Calandrino e l'elitropia: trama, personaggi e morale della novella del Decameron di Boccaccio

Trama e analisi di Calandrino e l'elitropia, la novella del Decameron di Boccaccio narrata da Elissa nell'ottava giornata. Tema centrale sono i racconti di scherzi tra uomini e donne.
Calandrino e l'elitropia: trama, personaggi e morale della novella del Decameron di Boccaccio
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1Calandrino e l’elitropia (Dec. VIII, 3)

Calandrino, Bruno e Buffalmacco giù per lo Mugnone vanno cercando di trovar l'elitropia, e Calandrino se la crede aver trovata; tornasi a casa carico di pietre; la moglie il proverbia e egli turbato la batte, e a' suoi compagni racconta ciò che essi sanno meglio di lui. 

2Calandrino: introduzione

Stampa xilografica della città medievale di Pisa
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Dell'ottava giornata è regina Lauretta, la quale propone come tema le beffe fatte o da una donna a un uomo o da un uomo a un Ana donna o da un uomo ad un altro uomo.

L’ambientazione della giornata è quasi sempre toscana. Adesso andiamo a vedere la terza novella della giornata, che ha per protagonista Calandrino e un misteriosa pietra magica chiamata elitropia.

Calandrino è un pittore noto per la sua goffaggine, personaggio assai caro a Boccaccio e compare quattro volte nelle sue novelle: è lo stupido delle barzellette, per intenderci, un povero diavolo che subisce gli scherzi e le angherie di tutti. Per poi sfogarsi sulla moglie.

3Trama di Calandrino e l’elitropia

Questa novella parla di tre imbroglioni che torturano il povero Calandrino, noto per la sua stupidità. Il primo è Maso del Saggio che saputa la grossezza (stupidità di Calandrino) lo tenta parlando di pietre miracolose, che si trovano «in Berlinzone, terra de' baschi, in una contrada che si chiamava Bengodi, nella quale si legano le vigne con le salsicce e avevavisi un'oca a denaio e un papero giunta; e eravi una montagna tutta di formaggio parmigiano grattugiato, sopra la quale stavan genti che niuna altra cosa facevano che far maccheroni e raviuoli e cuocergli in brodo di capponi, e poi gli gittavan quindi giù, e chi più ne pigliava più se n'aveva; e ivi presso correva un fiumicel di vernaccia, della migliore che mai si bevve, senza avervi entro gocciola d’acqua». Al solo leggere questa descrizione mi è venuta fame, tra l’altro.

Poi, tenendolo appena sulle spine, gli rivela che la pietra più importante e preziosa di tutte è l’elitropia e si trova nel Mugnone: la sua proprietà è rendere invisibili come il mantello fatato di Harry Potter o l’anello di Frodo Baggins o quello di Angelica nell’Orlando furioso.

Calandrino, sciocco, cade nel tranello e si mette alla ricerca della famosa pietra elitropia, ma decide di andarci insieme a Bruno e Buffalmacco, due amici che però, adattando i termini di oggi, lo bullizzano di continuo. I due amici ascoltano il racconto favoloso di Calandrino e capiscono che Maso del Saggio lo ha menato per il naso. Ma stanno al gioco perché ci sarà da divertirsi.

Xilografia del Fiume Mugnone, Toscana.
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Una volta sul posto Calandrino spiega ai due come riconoscere l’elitropia, spiegando che la pietra era di colore nero. Purtroppo quasi tutte le pietre del Mugnone erano nere e a Calandrino venne un’idea: raccoglierle tutte finché non fosse incappato in quella giusta. A un cenno convenuto, vistolo impacciato, Bruno e Buffalmacco finsero di non vedere più Calandrino, dandogli così a intendere che quel mascalzone aveva trovato la pietra e voleva tenersela solo per sé.

Calandrino quindi portando questo immane peso, senza sapere quale delle tante fosse la pietra giusta, comincia a fare la via di casa insieme a loro; ma… questi facendo finta di tirare pietre al vento, lo prendono di mira e cominciano a bersagliarlo. Calandrino naturalmente non può lamentarsi perché crede di essere invisibile. Per una assurda coincidenza quel giorno nessuno sulla via del ritorno nota Calandrino e quindi l’illusione dell’invisibilità continua.

Storyteller del Decameron
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Ma arrivato a casa Monna Tessa, la moglie, lo rimprovera perché aveva fatto tardi per il pranzo. Calandrino è incredulo: come mai la moglie riusciva a vederlo? Era stata colpa sua, di certo, se aveva perso l’elitropia e spiegò ai sopraggiunti Bruno e Buffalmacco (attirati dalla lite) di essere molto sfortunato: aveva trovato l’elitropia ma sua moglie ne aveva annullato la virtù perché le donne fanno perdere le virtù a tutte le cose.

Sul punto di riprendere la lite Bruno e Buffalmacco lo trattengono perché se sapeva che le donne fanno perdere la virtù a tutte le cose, si doveva ricordare di dire alla moglie di non comparire a lui per tutto il giorno. Se n’era scordato perché Dio aveva fatto in modo che Calandrino perdesse la sua fortuna. Quindi è colpa sua.

4Temi di Calandrino, la novella dell’ottava giornata

Nell’ottava giornata si compiono beffe: in sei novelle su dieci sono a sfondo erotico (ossia la 1, 2, 4, 7, 8, 10) in cui tuttavia tende a sovrapporsi anche il discorso economico che in Boccaccio quasi sempre leggibile tra le righe delle novelle (pensa a Lisabetta da Messina, a Federigo degli Alberighi, Nastagio degli Onesti, etc.).  

La novella di Calandrino e l’Elitropia è tra le quattro novelle di ambientazione toscana non erotiche.  

Calandrino rappresenta l’avidità stupida, l’incapacità di capire le trame che gli altri tessono intorno solo allo scopo di deridere. Il gusto dello scherzo è fine a se stesso, è solo per prendersi gioco: Bruno e Buffalmacco, ma anche Maso del Saggio sono mossi dal narcisismo dell’intelligenza cosicché dimostrino quanto siano in gamba rispetto allo sventurato pittore.

Questi valori hanno un traslato mercantile, se così si può dire: infatti saper fare affari implica una buona dose di furbizia e di esperienza, richiede intelligenza e prontezza d’animo; tutte doti che mancano a Calandrino che appare invece legato a un mondo di favole dove tutto è possibile (persino che ci sia un paese con le vigne legate con le salsicce).

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5Personaggi di Calandrino e l’elitropia

Soffermiamoci sul personaggio di Calandrino, la figura comica più famosa del Decameron. Questi è un villano spostato in città, un contadino inurbato non ancora avvezzo al mondo mercantile della città, snobbato per la sua bassa condizione a cui si lega inevitabilmente uno sprezzo intellettuale. Anche nelle facezie odierne troviamo due o più gruppi sociali che si contendono il primato dell’intelligenza e così accadeva allora. Boccaccio ce lo descrive però anche con simpatia, perché Calandrino ha una sua vitalità, una sua intraprendenza che lo portano a essere schernito ma, non sono negative in sé. È proprio l’ansia di recuperare terreno sociale rispetto agli altri, l’ansia di mettersi al pare che lo rendono più esposto di altri agli scherzi: Calandrino è l’equivalente di una matricola al liceo. 

Monna Tessa, sua moglie, già per via del suo nome (secondo alcuni linguisti, il nome Monna Tessa equivaleva a dare della prostituta) ci appare come una disgraziata che sopporta la dabbenaggine del marito e anche le botte senza motivo in questo caso; tuttavia il personaggio ha un’evoluzione nel corso delle altre novelle: se nella prima (cioè questa) è il capro espiatorio della stupidità di Calandrino, nella seconda, ella incarna l’incubo sul quale fanno leva gli amici beffatori (Calandrino ha paura di lei); nella terza dimostra saggezza ed equilibrio; nella quarta infine, dopo il fallito adulterio di Calandrino, si prende la sua piena rivincita, fisica e morale (sarà Calandrino a finire bastonato). Tessa si dimostra donna avveduta e scaltra: è l’opposto del marito, il quale la teme e a volte la perseguita stupidamente. Calandrino, tuttavia, ha bisogno di lei per riaprire gli occhi sulla realtà.  

Bruno e Buffalmacco sono due burloni, un po’ perditempo, uomini di brigata che amano la buona tavola, mangiare, ma soprattutto ridere e scherzare. Sono due borghesi che amano prendersi gioco del povero Calandrino. 

Maso del Saggio è il vero tessitore dell’inganno: è lui che mette l’esca e che si tira fuori da qualunque conseguenza, senza neanche andare a sapere come lo scherzo è effettivamente andato. Per il modo in cui ordisce la trama, emerge come sempre la superiorità verbale: emerge il mondo favoloso. 

6Calandrino e l’elitropia: analisi

Il racconto si suddivide in tre momenti principali: il primo ambientato nella chiesa di San Giovanni, dove Calandrino incontra Maso del Saggio (ambientazione interna). Il secondo invece è al torrente Mugnone, dove Calandrino è in compagnia di Bruno e Buffalmacco a cercare l’elitropia e poi sulla strada del ritorno (ambientazione esterna). Il terzo momento è di nuovo in città nella casa di Calandrino dove troviamo il personaggio di Monna Tessa (ambientazione interna).

Il primo momento è tutto incentrato sul racconto di Maso del Saggio che usa frasi allusive e anche senza senso per instillare l’avidità in Calandrino: da un punto di vista retorico, Maso non si discosta troppo dagli artifici di Frate Cipolla: ricorre ad una storia affabulatrice tanto magnifica quanto priva di senso.

Il secondo momento è quello della beffa di Bruno e Buffalmacco che fingono di non vedere più Calandrino rendendo più complesso lo scherzo di Maso.

Giovanni Boccaccio
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Il terzo momento è la presa di coscienza della verità che simbolicamente finisce con una bastonata reale alla moglie e una metaforica a Calandrino da parte degli amici. Quale può essere allora un pensiero sull’ingegno qui usato al contrario, per mettere nei guai e non per cavarsi fuori dai guai:

«Se “onestà” e “gentilezza” sono “virtù”, l’ingegno è una forza che può essere a disposizione sia della “virtù” che del suo contrario. Nella guerra di tutti contro tutti aperta dalla concorrenza economica della nascente borghesia, l’ingegno è una forza necessaria. Di per sé l’ingegno non ha una intrinseca etica: è uno strumento che può essere utilizzato in direzioni opposte (immorali o morali), ma è comunque positivo perché dà all’uomo una possibilità in più nel conflitto con la fortuna e con la natura» (Luperini-Cataldi, I, 588).

Davanti alla problematica dello scherzo ci troviamo spiazzati: scherzare è un bene o un male? Ridere di qualcuno per la sua stupidità è bene o male? Platone avrebbe risposto che è certamente un male, perché ogni derisione ha in sé un elemento di violenza. Eppure l’inganno, la furbizia sono proprie di (quasi?) ogni società e Boccaccio si sofferma sul tema per farci riflettere su una questione che diventa via via più complessa. Tutti abbiamo fatto uno scherzo alla maniera di Bruno e Buffalmacco, tutti abbiamo un Calandrino su cui esercitare la nostra forza intellettuale. Ma fino a che punto ci si può spingere? Fino a che punto conviene lasciare l’altro perso nell’inganno? L’etica del Decameron è un’etica aperta, mobile, fluida: la risposta si trova nell’esperienza e nel limite che ogni persona deve decidere per sé.

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