Il Comportamento

Il comportamento e la motivazione. Quanti tipi di comportamento esistono? Di seguito c'è la spiegazione su questo argomento psicologico

Il Comportamento

LE MOTIVAZIONI E IL COMPORTAMENTO


Definizione del termine e coordinate concettuali - I livelli di analisi del comportamento - Il comportamento e l'approccio biologico: il "modello omeostatico" - Il comportamento e le motivazioni sociali primarie

Definizione del termine e coordinate concettuali

Il comportamento stesso è un fenomeno rigorosamente non scindibile nella componente cromosomico-genetica ed in quella esperenziale-ambientale, poiché non è mai "puro" in un senso o nell'altro.
Tuttora, il comportamento risulta (anche negli animali inferiori) indubbiamente dominato e regolato dal fine da raggiungere: tale fine, anche quando ignorato dall'autore del comportamento, esercita ugualmente un'influenza direttrice e coordinatrice che lo rende unitariamente organizzato.
Il concetto di "motivazione", e il suo utilizzo, ha trovato differenti espressioni nella storia del pensiero filosofico e psicologico. Ad es.: la "filosofia razionalista" non ha valorizzato i fattori motivazionali del comportamento, dato che per essa l'elemento principale dell'agire umano è costituito appunto dalla ragione; in direzione decisamente opposta, invece, le posizioni "edonistiche" (ad es., Hobbes).
Brucke fu tra i primi ad individuare una matrice fisico-chimica del comportamento; l'evoluzionismo (e in genere, l'etologia) interpreta il concetto di motivazione come parte essenziale del processo di adattamento; la psicologia associazionista non prende in considerazione i fattori motivazionali, essendo suo proposito determinare la consapevolezza attraverso il metodo introspettivo; al contrario, per i "funzionalisti" le motivazioni (o, meglio, gli istinti) sono alla base del comportamento; la psicoanalisi, da parte sua, come sappiamo, vede negli istinti (o, meglio, "pulsioni") i responsabili principali del comportamento e del pensiero.
Come si vede, si tende a confondere, come generici sinonimi, "motivazioni", "istinti", "pulsioni".
Una loro opportuna differenziazione non è solo frutto di un capriccio filologico.
Distinguiamo, così, in modo specifico:
- motivazione: come detto, fattore dinamico del comportamento che attiva e dirige un organismo verso una meta;
- istinto: risposta (innata) organizzata, tipica di una data specie, filogeneticamente adattata ad una determinata situazione ambientale;
- riflesso: risposta automatica ed involontaria agli stimoli che agiscono sull'organismo;
- pulsione: costituente psichica che produce uno stato di eccitazione che spinge l'organismo all' attività, anch'essa geneticamente determinata ma suscettibile di modificazione (per effetto, ad es., dell'esperienza individuale).

I livelli di analisi del comportamento

Una chiarificazione ci può venire dalla strutturazione, proposta da Teitelbaum (1967), di 3 livelli riconoscibili per difficoltà d'integrazione nell'analisi del comportamento:
A il comportamento riflesso: sono sequenze di "riflessi" mediati dal midollo spinale e suscitati dalla stimolazione di recettori specifici, indipendentemente dalle condizioni interne dell'organismo e dalle condizioni ambientali esterne; [è da notare che proprio in questo campo ha avuto origine la psicologia "sperimentale", con l'indirizzo comportamentistico di Watson e la riflessologia di Pavlov: essi, difatti, definivano il comportamento macroscopicamente inteso (il comportamento molare) come un fenomeno secondario riducibile da una serie di riflessi (o comportamenti molecolari) da individuare coi metodi della fisiologia];
B il comportamento istintivo (o "specie-specifico"): si tratta delle medesime sequenze di riflessi, ma assoggettate al controllo ormonico attraverso l'azione integrativa degli specifici centri ipotalamici. L'ipotalamo aggiunge al comportamento una componente affettiva (piacere, collera…). I comportamenti specie-specifici hanno delle caratteristiche tipiche che sono, approssimativamente:
- preformazione: significa che un comportamento, per essere così com'è, non deve essere appreso per esperienza o imitazione, e che viene eseguito perfettamente fin dalla prima volta;
- specificità: significa che ogni specie ha un suo proprio comportamento preformato;
- uniformità: indica l'unicità comportamentale specie-specifica negl'individui della stessa specie;
- costanza: indica la permanenza del comportamento specie-specifico come identico a sé stesso lungo l'arco di vita dell'individuo;
- stabilità: indica che il comportamento preformato non muta attraverso le generazioni;
- ignoranza dello scopo: il comportamento specie-specifico in quanto tale non abbisogna, per essere perfettamente eseguito, della presenza conscia dell'individuo riguardo alle sue cause, al modo di esecuzione o al suo fine. A sua volta, l' "atto consumatorio" del comportamento specie-specifico possiede 3 caratteristiche, inerenti alla sua definizione:
-modificabilità limitata;
-indipendenza dall'apprendimento;
-spontaneità: il comportamento specie-specifico si manifesta come non dipendente dall'esperienza e quasi sempre secondo un andamento ciclico; gli apporti dell'esperienza, intelligenza e memoria vi concorrono esclusivamente come elementi aggiunti, affiancati, non necessari dell'atto consumatorio; in particolare, l'intelligenza non è necessaria al comportamento istintivo come tale, ma negli animali superiori quasi sempre vi si affianca come elemento coadiutore, soprattutto in situazioni "difficili".
C il comportamento motivato (o "intenzionale"): sono azioni che l'animale inizia autonomamente per raggiungere determinati scopi.
Possiamo, per quanto detto, immaginare il comportamento degli animali superiori, ove esistono tutti i livelli d'integrazione prodotti dall'evoluzione, come l'effetto di questi 3 piani di strutture sovrapposte.

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