Canto 34 Inferno: spiegazione e analisi | Video
Canto 34 Inferno, Divina Commedia: guarda la video lezione sull'ultimo canto dell'Inferno di Dante Alighieri. A cura di Chiara Famooss
CANTO 34 INFERNO
Nel canto 33 dell’Inferno abbiamo lasciato Dante e Virgilio in due zone del nono cerchio, dove vengono puniti i traditori della patria e degli amici. Nel canto 34 siamo ormai alla fine della prima cantica e Dante sta per vedere Lucifero. Sono le 7 del pomeriggio di sabato 9 aprile, ci troviamo nella Giudecca. A essere puniti qui sono i traditori dei benefattori, della chiesa e dello Stato. La pena? I traditori vengono conficcati nel ghiaccio, immobilizzati in posizioni diverse.
Entrati nell’ultima zona del cocito, Virgilio avvisa Dante che stanno per incontrare Lucifero, una creature alta come un odierno grattacielo, impressionante e terrificante. Lucifero emerge dal ghiaccio, lo stesso con il quale intrappola e trafigge i traditori. Si presenta come un essere mostruoso: ha sei occhi, sei ali di pipistrello e tre enormi bocche con cui maciulla Giuda, Bruto e Cassio.
Virgilio e Dante devono risalire il corpo di Lucifero, quasi come se stessero scalando una montagna. All’altezza dell’anca si rovescia e comincia a salire fino a quando non riesce a posare Dante, che aveva preso in braccio, sull’orlo di una grotta.
Virglio spiega al nostro poeta che hanno superato il centro della terra e gli spiega anche che Lucifero sta in quella posizione da quando, precipitato giù dal cielo, con la sua caduta ha scavato la terra, formando dalla parte opposta la montagna dell’Eden. Attraverso un piccolo sentiero, Dante e Virgilio escono all'aperto, sotto il cielo stellato.
Il canto è diviso nettamente in due parti:
- l’arrivo nel punto più basso dell’Inferno dove si trova Lucifero
- il faticoso viaggio per uscire dall’Inferno attraverso il passaggio nel centro della Terra.
I peccatori di questa zona sono, dicevamo, i traditori dei benefattori e, in particolare, Giuda, traditore di Cristo e quindi della Chiesa, Bruto e Cassio, traditori di Cesare e quindi dell’Impero. In pratica, per Dante, Chiesa e Impero sono le uniche due espressioni di Dio nella terra.
Giuda era il discepolo di Gesù, uno dei suoi più cari apostoli. Per Dante è il traditore per eccellenza, tanto è vero che il nome della zona prende il nome da lui «Giudecca».
Bruto era a capo della congiura che alle idi di marzo del 44 a.C. uccise Cesare. Celebre è la frase che Cesare pare abbia pronunciato (ma naturalmente non esiste modo di provarlo) scorgendolo tra i suoi assalitori: Tu quoque, Brute, fili mi, «Anche tu, o Bruto, figlio mio». Anche Cassio partecipò alla congiura contro Cesare.
Veniamo all’atmosfera generale.
Lucifero è descritto, come dicevamo, come un essere mostruoso di oltre mille metri e viene rappresentato come una parodia della Trinità: tre facce, tre induzioni verso il male, che saranno allora impotenza, ignoranza, malvagità.
Lo scenario circostante sembra quello di un campo da battaglia, dove le vittime giacciono morte. Il cocìto è ghiacciato, esattamente come i cuori dei dannati che lì sono immobili.
Solo la scalata del corpo di Lucifero assicura a Dante e Virgilio la visione della luce del sole “Il maestro ed io entrammo in quel cammino nascosto per tornare alla luce del sole; e senza sosta salimmo in alto, lui per primo e io secondo, fino a quando vidi gli astri del cielo attraverso un'apertura circolare. E di lì uscimmo per rivedere le stelle.