Compagnie di ventura: storia, caratteristiche e significato

Storia degli eserciti di mercenari che nel Medioevo venivano impiegati da Re e Imperatori nelle loro guerre. Caratteristiche e significato delle compagnie di ventura
Compagnie di ventura: storia, caratteristiche e significato
ansa

1Come nascono gli eserciti mercenari

Lodovico de Medici, noto come Giovanni dalle Bande Nere (1498-1526)
Fonte: ansa

Tra il XIII ed il XV secolo, in un’Italia funestata da frequenti guerre tra Stati, le compagnie di ventura giocarono un ruolo di primaria importanza. Queste bande di mercenari sotto contratto, solitamente capitanate e gestite da condottieri, furono secondo alcuni (a cominciare da Machiavelli) una vera e propria piaga. D’altro canto i condottieri, veri e propri signori della guerra, conquistarono Stati ed investirono i propri guadagni finanziando gli artisti e gli umanisti del Rinascimento.   

In realtà, trattandosi di un fenomeno complesso, duraturo e molto diffuso, le motivazioni e le vicende delle centinaia di singoli condottieri tendevano a variare. Ciò che conta per noi è come questi uomini cambiarono la storia, trasformando la guerra non soltanto in un mestiere, ma in un campo in cui investire denaro proficuamente.

2Capitani di ventura e avventurieri

Armatura di Giovanni dalle bande Nere rinvenuta nella tomba
Fonte: ansa

Le compagnie di ventura combattevano essenzialmente per denaro. Ma combattere per denaro non era affatto una novità del medioevo o del rinascimento: l’età antica offre in effetti numerosi casi in cui Stati o signori assoldarono compagnie di soldati: un buon esempio, tra i tanti, erano stati i Mamertini in sicilia tra il IV ed il III secolo a. C.    

Ma cosa significava “ventura”? La parola, che deriva dal latino, indica “le cose che verranno”, dunque la sorte ed il destino. Le compagnie di ventura erano in effetti composte da uomini che sceglievano di non affidarsi ad un mestiere stanziale, ma che partivano in cerca di “fortuna”: ciò significava certamente la gloria, ma anche e soprattutto la ricchezza.  

Ciò che rese questi mercenari un fenomeno nuovo nella storia fu il loro modo di porsi di fronte al proprio mestiere: ispirati dai racconti e dagli ideali cavallereschi del medioevo, i soldati di ventura diedero vita ad un sistema che rendeva la guerra, di fatto, un mestiere.   

3Chi erano i soldati di ventura?

Banalmente, le compagnie di ventura erano truppe di mercenari. In Italia, dove la borghesia cittadina aveva dato vita ad un sistema imprenditoriale unico al mondo, la guerra si trasformò ben presto in un fatto cronico e persistente, che durò nel tempo per secoli. 

Le prime bande armate di mercenari comparsero in Italia tra la fine del XIII secolo e l’inizio del XIV: erano composte da uomini di estrazione molto umile, e solitamente pronti a tutto. Nei primi anni si trattò in particolare di Tedeschi (nell’Italia settentrionale), arrivati all’inizio del Trecento per combattere gli Scaligeri di Verona, e Catalani (nell’Italia meridionale).  Molti Inglesi e Francesi, al termine dei momenti più critici della Guerra dei Cent’anni (1337-1453), potevano trovarsi senza lavoro e valicare le Alpi per cercare fortuna in Italia, dove non mancava mai qualche principe facoltoso o ricco comune per cui combattere.   

Francesco Sforza, duca di Milano
Fonte: ansa

Fin da subito, tuttavia, a dedicarsi al mestiere delle armi furono anche gli italiani. Le armi erano un’opportunità per una nobiltà ormai decaduta, così come un modo unico, per chi proveniva da ceti più umili, per cercare fortuna. Molto spesso, il confine tra un soldato di ventura ed un bandito era molto labile: l’unica differenza stava nel fatto che il primo aveva trovato qualcuno per cui lavorare. 

Sembra che Giacomo Attendolo, detto Muzio (1369-1424), fosse il figlio di un mugnaio, e che comunque, nel momento in cui decise di diventare un soldato di ventura, stava letteralmente zappando la terra. I suoi commilitoni lo chiameranno “Sforza” per il suo animo vigoroso, o forse semplicemente per la sua forza fisica, e suo figlio Francesco Sforza, anche lui un condottiero, diventerà duca di Milano, dando vita ad una delle più importanti casate nobiliari italiane in età rinascimentale e moderna.  

4Perché l’Italia

Secondo l’ordine in tre ceti della società medievale, messo in luce in particolare dallo storico francese Georges Duby, il ceto cavalleresco dei combattenti, una vera e propria aristocrazia chiusa, aveva il compito di proteggere gli altri due ceti (uomini di chiesa e dei lavoratori), ed in generale le comunità, fornendo la cavalleria, vero e proprio fulcro della guerra medievale. 

Con l’emergere della borghesia mercantile, la nobiltà feudale italiana di tradizione militare si ritrovò presto impoverita e spesso alienata dalle politiche comunali. Molti di costoro iniziarono per necessità a cercare fortuna come mercenari. Per un complesso sistema di cause politiche e culturali, quasi tutti i comuni, un tempo difesi da milizie cittadine, erano ormai alle prese con sanguinose guerre di fazione: piuttosto che armare contadini e cittadini, potenzialmente pericolosi per l’ordine pubblico, conveniva di fatto appaltare il servizio a militari estranei, magari stranieri, per definizione quindi neutrali rispetto alle fazioni.  

L’Italia, al contrario di ciò che accadeva al di là delle Alpi, restava un territorio politicamente frammentato: in mancanza di un potere centrale, in particolare tra il centro ed il nord, vaste bande armate autonome poterono unirsi e giocare un ruolo importante nel sistema politico degli Stati italiani.  

5Un approccio mercantile

Ciò che contraddistingue le compagnie di ventura italiane è sicuramente la loro attitudine “imprenditoriale”.  Nicolò Machiavelli  (1469-1527), tra i maggiori detrattori delle compagnie di ventura, ironizzò a più riprese sul modo in cui i condottieri, per evitare danni economici, evitavano a tutti i costi scontri eccessivamente sanguinosi. Secondo il pensatore fiorentino, ai mercenari sarebbero stati preferibili milizie ordinate, disciplinate, e composte da cittadini.   

Niccolò Machiavelli
Fonte: ansa

Di fatto però il modello professato da Machiavelli, fortemente ispirato all’antica Roma, era reso impraticabile dalla frammentazione politica dell’Italia. Prima di Machiavelli, peraltro, le armi da fuoco (che pure il pensatore fiorentino aveva sottovalutato) non avevano ancora reso del tutto obsoleta la cavalleria pesante. La cavalleria pesante era appannaggio delle compagnie di ventura: richiedeva investimenti pesanti e competenze professionali specifiche. Più in generale, i pesanti interessi economici in campo militare, ancora per qualche tempo, lasciarono campo libero ai capitani di ventura.   

Questo approccio mercantile ebbe in particolare il difetto di porre l’Italia in uno stato di guerra costante. I piccoli stati italiani non erano in grado di gestire l’elevato costo dei mercenari. In questo modo, gradualmente, poche famiglie incredibilmente facoltose riuscirono a concentrare il potere nelle proprie mani. 

6Capitani di ventura: da mercenari a signori

A partire dalla fine del XIV secolo, i primi condottieri iniziano ad approfittare della loro posizione e della loro ricchezza per conquistarsi piccoli principati e titoli nobiliari. Andrea Fortebracci, detto Braccio da Montone (1368-1424), di nobile famiglia perugina, divenne signore di Perugia nel 1416 ed arrivò ad occupare Roma. Lui ed il suo principale rivale, il succitato Muzio Attendolo detto Sforza, perfezionarono la tecnica militare puntando sulla cavalleria ed innovando la teoria militare. La padronanza del combattimento a cavallo in armatura pesante, che richiedeva un addestramento specifico e duraturo, fu in effetti uno dei motivi del prolungato successo delle compagnie di ventura

Il condottiero Braccio da Montone, signore di Perugia
Fonte: ansa

Abbiamo visto come Francesco Sforza si impadronì di Milano nel 1450, passando alla storia come uno dei condottieri più fortunati di sempre, e garantendo ai suoi discendenti un futuro nella nobiltà internazionale. Federico da Montefeltro (1422-1482) era al contempo un conte (per nascita) ed un condottiero: oltre ad incrementare i propri stati, le sue campagne militari generarono abbastanza profitti da renderlo uno dei mecenati più rilevanti del Rinascimento. Altri tuttavia non furono così fortunati: Francesco Bussone, conte di Carmagnola, si inimicò l’oligarchia veneziana per cui lavorava e, sospettato di essere in combutta con il duca di Milano, venne messo a morte presso Piazza San Marco nel 1432.      

Ma forse una delle cause più importanti della fine dello strapotere delle compagnie di ventura in Italia fu il declino della cavalleria pesante: uno degli ultimi condottieri, Ludovico di Giovanni de’ Medici, detto Giovanni dalle Bande Nere (1498-1526), fu ferito da un colpo di falconetto alla gamba combattendo contro le forze imperiali di Carlo V, e morì a Mantova dopo pochi giorni, quasi a simboleggiare come le armi da fuoco, ormai ampiamente diffuse, rendevano obsolete quelle tecniche di cavalleria pesante teorizzate e messe in pratica per due secoli dalla compagnie di ventura in Italia.  

Ma quando egli [il campione del popolo] ha disposto dei nemici stranieri con la conquista o con le trattative, e non vi è nulla da temere da loro, egli è sempre a fomentare una guerra o l’altra, in modo che la gente possa aver bisogno di un condottiero.

Platone