Breve biografia di Giacomo Leopardi
Giacomo Leopardi in breve: biografia e le principali opere del poeta italiano più importante dell’Ottocento.
GIACOMO LEOPARDI - BIOGRAFIA E OPERE
Giacomo Leopardi è uno fra i più importanti poeti del 1800. Leopardi nacque a Recanati nel 1798 e morì a Napoli nel 1837. Era figlio del conte Monaldo, un uomo colto ma fortemente conservatore nei confronti delle innovazioni del mondo, e di Adelaide Antici, una donna poco affettuosa che si occupava del riordinamento dell’economia familiare. La famiglia Leopardi era una famiglia molto numerosa; infatti, era composta dal signore e dalla signora Leopardi e dagli otto figli (fra i quali Giacomo era il primo).
Giacomo Leopardi intraprese gli studi, con i fratelli Carlo e Paolina, dapprima sotto la guida di un sacerdote e del padre, poi da solo, utilizzando la ricca biblioteca paterna e rivelando ingegno precoce. Imparò infatti in breve tempo il latino, il greco, l’ebraico ed alcune lingue moderne.
A soli 15 anni (1813) egli compose una Storia dell’astronomia; a 16 anni (1814) studiò filologia classica cioè studiò la lingua e la letteratura dei popoli deducendola da testi scritti; a 17 anni (1815) egli scrisse il Saggio sopra gli errori popolari degli antichi; a 18 anni (1816) tradusse il primo libro dell’Odissea ed il secondo dell’Eneide.
LA CRISI DI GIACOMO LEOPARDI
In seguito egli cadde in un periodo di crisi che durò sette anni. Il periodo di crisi di Giacomo Leopardi iniziò nel 1816, all’età di 18 anni, e terminò nel 1828. Sono questi i “sette anni di studio matto e disperatissimo” ai quali, in una famosa lettera al suo amico Pietro Giordani, Leopardi attribuiva l’origine dei suoi mali fisici.
Proprio in quel periodo Leopardi intraprese la stesura di un diario che chiamò Zibaldone dei pensieri (1817–1832), che raccoglieva un insieme di appunti di vario argomento, scritti senza l’intenzione di formare un’opera organica. Tali appunti sono stati preziosi per ricostruire l’antefatto intellettuale della sua poesia.
Nel marzo del 1817, Leopardi iniziò una corrispondenza con Pietro Giordani. Nelle sue lettere egli descriveva la sua vita a Recanati della quale era insoddisfatto. Si sentiva oppresso ed isolato in quella cittadina e preferiva evadere nel mondo della cultura anziché condurre quella vita che giudicava mediocre. Leopardi iniziò a covare rancore verso la sua casa natale e verso Recanati, in cui individuava la causa della propria infelicità. Così nel 1819 tentò di fuggire ma non vi riuscì.
Ascolta su Spreaker.I PRIMI IDILLI
Nel clima di abbattimento e di incomprensione che sentiva intorno a sé, compose i “Primi idilli”: L’infinito, La sera del dì di festa, Alla luna, Il sogno e La vita solitaria (1819-1821). Questi idilli rappresentano il primo nucleo dei componimenti poetici che in seguito costituirono la raccolta dei Canti (41 poesie scritte dal Leopardi dalla sua giovinezza alla sua morte).
Leopardi a Roma e a Milano - Nel 1822 egli si recò a Roma, con il permesso della famiglia, ospite dello zio materno, ma fu un’esperienza deludente ed il poeta, tornato a Recanati, si chiuse ancor più in se stesso.
Nel 1824 ebbe così inizio un silenzio poetico che durò quattro anni.
In seguito a questo periodo di silenzio poetico, Leopardi si recò a Milano (1825) con l’incarico di gestire per l’editore Stella una pubblicazione delle opere di Cicerone, che però non fu mai realizzata.
Leopardi a Bologna - Successivamente si trasferì a Bologna, ove vi rimase fino a quando andò a Firenze (1827). Proprio a Firenze, Leopardi conobbe Giovanni Battista Niccolini, Pietro Colletta, Niccolò Tommaseo e Alessandro Manzoni nel salotto Vieusseux.
Leopardi a Pisa - Alla fine dell’anno egli si trasferì a Pisa per qualche mese e lì ritrovò almeno in parte la salute e con essa la vena poetica. Nel 1828, scrisse A Silvia il primo dei cosiddetti “Grandi idilli”. Malgrado ciò, il poeta fu ben presto di nuovo sopraffatto dalle sofferenze fisiche e dalla malattia agli occhi.
Leopardi a Firenze - Nel 1828, egli si recò nuovamente a Firenze, sperando di trovare un impiego che gli desse modo di vivere senza il supporto della famiglia, ma le sue condizioni fisiche non gli permettevano di lavorare in modo continuativo e così nel dicembre dello stesso anno tornò a Recanati.
I GRANDI IDILLI
Il ritorno ai cari oggetti dell’infanzia gli ispirò i cosiddetti “grandi idilli”, giudicati fra le sue opere migliori. Fra i “grandi idilli” di Leopardi ricordiamo: Le ricordanze (1829) La quiete dopo la tempesta (1829) Il sabato del villaggio (1829) Canto notturno di un pastore errante dell’Asia (1830) ed Il passero solitario (concepito nella giovinezza ma terminato solo in quegli anni).
Di nuovo a Firenze - Nel 1830 Leopardi si allontanò definitivamente da Recanati ed andò a Firenze da Pietro Colletta, accettando una somma in prestito da anonimi, con l’impegno che l’avrebbe restituita con le entrate dei suoi primi lavori. Malgrado ciò Leopardi non riuscì a guadagnare quanto sperato con la pubblicazione dell’edizione fiorentina dei Canti e così si trovò costretto a chiedere un assegno alla famiglia, per restituire le somme accettate in prestito. Tale assegno lo mantenne fino alla morte.
A Firenze, il poeta conobbe Antonio Ranieri, un giovane napoletano bello ed estroverso, con il quale strinse una salda amicizia e convisse fino alla morte. Sempre a Firenze egli si innamorò della nobildonna Fanny Targioni Tozzetti, nella quale sperò di aver trovato l’anima gemella, ma anche questa speranza finì in un amara delusione. Intorno a questa relazione Leopardi scrisse: Il pensiero dominante (1831), Amore e morte (1832), Consalvo (1832), A se stesso (1833), e Aspasia (1834).
Leopardi a Napoli e la morte - Nel 1833 Leopardi seguì Ranieri a Napoli, dove trascorse gli ultimi quattro anni della sua vita. In quegli anni la salute del poeta non migliorò ed afflitto dalle sofferenze, egli non fece altro che invocare la morte.
Nel giugno 1837, il poeta scrisse il suo ultimo canto (Il tramonto della luna). Tale canto di smisurata tristezza sembra che fu scritto dal poeta qualche attimo prima della sua morte.
Infatti, l’ultima strofa pare sia stata dettata dal poeta in punto di morte, all’amico Ranieri.
Dopo la morte del Leopardi, nel 1845, l’amico Antonio Ranieri aggiunse (secondo la volontà del poeta) all’edizione dei Canti del 1835 curata dal Leopardi, due canti composti nel 1836. Quindi le pubblicazioni dei Canti sono state tre: la I nel 1831 curata dal Leopardi, la II nel 1835 sempre curata dal Leopardi e la III nel 1845 curata da Antonio Ranieri.