Canti XVI, XVII e XVIII del Purgatorio di Dante | Video
Canti XVI, XVII e XVIII del Purgatorio di Dante: Chiara Famooss ci spiega la parte centrale di tutta la Divina Commedia
CANTI XVI, XVII E XVIII PURGATORIO
Quello dei canti XVI, XVII e XVIII del Purgatorio è un lungo discorso sul libero arbitrio che si divide in tre parti. Ricordate, vero, che per Dante il 3 è un numero caro? Questi canti rappresentano un lungo discorso sul libero arbitrio. Nel primo dei canti presi in esame ci troviamo davanti a un personaggio piuttosto misterioso, Marco Lombardo. Nel XVII Virgilio parla a Dante della teoria dell’amore e del sistema morale del Purgatorio. Infine nel XVIII Virgilio riprende e completa il discorso sulla natura dell’amore e ci troviamo nella cornice degli accidiosi, coloro che furono poco solleciti a scegliere il bene rispetto al male. Proprio questa dualità tra bene e male, questa scelta che caratterizza le nostre vite è il nocciolo del discorso.
CANTO XVI PURGATORIO
Nel sedicesimo canto del Purgatorio Dante non riesce a vedere a causa della densa caligine e chiude gli occhi per lasciarsi condurre da Virgilio. Durante il loro passaggio viene riconosciuto come un essere vivo dall’anima di Marco Lombardo, a cui Dante rivolge una domanda: chi o cosa è responsabile del male del mondo? Marco Lombardo sospira e spiega al poeta che Se c’è il male nel mondo, non è perché la natura ha voluto gli uomini malvagi ma perché essi hanno scelto il male e sono privi di guida spirituale e civile che ne corregga le intenzioni.
CANTO XVII PURGATORIO
Il canto XVII è la parte centrale dell’intera opera. Qui la nebbia si dirada, Dante è stanco e confuso, ma si ridesta quando l’angelo guardiano lo invita a salire oltre. Virgilio lo invita a non essere pigro. Anche perché sono proprio nella cornice degli accidiosi. A sera, i due pellegrini si fermano per riposarsi e Virgilio spiega a Dante la teoria dell’amore e il sistema morale di tutto il Purgatorio: siamo nel centro della cantica e di tutta l’opera.
Virgilio spiega che l'amore naturale non può mai essere errato; quello che si sceglie può errare o perché si rivolge al male, o perché è insufficiente, o perché è eccessivo. Fino a che l’amore è rivolto verso Dio e, con giusta misura, verso i beni terreni, ciò che ne deriva è giusto. Se l’amore è rivolto al male o eccessivamente vero i beni terreni, l’uomo commette un peccato verso Dio.
Se si scegli di amare il male, ci sono tre modi di farlo: c’è chi vuole avere fama opprimendo il prossimo (i superbi); c’è chi teme di perdere potere, grazia, onore e fama per l'innalzarsi degli altri, e perciò si rattrista del bene altrui e si rallegra del male (gli invidiosi); c'è infine chi si sdegna del male ricevuto ed è bramoso di vendicarsi (gli iracondi). Tutti, poi, tendono almeno confusamente al sommo bene; ma se ci si rivolge con pigrizia a vederlo o a raggiungerlo, si cade nel peccato di accidia.
CANTO XVIII PURGATORIO
Nel Canto XVIII Virgilio fissa Dante, per capire che effetto gli ha fatto il suo discorso. Dante chiede alla sua guida che cosa sia allora l’amore. Ricordiamoci che l’amore, infatti, muove tutto. Virgilio spiega che la disposizione ad amare è sempre buona, ma non è detto che lo sia l’attuazione. Ma Dante non è ancora convinto e chiede: se l’amore proviene dall’esterno e l’anima deve amare per natura, allora non può essere responsabile del bene o del male che compie. Qui Virgilio ammette che la ragione è limitata: l’uomo ignora da dove provenga l’inclinazione a desiderare.
Ma Virgilio sottolinea bene un punto: nell’uomo la ragione che deve governare la volontà è innata e da questa deriva la responsabilità di scegliere l’amore per il bene o per il male. I filosofi si accorsero di questa libertà innata della ragione e perciò dettero al mondo le leggi morali. L’uomo è allora libero di accettare o rifiutare (o temperare) qualunque amore.