Esame di Avvocatura - Parere Civile - 01/12/1995

Tizio (alienante) stipula con Caio (acquirente) un preliminare di compravendita, avente ad oggetto un fondo rustico. A tale preliminare segue poi l'atto definitivo. Successivamente alla stipula del contratto definitivo, Tizio viene a conoscenza che il fondo, per effetto di diversa disciplina urbanistica, ha assunto destinazione edilizia

Esame di Avvocatura - Parere Civile - 01/12/1995
Tizio cita in giudizio Caio, sostenendo che il negozio tra loro intercorso è inficiato da errore essenziale e chiede, conseguentemente, l’annullamento del contratto.
Caio, contestando l’assunto l’assunto di Tizio, afferma che la destinazione urbanistica è mutata prima della stipula del contratto definitivo, ma dopo il contratto preliminare, per cui assume rilevanza il momento in cui è intervenuto il contratto preliminare, del quale il definitivo di compravendita è il necessario posterius.
Il candidato, premessi brevi cenni sull’annullamento del contratto, assuma le vesti di difensore di Tizio e rediga motivato parere nel quale, illustrate le problematiche sottese alla fattispecie in esame, si prospetta adeguata linea difensiva.

SVOLGIMENTO
Svolgimento: Avv. Paolo Storari, votazione: 36/50

La fattispecie sottoposta al nostro esame propone essenzialmente due ordini di problemi : il primo attiene ai rapporti tra contratto preliminare e definitivo ; il secondo riguarda invece la disciplina dei vizi del consenso e la categoria dell’annullabilità.
La normativa in tema di annullabilità del contratto è prevista dal capo XII, titolo II, libro IV c.c.

In dottrina è costante l’affermazione secondo cui l’annullabilità, che costituisce un’ipotesi di invalidità del contratto, presenta una serie di caratteristiche idonee a distinguerla dalla nullità.
Mentre la nullità è una categoria normativa “aperta”, l’annullabilità è costituita da una serie di fattispecie tipiche, che non si esauriscono nell’incapacità, naturale e legale, e nei vizi del consenso (artt. 1425, 1427 e ss., 1394, 1395, 184, 1471 nn. 3 e 4 c.c. etc. Galgano).
Il contratto nullo non produce alcun effetto, quello annullabile invece produce effetti provvisori, interinali.
La sentenza che dichiara la nullità è di accertamento, quella che commina l’annullabilità è costitutiva.

L’annullamento del negozio può essere domandato solo dalla parte nel cui interesse è stabilita dalla legge, mentre la nullità può essere fatta valere da chiunque vi ha interesse (artt. 1441 e 1421 c.c.).
Solo la nullità può essere rilevata d’ufficio dal giudice (art. 1421 c.c.).
L’azione diretta a far dichiarare la nullità è imprescrittibile, mentre l’azione di annullamento si prescrive in cinque anni (artt. 1421 e 1442 c.c.).
In contratto nullo, a differenza del negozio annullabile, non è convalidabile, ma può solo essere convertito 8artt. 144, 1423, 1424 c.c.).
I contorni netti e precisi di tale quadro concettuale sono stati però, anche recentemente, posti in dubbio da autorevole dottrina (Sacco, in sacco - De Nova, Torino, 1993), la quale ha considerato i seguenti fattori : nel nostro ordinamento sono presenti ipotesi di nullità relativa e di annullabilità assoluta (art. 1441, secondo comma c.c.) ; il contratto nullo in alcuni casi produce effetti (artt. 2126 e 2652 n. 6 c.c.), gli artt. 590 e 799 c.c. prevedono la conferma di donazioni e deposizioni testimoniali nulle.

Queste osservazioni hanno condotto ad affermare che la nullità e l’annullabilità sono categorie normative non aventi sempre disciplina omogenea e che perciò è più corretta un’analisi delle singole fattispecie patologiche alla luce del diritto positivo.
Ritornando alla vicenda normativa sottoposta al nostro esame, il primo problema che si prospetta al legale è quello del rapporto esistente tra contratto preliminare e definitivo.
Secondo una parte della dottrina (Chianale , L’obbligazione di dare, Milano, 1990) il contratto definitivo, soprattutto quando ha per presupposto un preliminare ad effetti anticipati, può essere configurato come atto traslativo solvendi causa e, sotto tale aspetto, equiparato ad adempimento con conseguente irrilevanza dei vizi del consenso di chi ha effettuato l’attribuzione patrimoniale.
A tale soluzione sembra aderire l’acquirente Caio quando afferma che i definitivo è “il necessario posterius del preliminare”.
Secondo la giurisprudenza ed altra parte della dottrina invece il contratto definitivo non avrebbe semplicemente funzione solutoria, ma sarebbe invece dotato di una causa propria e ad esso dovrebbe attribuirsi natura negoziale con conseguente operatività della disciplina dell’errore.

Aderendo a tale ultima e prevalente impostazione si tratta di verificare se nella fattispecie sottoposta al nostro esame siano presenti i requisiti dell’essenzialità e riconoscibilità che, a norma dell’art. 1421 c.c., costituiscono i presupposti per ottenere l’annullamento del contratto.
Con riguardo all’essenzialità, l’attenzione dl legale deve concentrarsi sull’art. 1429 n°. 4 c.c. il quale prevede che l’errore è essenziale quando, “trattandosi di errore di diritto, è stata la ragione unica o principale del contratto”.
Tale norma è stata oggetto di un acceso dibattito dottrinale, all’interno del quale si sono affermate tre posizioni.
Secondo l’affermazione tradizionale l’art. 1429 n. 4 avrebbe la funzione di estendere la rilevanza dell’errore di fatto sulle circostanze indicate ai nn. 1, 2, 3 dell’ art. 1429 anche all’errore di diritto (Pescara, in Riv. Dir. Civ., 1982).

Altra parte della dottrina (Santoro Passarelli) afferma invece che l’ambito di operatività dell’art. 1429 n°. 4 non può essere limitata alle circostanze di cui ai nn. 1, 2, 3 dell’art. 1429 e che perciò l’errore di diritto rileva anche se cade sui motivi.
Recentemente si è sostenuto (Sacco, Pietrobon) che la norma in esame attribuisce rilevanza all’errore sul profilo causale nei cosiddetti contratti con doppia causa, consentendo perciò l’annullamento del definitivo quando il soggetto riteneva erroneamente di essere obbligato alla stipulazione.
Per quanto concerne la giurisprudenza, proprio con riguardo a fattispecie in cui, nelle more della stipulazione del definitivo, vi è stata una modifica della disciplina urbanistica del fondo compravenduto, alcune volte si è sostenuto che tale errore rileva sub specie di errore sulla qualità dell’oggetto del contratto ex art. 1429 n°. 2 c.c. (Cass. 1378/1991 ; Cass . 4984/1991) mentre in altri casi si è fatto riferimento all’errore di diritto (Cass. 3734/1985).

E’ importante però sottolineare che, a prescindere dal problema attinente all’alternativa tra l’art. 1429 n°. 2 e n°. 4, la giurisprudenza è costante nell’affermare che l’errore deve esistere al momento della prestazione del consenso e che l’annullamento presuppone l’esistenza di elementi obiettivi atti a dimostrare l’edificabilità attuale e concreta del suolo.
Dimostrata allora l’essenzialità dell’errore nella fattispecie in esame, il problema verte sulla sua riconoscibilità, i cui parametri sono fissati dall’ art. 1421 c.c.

Nella narrativa non è precisato se Caio, al momento della stipulazione del definitivo, fosse o meno a conoscenza del fatto che il fondo avesse mutato la destinazione urbanistica.
Nel caso in cui Caio fosse stato a conoscenza di tale mutamento, l’errore di Tizio deve ritenersi riconoscibile da Caio e ciò in quanto una persona di normale diligenza avrebbe potuto rilevare che Tizio, se avesse saputo che il suolo di sua proprietà era divenuto edificabile, non sarebbe addivenuto alla stipula del definitivo senza un congruo aumento del corrispettivo originariamente pattuito.
Qualora invece si ipotizzi che anche Caio versasse in una situazione di errore, è configurabile la fattispecie dell’errore bilaterale, con conseguente irrilevanza del requisito della riconoscibilità (Cass. 3829/1973).

In conclusione, possiamo ritenere giuridicamente fondata l’azione di Caio e ciò in quanto, configurato il definitivo come autonomo negozio giuridico, adesso sarà applicabile la disciplina dell’errore che nella fattispecie è essenziale e riconoscibile e ciò in quanto Tizio, se avesse conosciuto la reale situazione di fatto, certamente non avrebbe prestato il consenso al definitivo o lo avrebbe prestato a condizioni più onerose.

Un consiglio in più