Le Canzoni di Leopardi | Video
Le Canzoni di Giacomo Leopardi: guarda il video sulle liriche civili e patriottiche con cui si aprono i Canti. A cura di Emanuele Bosi
LE CANZONI DI LEOPARDI
Le Canzoni di Giacomo Leopardi non sono altro che la prima sezione dei Canti, di cui abbiamo già parlato qui. Sono in totale 9, e la loro composizione va dall’autunno del 1818 a quello del 1823.
Hanno tre caratteristiche che le rendono coerenti fra loro:
- Il modello classico della canzone, dal punto di vista metrico
- Un tono elevato e una lingua dotta
- Tematiche e ideologie simili e condivise
Le canzoni ripercorrono la riflessione sull’uomo e sulla storia che Leopardi compie nel corso del tempo, fino al silenzio poetico degli anni che vanno dal 1824 al 1828. Dentro, quindi, ci troviamo di tutto: la caduta dei miti infantili, una visione disincantata dell’esistenza, e ovviamente il tema dell’infelicità, sia personale che universale.
Cos’è tradizionalmente la Canzone? Beh, ai tempi di Dante e Petrarca è il metro più elevato della poesia italiana dal punto di vista retorico. Ma Leopardi ci mette, ovviamente, del suo: la rinnova, complicandone la metrica, forzando le regole, utilizzando termini spesso desueti.
La sua è una scelta classicista, anche se in nessun poeta classicista troviamo qualcosa di paragonabile, né dal punto di vista metrico, né sintattico, né retorico… e nemmeno nella densità delle immagini che il nostro poeta di Recanati invece utilizza costantemente.
Veniamo ora alle Canzoni. Possiamo già dire che il tema dell’infelicità umana sia un po’ il fil rouge della narrazione.
- Le prime due, All’Italia e Sopra il monumento di Dante, sono due canzoni patriottiche. Leopardi medita sulla decadenza civile, politica e culturale dell’Italia nell’età della Restaurazione. La descrive come serva, rassegnata, incapace di essere all’altezza del suo grande passato. Cita i grandi eroi greci come esempio per i giovani. Se vuoi approfondire, ti invitiamo a vedere il video su All’Italia che trovi in questo stesso canale.
- Ad Angelo Mai mette in scena grandi figure del passato: da Dante a Petrarca, da Cristoforo Colombo a Ludovico Ariosto, da Torquato Tasso a Vittorio Alfieri. Eppure, conclude Leopardi, proprio quelle figure così cariche di virtù, sono state anche responsabili di tanta infelicità. Colombo, ad esempio, scoprendo l’America, è come se avesse “rimpicciolito” il mondo, togliendo agli uomini quella parte di fantasia che si nutre dell’ignoto.
- Le due canzoni successive, Nelle nozze della sorella Paolina e A un vincitore nel pallone, sono dette anche ‘civili’, e si concentrano sull’educazione alla virtù individuale, abbandonando la prospettiva nazionale.
- Bruto Minore mette in scena Marco Giunio Bruto, l’uccisore di Cesare. Prima di uccidersi, sconfitto da Antonio e Ottaviano, Bruto maledice gli dèi e proclama la vanità della virtù. Leopardi qui, tra le righe, sta denunciando la fine della civiltà antica.
- Alla primavera o delle favole antiche parla di mitologia greca. Nell’età cui si riferisce Leopardi l’uomo viveva in sintonia con la natura: ma tutto questo si colloca in un tempo e in un luogo del tutto indefiniti.
- Inno ai patriarchi sancisce una volta per tutte che l’infelicità è nata insieme alla società e quindi la felicità non è mai esistita nella storia dell’uomo. È esistita solo nelle aggregazioni preistoriche che vivevano in simbiosi con l’ambiente naturale.
- Ed eccoci all’ultima canzone. Fino al 1823 il pessimismo leopardiano scaturisce da una visione sconsolata della storia, e la natura è ancora saggia e vitale. Ma con l’Ultimo canto di Saffo, con cui chiudiamo questo video, la natura diventa causa dell’infelicità dell’uomo, che forse non è più colpevole delle sue sofferenze.