informazioni egli elabora una propria autovalutazione.
3Identità: definizione e teorie
L’identità è una componente dell’Io. Riconoscere la propria identità e avere la consapevolezza che gli altri la sappiano individuare è un aspetto che contribuisce in maniera fondante all’integrità della psiche.
William James, nella sua interpretazione del concetto di identità, opera una distinzione tra l’Io e il Me, le due componenti essenziali del Sé. L’Io è l’istanza consapevole e improntata all’azione, in grado di compiere azioni, di porsi in relazione con il mondo esterno e di riflettere su se stesso. Il Me è quella parte del Sé che l’Io è in grado di conoscere, è quindi ciò che una persona conosce di se stessa e che percepisce di sé come individuo.
Inoltre, il Me ha una triplice dimensione:
- il Me materiale, relativo all’immagine esteriore che un individuo riconosce come propria;
- il Me sociale, alla base della percezione di sé tra gli altri e all’interno dei contesti relazionali;
- il Me spirituale, identificabile con quella componente in grado di riflettere.
George Herbert Mead è un filosofo che ha sottolineato il ruolo centrale delle interazioni sociali, in particolare con le figure significative, nella costruzione dell’identità individuale. Il Sé si sviluppa nel momento in cui il bambino è in grado di conoscere e usare i simboli (primariamente il linguaggio), assumere il punto di vista degli altri e prospettive differenti dalla propria. Fondamentali per la definizione della personalità di un individuo sono appunto le relazioni e le interazioni sociali che egli, durante l’infanzia e a seconda della fascia d’età, riesce a instaurare.
A partire da una fase esclusivamente imitativa, il bambino passa poi a uno stadio in cui è in grado di cominciare a comunicare con l’altro, prima con le figure maggiormente significative e poi con il gruppo di appartenenza e con la società in un senso più ampio.
Attraverso la comunicazione e la relazione si attua il processo di creazione della propria identità e si realizza quella interiorizzazione dei ruoli sociali che permette all’individuo di assumere e fare propria la prospettiva del gruppo di appartenenza, definito da Mead come l’Altro generalizzato. L’individuo accoglie in sé la molteplicità dei ruoli sociali e li integra in un’unica struttura identitaria.
Tra le teorie in merito allo sviluppo dell’identità negli individui, una delle più accreditate è quella proposta dallo psicologo Eric H. Erikson, ideatore di un modello stadiale che copre l’intera esistenza dell’uomo. L’Io, così come è stato definito da Freud, è centrale nel definire l’identità di un soggetto. Infatti, dall’infanzia alla vecchiaia, ogni soggetto attraversa 8 stadi evolutivi o psicosociali corrispondenti a 8 crisi di identità attraversate dall’Io.
Durante ogni stadio, l’individuo vive un conflitto tra due forze antitetiche, una positiva, l’altra negativa. Se la crisi si chiude in modo positivo, cioè si ha una dinamica che si risolve con un prevalere equilibrato della forza positiva, si ha l’affermarsi di una virtù (ad esempio, la speranza nella prima infanzia o la fedeltà durante l’adolescenza) che accompagna l’individuo in tutta la sua vita; in caso di mancata soluzione della crisi, invece, si ha l’insorgenza di una patologia. Ogni stadio infatti ha in potenza due patologie: una delle due emerge quando una delle forze in conflitto tende a prevalere in modo non equilibrato sull’altra.
Per la soluzione delle crisi, fondamentali sono le relazioni significative che l’individuo instaura con gli altri e in particolare con la figura di riferimento, la madre nella prima infanzia, poi la famiglia, i pari e infine, nello stadio psicosociale più avanzato la società nel suo complesso.
4Senso morale: definizione e significato
Il senso morale è costruito su principi di giustizia che possono variare a seconda dei soggetti che li elaborano e se ne fanno interpreti. Riguarda dunque la definizione di ciò che è ritenuto bene e ciò che è considerato, invece, male all’interno di una determinata società. All’interno delle scienze sociali, il dibattito sul modo in cui l’individuo impara a conoscere tale dicotomia e sull’influenza che tale opposizione esercita sui comportamenti e le scelte di un soggetto, ha avuto ampio spazio.
Tra le teorie sullo sviluppo morale, molto nota è quella proposta dallo psicologo Lawrence Kohlberg. Egli ha elaborato una teoria che connette lo sviluppo morale alla capacità di trasformare il proprio pensiero a seconda delle circostanze e delle interazioni con l’ambiente e con gli altri. Inoltre, egli ritiene che ogni cultura declini i propri sistemi di valore in modo differente, ma che esista un principio di moralità universale.
Il suo modello teorico relativo allo sviluppo morale prevede la suddivisione in stadi, ciascuno dei quali corrisponde a strutture di pensiero e a tipologie di ragionamenti morali:
- Livello pre-convenzionale (bambini tra i 4 e i 10 anni). Il bambino sa riconoscere cosa è giusto e sbagliato a partire dalle conseguenze che insorgono in seguito a una azione. La paura della punizione, prima, e, in seguito, la ricerca del maggiore vantaggio sono discriminanti nel determinare un suo comportamento e nel determinare il giudizio, positivo o negativo, che egli attribuisce alle sue azioni.
- Livello convenzionale, riscontrabile sia negli adolescenti che negli adulti, è lo stadio durante il quale si ritiene giusta una azione se questa è compiuta rispettando le norme o a favore del gruppo di appartenenza (famiglia, società, ecc.) dell’individuo. Negli adolescenti si riscontra la tendenza a ritenere giusti i comportamenti che suscitano approvazione e ammirazione; per un adulto è giusto l’atto che si conforma alla norma o che è eseguito nel rispetto della legge.
- Livello Post-convenzionale, non è uno stadio raggiunto da tutti e non può svilupparsi prima dell’adolescenza. Il raggiungimento di tale stadio si evince dalla possibilità di elaborare nuovi valori, più generali rispetto a quelli condivisi dal proprio gruppo o dalla società di riferimento. Il raggiungimento di tale stadio può manifestarsi nella formulazione di principi etici universali.
5Sessualità
La teoria sulla sessualità proposta da Sigmund Freud continua a essere un riferimento imprescindibile per ogni riflessione che intenda studiare psiche umana e sessualità. Indagando lo sviluppo della psiche nel bambino e nel giovane, egli traccia una evoluzione stadiale. A ogni fascia di età corrisponde un determinato stadio nello sviluppo della psiche e, parimenti, la predilezione per una determinata zona erogena del corpo.
Gli stadi, definiti anche psicosessuali, sono:
- Stadio orale (dalla nascita ai 12/18 mesi): il piacere si concentra nella zona della bocca; il bambino è governato dall’Es, l’Io non si forma prima dei sei mesi circa.
- Stadio anale (dai 12/18 mesi ai 3 anni): la zona erogena è rappresentata dall’area dell’ano. L’Io si delinea ulteriormente.
- Stadio uretrale (stadio intermedio e sovrapponibile a quello anale): il piacere si concentra nell’area dell’uretra.
- Stadio fallico (dai 3 ai 5/6 anni): l’area del pene nei bambini e del clitoride nelle bambine è il luogo dove è convogliata la libido. Emerge il complesso di Edipo e comincia a svilupparsi il Super Io.
- Stadio di latenza (dai 5/6 agli 11/12 anni): non prevale alcuna zona erogena. La personalità si definisce maggiormente e tale condizione consente di governare le pulsioni sessuali.
- Stadio genitale (tra gli 11/12 anni e i 18 anni): la libido è concentrata nell’area dei genitali; le pulsioni sono controllate e indirizzate verso un altro individuo con il quale instaurare una relazione. È l’Io a controllare la psiche.