Cigola la carrucola del pozzo: testo e commento alla poesia di Montale
Testo e commento al componimento "Cigola la carrucola del pozzo" di Eugenio Montale, dalla raccolta Ossi di seppia. A cura di Marco Nicastro
Cigola la carrucola del pozzo: testo
Testo del componimento Cigola la carrucola del pozzo appartenente alla raccolta Ossi di seppia del 1925.
Cigola la carrucola del pozzo,
l’acqua sale alla luce e vi si fonde.
Trema un ricordo nel ricolmo secchio,
nel puro cerchio un’immagine ride.
Accosto il volto ad evanescenti labbri:
si deforma il passato, si fa vecchio,
appartiene ad un altro…
Ah che già stride
la ruota, ti ridona all’atro fondo,
visione, una distanza ci divide.
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Cigola la carrucola del pozzo: commento
Immaginate una carrucola arrugginita che gira e stride mentre fa emergere un secchio d’acqua dal fondo di un pozzo in una giornata di sole, abbagliandovi con un momentaneo riflesso di luce. Poi immaginate di rivedere per un attimo sulla superficie dell’acqua un vostro ricordo felice divenuto figura («un’immagine ride», dice Montale accostando le labbra al volto che gli appare: forse una donna?) e che, avvicinando il viso e toccando appena la superficie dell’acqua, esso muti e divenga qualcosa di così diverso che quasi non vi appartiene più. Ma volendo potete immaginare anche un’altra scena, leggermente diversa da quella appena descritta. Immaginate di specchiarvi voi nell’acqua del secchio appena l’avete vicino al viso, sorridendo al comparire della vostra immagine nel riflesso dell’acqua. Ciò che vedreste non è un ricordo quindi ma il vostro viso, magari un po’ idealizzato e ringiovanito. Provate a baciarvi nell’immagine che vi rimanda la superficie dell’acqua, sorridendo quasi come in un gioco da bambini. L’acqua sfiorata dalle labbra si increspa, forse per un tocco involontario; l’incantesimo svanisce e l’immagine si deforma, il volto si corruga, sembra quello di un vecchio in cui non vi riconoscete più («appartiene ad un altro»). Tutto comunque dura pochi secondi, d’improvviso la ruota cigola di nuovo, il secchio ridiscende nel pozzo e vi sembra così solo d’aver sognato.
La metrica
È una descrizione di pochi versi, tutti endecasillabi incluso il v. 7, che è solo spezzato in due; presentano rime irregolari e con richiami semantici oltre che sonori. Basti pensare alla rima ridestride - divide, che può indurre a pensare che il sorriso di chi guarda nel secchio è un sorriso amaro, che fa un suono spiacevole (stride), che ferisce il soggetto più che rasserenarlo. Chi si guarda è un
Narciso moderno, che però non riesce a vivere nemmeno l’illusione di amarsi specchiandosi, come accadeva nel mito. La realtà dello scorrere inesorabile del tempo, simboleggiata dall’acqua che si increspa, è troppo forte, non c’è il tempo per illudersi. L’illusione, durata solo un attimo, scivola lentamente verso il fondo oscuro della memoria («l’atro fondo» è un’espressione dal chiaro sapore dantesco), e il soggetto rimane deluso (de-illuso), interiormente diviso.
La poesia è la descrizione di un attimo
Tutta la poesia è la magnifica descrizione di un attimo, tra un bagliore di luce e l’increspatura forse fortuita dell’acqua.
La luce che domina la scena nella prima parte viene in seguito sostituita bruscamente dall'oscurità del pozzo che inghiotte ogni cosa. La mente, sembra dire Montale, tende a dimenticare, non trattiene che per poco i ricordi più belli, e questi, quando riemergono, sono fugaci e inconsistenti. L’uomo vive diviso perché sente di non possedere veramente il suo passato, chiedendosi se tutto quello che ricorda sia mai veramente accaduto. Un esempio potente, questo componimento, di come la poesia possa in poche righe, attraverso il susseguirsi di artifici fonici e di immagini, condensare molteplici significati che risuonano potentemente nell'animo del lettore lasciandogli, grazie al loro carattere insaturo, la possibilità di ampliarli e approfondirli sulle ali della propria fantasia accesa da quei suoni e da quelle immagini.
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